Armenia - Il crocevia silenzioso che cambia gli equilibri
- 14 nov
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Wael Al-Mawla (Assadakah News) - L’Armenia non è più un piccolo Stato ai margini degli eventi regionali: oggi è diventata un punto d’appoggio nella nuova architettura del Medio Oriente. In un’epoca in cui le mappe del potere vengono continuamente ridisegnate e la geografia torna a essere terreno di scontro, l’Armenia emerge come uno spazio strategico in cui si intrecciano progetti di influenza spesso concorrenti.
Il profondo mutamento degli equilibri siriani negli ultimi anni ha aperto la porta a un riassetto regionale. La Turchia, capace di espandere la propria presenza su ampie porzioni del territorio siriano, vede in questa fase una possibilità per consolidare un progetto più ampio, una proiezione politico-strategica che da Aleppo a Mosul si ispira a una visione turanica, sostenuta da alleanze economiche e politiche con attori come Qatar e Pakistan.
Questa espansione, però, incontra una barriera naturale: la diffidenza di Israele. Tel Aviv guarda con preoccupazione alla crescita di un blocco islamico-turco compatto ai suoi confini settentrionali, temendo che possa alterare l’equilibrio della deterrenza che ha caratterizzato la regione negli ultimi decenni. Per questo, ha intensificato strumenti politici, diplomatici e di intelligence per monitorare e contenere l’evoluzione della presenza turca.
In questo quadro l’Armenia diventa un punto di contatto sensibile tra tre assi: Turchia a ovest, Azerbaijan a est e Iran a sud. La sua importanza, tuttavia, non deriva più soltanto dalla posizione geografica, ma dalla possibilità di fungere da piattaforma di contrasto all’espansione turca.
Israele, storicamente radicato in Azerbaijan per osservare l’Iran, si trova oggi nella necessità di ampliare la propria attenzione al Caucaso, soprattutto dopo la chiusura di molte opzioni operative in Siria. Con l’espansione di Ankara verso nord e sud, l’Armenia diventa inevitabilmente uno snodo strategico per qualsiasi dinamica politico-di sicurezza tra Turchia e Israele.In parallelo, anche l’Iran guarda con crescente cautela alle ambizioni regionali turche: un’“attenzione convergente”, nonostante l’ostilità strutturale tra Teheran e Tel Aviv, accomunata dalla percezione di un ridimensionamento del proprio spazio d’influenza.
Non è un confronto tra Stati nel senso classico, ma tra progetti regionali. Da una parte quello turco, che punta a espandere una sfera politico-economico-strategica estesa; dall’altra quello israeliano, determinato a impedire l’emergere di una potenza capace di spezzare l’equilibrio costruito negli ultimi decenni.
In questo scenario, l’Armenia diventa un’arena discreta ma ad altissima sensibilità, dove si sovrappongono gli interessi di Stati Uniti, Francia, Israele e Iran. Ogni attore muove le proprie pedine con prudenza, evitando lo scontro diretto ma predisponendo posizioni per il futuro.
L’Armenia si trova così nel cuore della tempesta. Con confini fragili, una Russia sempre meno presente e nuove geometrie geopolitiche in ascesa, il vecchio neutralismo non è più sostenibile. Pressioni arrivano da tutte le direzioni: Azerbaijan da est, Iran da sud, Turchia da ovest.
E se una nuova fase di tensione nel Caucaso dovesse accendersi, l’Armenia non resterà spettatrice. Sarà uno dei palcoscenici principali, il luogo dove potrebbero essere ripensate le mappe del prossimo ordine regionale, con strumenti che, purtroppo, non sono lontani dal fuoco e dalla cenere.







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