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Armenia - Nuove ricerche da Ravenna

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Letizia Leonardi (Assadakah News) - L’Università di Bologna, assieme a ISMEO e Fondazione Flaminia, ha riunito a Ravenna gli studiosi italiani e armeni più qualificati per il congresso internazionale Armenia in the Hellenistic–Roman Age: Between Tradition and Innovation, svoltosi il 18 e 19 novembre 2025. All’inaugurazione, l’Ambasciatore d’Italia in Armenia, Alessandro Ferranti, ha portato un saluto in videoconferenza, sottolineando il valore di una ricerca che collega Italia e Armenia su radici antiche e prospettive future.

È il secondo grande appuntamento ravennate dedicato all’Armenia dopo il congresso del 2023 Armenia: A Multimillennial People.

Dietro l’evento c’è molto di più di un semplice convegno accademico: il congresso è strettamente legato all’avvio di una missione archeologica nel Lago Sevan, condotta dall’Università di Bologna e da ISMEO, con il sostegno del Ministero degli Affari Esteri. La missione, guidata dai prof. Pierfrancesco Callieri e Mkrtich Zardaryan, comprende per la prima volta in Armenia indagini subacquee. Un segno concreto di apertura e rinnovamento nelle pratiche di ricerca. L’impegno dell’Università di Bologna verso gli studi armeni non è affatto nuovo: risale al 1973, con la pioniera Gabriella Uluhogian, e oggi continua grazie ad Anna Sirinian. Anche ISMEO vanta una lunga tradizione di ricerche sull’Armenia, coprendo epoche che vanno dalle origini preistoriche al tardoantico.

Durante il congresso si sono succedute quattro sessioni, con interventi di storici, archeologi, storici dell’arte e geologi, da entrambi i paesi. I temi affrontati hanno toccato la lunga e complessa storia dell’Armenia, mettendo in luce le sue stratificazioni culturali e la sua rilevanza nel contesto storico-mediterraneo.

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A coronamento dei lavori, ISMEO ha organizzato un concerto di musica armena: un gesto simbolico, che ha trasformato il congresso in un’esperienza non solo accademica, ma anche culturale e umana.

Questo incontro a Ravenna segna un passo importante per due ragioni.

Per prima cosa restituisce all’Armenia una dimensione di interlocutore attivo nel mondo accademico mediterraneo. Dopo secoli di marginalizzazione, studiare la sua epoca ellenistico-romana significa riconoscerla non solo come culla di tradizioni millenarie, ma come protagonista di interscambi culturali e civiltà antiche.

Seconda: segna un’evoluzione metodologica. L’avvio di archeologia subacquea nel Lago Sevan, mai tentata in precedenza, apre nuove strade per la conoscenza del patrimonio sommerso armeno. È un investimento sul lungo termine, che potrebbe svelare aspetti finora ignorati della storia di quel territorio.

In un’epoca in cui lo sguardo al passato spesso si perde in riflessioni sterili, il congresso dimostra che le radici, se esplorate con rigore, possono dare forma a nuove prospettive: per la ricerca, per la collaborazione internazionale, per la memoria di un popolo.

E Ravenna, ancora una volta, si conferma crocevia, non solo geografico, di culture, saperi e dialoghi tra oriente e occidente.

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