Algeria - Un territorio affascinante e suggestivo
- 27 lug
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Patrizia Boi (Assadakah News) - Gli Altopiani e l'Atlante Sahariano - Tra l'eco lontana delle sabbie e il respiro profondo delle montagne, si stende un paesaggio antico quanto la memoria del tempo: gli Altopiani e l’Atlante Sahariano. È una terra di contrasti scolpiti dal vento, una diagonale aspra che va dal confine marocchino fino al nord-est algerino, dove il cielo sembra sempre in dialogo con la polvere.
Qui l’estate brucia senza pietà, e l’aria vibra nel calore secco come in una visione, mentre l’inverno, rude e umido, penetra la pelle e la pietra. Il terreno è costellato di chotts, conche argillose che si trasformano, dopo le rare piogge, in specchi effimeri di acqua salata. In mezzo a questo scenario scarno, la vita resiste con fierezza: erbe tenaci nutrono greggi erranti, e l’alfa, sottile graminacea, offre la sua fibra per corde, tappeti, sporte — antichi gesti quotidiani intrecciati al ritmo di millenni.

Verso sud, come un bastione solenne, si erge la catena dell’Atlante Sahariano. È la spina dorsale rocciosa di un continente, prosecuzione algerina dell’Alto Atlante marocchino. Le montagne dei Ksour, degli Ouled-Naïl, degli Zibans e degli Aurès si succedono come pagine di un libro geologico, alcune superando i 2.300 metri. Ai loro piedi, come miraggi che resistono al tempo, si aprono le oasi — Biskra, Boussaâda, Laghouat e, più a sud, la mistica Ghardaïa nella valle del M’zab — soglie verdi che annunciano il grande respiro del Sahara.
Fauna: il respiro discreto della vita

Sulle pendici montuose e tra le campagne del nord, la vita pulsa silenziosa: greggi di pecore, capre erranti, cavalli snelli, lepri sfuggenti. Tra le rocce delle gole della Chiffa, scimmie magot osservano con occhi attenti. Al calar del sole, le volpi si fanno ombre leggere tra gli ulivi selvatici, mentre nell’aria si librano stormi in viaggio verso sud: cicogne e storni tracciano rotte invisibili tra i cieli.
Più a sud, tra le sabbie dove la vita si fa più sottile, gazzelle eleganti attraversano le dune, fennec dalle orecchie grandi si nascondono tra le pietre calde, e i gerboa saltano come pensieri leggeri nel silenzio del deserto. I leoni, gli struzzi, i coccodrilli sono solo memorie — ombre pietrificate nel mito e nella roccia.
Il Litorale: tra luce, storia e sogno

L’Algeria si affaccia sul Mediterraneo con una costa di 1.200 chilometri, dove il mare abbraccia sabbie dorate e promontori selvaggi. Questo litorale è una sinfonia di colori e voci, dai riflessi turchesi dell’acqua ai profumi della terra. È un invito al viaggio, alla scoperta, alla contemplazione.
Da Algeri la bianca, sospesa tra modernità e nostalgia, a Orano la radiosa, vivace e sensuale, il litorale accoglie chi cerca bellezza, avventura o riposo. Cala dopo cala, promontorio dopo baia, si snodano storie millenarie incise nelle pietre: rovine romane, minareti ottomani, fortezze che sfidano il tempo. Il turismo, pur presente, convive con la salvaguardia della flora e della fauna marina, in un delicato equilibrio.
L’Est: Costantina e l’eredità del cielo

Sospesa su un baratro e attraversata da ponti che sembrano disegnati dai sogni, Costantina, l’antica Cirta, è una delle città più sorprendenti del paese. Fondata da Costantino I, scolpita nella roccia e accarezzata dall’oued Rhummel, è un anfiteatro naturale di cultura e poesia. Culla del mâlouf, melodiosa eredità arabo-andalusa, è oggi cuore universitario e città d’arte. I suoi monumenti, come la grande moschea dell’Emiro Abdelkader e il Palazzo del Bey, raccontano secoli di splendore.
Sulla costa, Annaba si adagia sul mare con eleganza. Un tempo Ippona, ospitò Sant’Agostino, il pensatore della luce interiore. Oggi la basilica che porta il suo nome si erge come un faro spirituale su una delle coste più incantevoli dell’Algeria. Più a ovest, Skikda — la città delle fragole — conserva il profumo di un passato coloniale ma guarda con occhi nuovi il presente.
L’Ovest: Orano e la musica del vento

La costa occidentale è quella dell’anima ribelle. Orano, con il suo spirito libero, è un crocevia di influenze: spagnole, turche, francesi. Da questa miscela ardente è nato il raï, canto urbano della speranza e della passione, diventato simbolo della città nel mondo. Spiagge selvagge si allungano tra promontori silenziosi, accarezzati dal respiro del mare.
Tlemcen, sospesa a 800 metri, è un giardino moresco dove il tempo si fa lento. Chiamata la città delle ciliegie, regala scorci che evocano le geometrie dell’Andalusia. A Mostaganem, invece, il presente si intreccia con l’antico: la città si apre all’economia moderna senza rinnegare la sua anima di porto tradizionale, e le spiagge di Tijdit sembrano fatte apposta per accogliere sogni al sole.
Il Deserto: dove il tempo si fa pietra

E infine, l’immenso, silenzioso, ipnotico Sahara.
In Algeria, il deserto non è solo paesaggio: è un linguaggio. È memoria fossile di un tempo in cui qui scorrevano fiumi, galoppavano giraffe, fiorivano savane. Oggi, tra le sue dune dorate e le montagne ocra, restano incisioni rupestri, graffiti preistorici, echi lontani di una vita scomparsa. Il Sahara è vasto come un mare senza onde, e chi lo attraversa si sente più piccolo, ma anche più vicino al cielo.
Di giorno il sole lo trasforma in fornace incandescente, di notte la temperatura cade come una lama. Eppure, in questo silenzio assoluto, il cuore umano si scopre in ascolto. Il tempo qui si misura con le stelle, con i passi dei dromedari, con il colore cangiante delle rocce all’alba. Ogni cresta di sabbia è un pensiero del vento. Ogni pietra racconta una leggenda.
Il Grande Erg

C'è un luogo dove il vento ha imparato a disegnare, e le sue dita instancabili modellano dune senza fine: è il regno del Grande Erg, un mare dorato che copre quasi un quinto del Sahara. Qui le sabbie si muovono come onde lente, mutevoli e maestose, inseguendo i capricci del cielo e del silenzio. La vita, tenace e discreta, si rifugia nelle oasi, miraggi divenuti reali, dove l’acqua si nasconde sotto il respiro ardente della terra.
A nord, tra le sabbie, fiorisce El Oued, e più a sud, la valle della Saoura si apre come una pagina di poesia scritta con l’inchiostro degli oued. Le oasi del Gourara, strette tra l’erg e l’altopiano pietroso del Tadmaït, sono perle incastonate nel deserto. Qui si tramanda il sapere antico delle foggara, i canali invisibili che raccolgono l’acqua dal ventre della terra per farla sbocciare nei giardini dell’impossibile.
Nomi come Beni Abbès, Guirzim, Timoudi e Kerzaz si susseguono come un rosario di sabbia e palma, mentre Laghouat, Ghardaïa e Béchar, città alle soglie del sogno, raccontano storie di carovane che hanno sfidato l’invalicabile. El Meniaa, Timimoun e Adrar sono fari nel deserto: isole abitate in un oceano di luce e silenzio.
Il Tassili

Il Tassili non è solo un massiccio montuoso: è un poema inciso nella pietra. Dall’alto, il suo profilo ricorda le rovine di un’antica civiltà dimenticata dagli uomini ma non dagli dèi. È un luogo dove il tempo ha scolpito cattedrali di roccia e l’uomo, fin dalla preistoria, ha lasciato tracce d’anima. Con oltre 15.000 incisioni e pitture rupestri, è il più grande museo a cielo aperto del pianeta, una galleria eterna sotto il cielo africano.
Nel cuore del Tassili, Djanet splende come un miraggio d’acqua e di pace. Il suo nome, che significa Paradiso, non mente: case bianche con porte d’un azzurro profondo, strade accarezzate da lanterne dorate, e una palmeraia che respira sotto lo sguardo austero delle montagne. Ogni dettaglio qui canta l’armonia tra l’uomo e la natura, tra la pietra e la vita.
Il Tell

L’Algeria si apre come un libro di terre sovrapposte, e la prima pagina è il Tell, striscia fertile che costeggia il Mediterraneo come una cintura verde intessuta di colline e pianure. Si estende per oltre mille chilometri, tra valli generose e catene montuose che si arrampicano fino a superare i duemila metri, soprattutto là dove il Djurdjura alza la voce con le sue cime innevate.
In questa striscia luminosa vive il cuore agricolo del paese: la Mitidja, giardino profondo che abbraccia Algeri, e poi ancora le foreste, le vigne, i frutteti, i fiumi nascosti. Il Tell è il respiro profumato della costa, il ponte verde tra la montagna e il mare, tra l’antico e il futuro.
Il Sahara

L’Algeria custodisce nel suo grembo il più vasto dei silenzi: il Sahara. Un oceano di sabbia, pietra e luce che occupa l’85% del suo territorio. Da est a ovest, da nord a sud, si estende come un respiro infinito, tra paesaggi lunari e crateri antichi, tra il fuoco pietrificato dell’Hoggar e le ombre misteriose del Tassili.
I Regs — mari di pietra — si alternano agli Ergs, dune mobili e luminose. Tra questi mondi dormienti sbocciano oasi come fiori impossibili, testimoni di una vita che resiste e canta. È un deserto che pulsa di storie, che cela e rivela, che accoglie chi sa ascoltare.
La Flora

Nel nord, il paese indossa un abito mediterraneo: querce da sughero, carrubi, pini, oleandri e il profumo selvatico della macchia. I giardini sono sinfonie di colore: gelsomini, gerani, rose e rosmarini disegnano l’aroma delle stagioni.
Più a sud, i pendii si spogliano e gli altipiani si fanno severi. Ma là dove l’acqua affiora, anche nel cuore del Sahara, l’uomo ha saputo creare miracoli. Le oasi, grazie a sistemi di irrigazione millenari, ospitano palmeti rigogliosi e orti colmi di vita. Qui, la terra fiorisce sotto la cura silenziosa delle mani che sanno dove scavare.
L’Hoggar

L’Hoggar è un poema vulcanico antico di tre miliardi di anni. La sua materia è lava rappresa, luce solidificata nei toni del viola, del bronzo, dell’oro bruciato. È un paesaggio che sembra scolpito da un dio paziente e silenzioso, che accoglie tanto la vita selvatica quanto lo spirito contemplativo.
Questo massiccio, inserito tra i patrimoni mondiali dell’umanità, è il rifugio dei Tuareg, i leggendari uomini blu, custodi di un sapere antico come la sabbia. Qui, tra le rocce e le stelle, visse Charles de Foucauld, cercando il volto di Dio nella nudità del deserto.
Il Centro

Algeri, la Bianca, la Gioiosa — El Bahdja — è un sogno sospeso tra mare e collina. Fondata sulle rovine romane di Icosium, la città si affaccia con grazia sul Mediterraneo, dove la sua celebre baia si curva come un abbraccio.
La Casbah, con i suoi vicoli intricati, è un labirinto vivo di storia e cultura. I profumi delle bouqalettes, la poesia della cucina, l’eco dell’arte di Mohamed Racim: tutto in Algeri racconta un’identità complessa, forgiata da influenze romane, turche e francesi.
Non lontano, le rovine di Tipaza parlano in latino tra le onde, e la Cabilia si arrampica tra le rocce e i cedri, offrendo al viaggiatore rifugi di bellezza e quiete.
Le Oasi

Ogni oasi è un miracolo: una ferita di luce nel corpo del deserto da cui sgorga vita. Sono giardini sospesi tra sogno e scienza, luoghi dove l’acqua è tesoro e la palma, regina silenziosa, veglia sul destino degli uomini.
A Bou Saada, la felicità ha un nome. A Biskra, la regina degli Zibans, il dattero matura sotto il sole incantato. El Oued si distende tra mille cupole come un’antica leggenda, mentre Ouargla innalza un milione di palme verso il cielo. Ghardaïa, dalla geometria sacra, racconta la forza della simmetria e della fede.
Le mani degli agricoltori guidano l’acqua come direttori d’orchestra, e il deserto risponde: fiorisce. Tra tutte, Tolga brilla per la dolcezza delle Deglet Nour, datteri trasparenti come dita di luce. Ma il vero gioiello rimane Taghit, dove le dune sussurrano storie d’amore e sabbia.
La Valle del M’zab

Nel cuore dell’Algeria, la Valle del M’zab si dispiega come un manoscritto inciso nella roccia. Cinque ksour — villaggi fortificati — sorgono come stelle cadute dal cielo: Ghardaïa, Melika, Beni-Isguen, Bounoura ed El-Atteuf. Più a nord, Berriane e Guerrara aggiungono note a questa sinfonia architettonica.
Ogni città è protetta da mura antiche e vicoli stretti come ricordi. Le abitazioni si stringono l’una all’altra per proteggersi dal sole e dal vento, creando un paesaggio urbano che è anche un organismo vivente. Nei giardini, l’acqua danza tra le palme, e la frutta si offre generosa al viandante. Questo miracolo organizzato, ispirazione per artisti e architetti, è patrimonio dell’umanità: un luogo dove l’uomo ha imparato a vivere in armonia con il deserto.






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