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Speciale Iraq - Sulla via della rinascita con il progetto Al Sudani

Roberto Roggero - Il neo eletto premier Mohammed Shia Al Sudani ha fatto chiaramente intendere di avere un obiettivo concerto e certamente raggiungibile: voltare pagina, ovvero, lasciarsi alle spalle terrorismo e contrasti interni, e aprire agli investimenti esteri per la rinascita dell’Iraq. Un programma che comprende anche e soprattutto l’Italia che è fra i primi partner commerciali. Fra i primi provvedimenti, gli interventi per rendere nuovamente operativa la grande raffineria di Baijii, nella provincia settentrionale di Salah Al Din, fino al 2014 l’impianto più grande del Paese, con una capacità di oltre 300mila barili al giorno, danneggiata dei fondamentalisti dello Stato Islamico. Dal 2015, dopo la cacciata dell’Isis dalla zona, la raffineria è rimasta inattiva a causa dei danni subiti e dei numerosi furti di attrezzature, a quanto pare entrate nel circuito del mercato clandestino. Il direttore generale degli impianti, Adnan Mohammed Hamoud, ha dichiarato che il presidente Al Sudani ha fatto in modo che le attrezzature rubate tornassero al proprio posto e ha personalmente supervisionato diversi progetti per riattivare la raffineria.

Oltre all’Italia, anche la Russia è un partner importante, specialmente per il settore petrolifero e nello specifico per quanto riguarda la regione semi-autonoma del Kurdistan Iracheno (KRI), territorio ricco di gas e petrolio. A monte vi è la questione fra autorità del KRI, governo di Baghdad e Iraq meridionale, nella quale proprio Mosca potrebbe svolgere un significativo ruolo di mediazione e soprattutto controbilanciare le mire dell’a politica economica americana nella regione. E’ storicamente noto come l’intervento americano sia stato causa di non poco danno proprio in Iraq.

Ulteriore importanza riveste il fatto che a marzo scorso vi è stata la ripresa delle relazioni fra Repubblica Islamica dell’Iraq e Regno di Arabia Saudita, e un Iraq nuovamente in prima linea nell’economia globale dell’energia, potrebbe nuovamente riequilibrare il mercato.

La comparsa della Russia è un elemento importante nello scenario internazionale, proprio in virtù del riavvicinamento Tehran-Riyadh, poiché in gioco vi è anche la partecipazione dell’Occidente negli accordi sull’energia sia per quanto riguarda l’Iraq, sia per il nuovo asse Arabia Saudita-Iran.

La Russia si sta muovendo con decisione verso l’Iraq, come evidenziato da serie discussioni nelle ultime due settimane per aumentare la sua presenza nei giacimenti petroliferi del paese.

Un segnale in questo senso viene dal fatto che la Russia sta effettuando un importante aumento della produzione di petrolio dal grande giacimento iracheno di West Qurna 2, che con il giacimento di Rumaila, è stato recentemente citato dal Ministero del Petrolio iracheno come vitale per il piano nazionale per aumentare la capacità di produzione a circa 7 milioni di barili al giorno entro il 2027.

Il giacimento di West Qurna, a circa 65 km a nord-ovest dalla città di Bassora, ha riserve di petrolio stimate in totale di 43 miliardi di barili, uno dei più grandi giacimenti petroliferi del mondo. West Qurna 2 ha riserve di petrolio per circa 13 miliardi di barili e, come la maggior parte dei grandi giacimenti in Iraq, Iran e Arabia Saudita, beneficia dei costi di sollevamento più bassi al mondo (1-2 dollari USA per barile).

Il piano di sviluppo originale per il giacimento di West Qurna 2 prevedeva la produzione di 1,8 milioni di barili al giorno, ma nel 2013 è stato modificato in un piano in tre fasi in cui il picco di produzione sarebbe stato di 1,2 milioni di barili al giorno. La fase 1 aggiungerebbe circa 120.000 barili al giorno ai primi 30mila barili al giorno di produzione dalla formazione Mishrif del sito. La fase 2 aggiungerebbe altri 400mila barili dal pieno sviluppo della Formazione Mishrif. La Fase 3 aggiungerebbe altri 650mila barili al giorno dallo sviluppo della Formazione Yamama. Il piano è rimasto a lungo bloccato per contese economiche fra governo iracheno e Lukhoil, nelle quali si era inserito anche il problema del Kurdistan. Ora, finalmente, parle che i russi si siano decisi a sbloccare la situazione e la produzione del west Qurna 2 è aumentata da 400 a 480 mila barili al giorno in poche settimane, con la prospettiva di raggiungere i 600 mila barili molto presto. A questo si aggiunge la mediazione sul petrolio curdo. Questo mostra come la Russia, anche tramite le sue società indipendenti, si stia collocando bene nel settore in Iraq e lo stia controllando, anche favorendo l’aumento di produzione di un paese dalle potenzialità enormi. Questo si inserisce poi nel gioco a tre fra Russia, Iran e Arabia Saudita. La mano russa sul Medio Oriente è sempre più forte, mentre gli USA sembrano essersi estraniati dalla regione.

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