Sudan - La situazione sul campo
- 17 apr
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Assadakah News - Dopo la precedente divisione del Sud-Sudan, ancora un pericolo di ulteriore frammentazione, con la capitale Khartoum che, pur riconquistata dall’esercito lo scorso 27 marzo, è semidistrutta, come Omdurman e Beri, le città gemelle, dopo due anni di occupazione della Rapid Support Force, i ribelli paramilitari del generale Dagalo, ai quali era stato concesso diritto di saccheggio. Le case sono state letteralmente svuotate di tutto, fino ai fili di rame dell’elettricità.
Per il rifiuto del generale Dagalo di sottomettersi alle Forze Armate Sudanesi, oggi il Paese è preso nella più grave crisi umanitaria della storia recente, che colpisce soprattutto bambini e donne. Nel Darfur è in atto la pulizia etnica contro i Masalit, i paramilitari vendono armi in cambio dell'oro delle miniere illegali.

Il pericolo è una nuova spartizione, con la RSF che si sta spostando verso ovest e la Libia di Khalifa Haftar, al Chad e alla Repubblica Centrafricana, zona sulla quale grava anche l’influenza della Russia, che da qui prende l'oro per finanziare la guerra in Ucraina. Il resto del Sudan nelle mani di Al-Burhan, presidente riconosciuto.
La capitale è stata spostata a Port Sudan sul Mar Rosso, lontano dagli attacchi dei droni della RSF e da obiettivi a rischio, come la diga di Merowe, la più grande in Africa. Salvi anche gli unici tre sacerdoti cattolici rimasti a Khartum occupata dalla RSF, ma le distruzioni sono davvero pesanti.
Circa 13 milioni di persone sono fuggite dalle loro case, 4 milioni hanno attraversato i confini di Egitto, Sud Sudan, Chad, Libia, Etiopia, Repubblica Centrafricana fino in Uganda. Violenze sistematiche, abusi, uccisioni di massa, in una crisi sottofinanziata che riceve poca attenzione dalla comunità internazionale. Molti campi profughi sono stati chiusi per carenza di fondi, che per la popolazione significa finire a lavorare nelle miniere d'oro illegali in Chad o tentare di raggiungere la costa libica.
“Continuo a vedere due situazioni diverse - racconta Vittorio Oppizzi, responsabile Medici Senza Frontiere in Sudan - quella della linea del fronte in movimento che rende difficile operare, e il dramma degli sfollati che ora provano a rientrare in città distrutte. Stiamo ricominciando con le cliniche mobili, ma da due anni non si fanno vaccinazioni, in particolare contro il morbillo, e scoppiano epidemie di colera per mancanza di acqua potabile. Una lotta contro l’oblio e la guerra per salvare ciò che resta del Sudan”.







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