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Yemen - Guardare a un futuro incerto

Lorenzo Utile - Non è un segreto che lo Yemen sia fra i Paesi più poveri al mondo, e attualmente in condizioni drammatiche a causa della guerra e a causa delle mire geopolitiche degli attori principali della regione, senza escludere le conseguenze che derivano inevitabilmente dalla situazione ucraina.

Lo Yemen è produttore di petrolio e gas dagli anni Ottanta. Serve il mercato locale e il mercato cinese. La produzione è sempre statalizzata con piccole concessioni a colossi esterni come la britannica Shell e la francese Total. La maggior parte dei siti si trovano in aree con problemi di sicurezza (Hadramut, Mukalla) per la presenza di gruppi che fanno capo ad Al-Qaeda o gruppi tribali avversi al governo. L’area più ricca di risorse energetiche resta quella del governatorato del Marib, a Sud della capitale Sanaa, dove oggi si gioca la partita economica della guerra: chi si assicura queste riserve e quest’area, l’avrà vinta.

Il conflitto russo-ucraino ha comportato un blocco delle esportazioni di cereali da quei Paesi, forse solo con i recenti accordi in via di soluzioni. Lo Yemen importa, già da prima della guerra, il 90% del cibo che consuma e quasi il 100% delle farine e dei cereali. L’impatto della guerra in Ucraina sul Paese più povero del Medio Oriente, in guerra e con un tasso di malnutrizione, soprattutto infantile, altissimo, rischia di essere devastante.

Dal secolo scorso, i Paesi del Golfo sono stati al centro di forti interessi americani. Gli Stati Uniti continuano ad avere una attenzione strategica sul Golfo Persico. Hanno rinunciato a un controllo diretto ma hanno eletto a loro partner Arabia Saudita ed Emirati Arabi in funzione sia filoisraeliana che anti-iraniana.

Nel frattempo, la Russia guarda all’area del Golfo con interesse strategico rispetto sia agli Stati dell’Asia centrale, che sono ex repubbliche sovietiche, sia ai Paesi del Corno d’Africa. I suoi rapporti con lo Yemen sono lontani e abbastanza solidi. Quando lo Yemen del Sud si liberò dal protettorato britannico, divenne un Paese comunista e questo rinsaldò i rapporti con la Russia, oggi ulteriormente cementati a Nord del Paese. Per anni, in Yemen, ad esempio, era possibile per i soldati, fare dei corsi di specializzazione nell’Armata Rossa, poi divenuta esercito russo.

Da tenere sotto controllo è poi il fenomeno migratorio, che in Yemen è imponente, soprattutto perché è l’unico Paese del Golfo ad avere firmato, negli anni Cinquanta, la Convenzione Internazionale per i Rifugiati. Così è più un Paese di immigrazione che di emigrazione. I migranti che posso chiedere asilo e protezione sono soprattutto somali ed etiopi di etnia oromo, perseguitati in patria. Come accade per l’Italia, molti tra questi migranti però passano dallo Yemen per potere stabilirsi in Arabia Saudita e lavorare li. Ecco ancora il sogno economico che ritorna. Più spesso non riescono e restano in Yemen che comunque anche in guerra appare in migliori condizioni dei Paesi del Corno d’Africa, il che è tutto dire. Con il recente conflitto l’emigrazione dallo Yemen non è aumentata ma si è diretta più verso Egitto e Sudan, due dei pochissimi Paesi che concedono visti turistici e medici agli yemeniti. In Egitto gli yemeniti sono stimati essere circa 900mila, non tutti con uno status giuridico regolare. Sfruttati economicamente, molti decidono di tornare indietro. Altri – pochi – tentano le vie di terra verso la Libia o di mare verso Turchia e Grecia per arrivare in Europa.

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