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Dalla Patagonia a Ramallah: al fianco di Francesca Albanese e delle donne palestinesi!

  • 13 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 15 lug

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Dalla Patagonia a Ramallah: i collettivi femministi latinoamericani al fianco di Francesca Albanese e delle donne palestinesi - Maddalena Celano (Assadakah News).

In un’epoca in cui le lotte femministe sembrano talvolta appiattirsi su piattaforme neoliberali e agende occidentali, emergono con forza le voci dei collettivi femministi latinoamericani che rivendicano un femminismo decoloniale, antimperialista, intersezionale e internazionalista. È in questo solco che molte organizzazioni femministe dell’America Latina hanno espresso la loro solidarietà verso Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi Occupati, attaccata con veemenza dalla lobby sionista e sottoposta a una vera e propria campagna di delegittimazione da parte di media e potenze occidentali. A essere bersaglio, tuttavia, non è solo lei come persona, ma ciò che rappresenta: una voce indipendente, giuridicamente solida e umanamente empatica che osa denunciare la pulizia etnica in corso in Palestina, la brutalità coloniale israeliana e la complicità strutturale dell’Occidente.

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Una solidarietà radicata nella storia


In America Latina, la causa palestinese ha da tempo trovato una risonanza profonda. Non è un caso: i popoli latinoamericani conoscono sulla propria pelle cosa significhino il colonialismo, l’intervento imperialista e le dittature militari sostenute da potenze straniere. Il parallelo tra l’occupazione israeliana e le logiche estrattiviste e repressive che hanno devastato il Sud globale è sentito, elaborato e tradotto in pratiche concrete di solidarietà.

Movimenti come Ni Una Menos (Argentina), Las Tesis (Cile), Mujeres por la Dignidad (Bolivia), Marcha Mundial de las Mujeres (Brasile) e Colectiva Feminista para el Desarrollo Local (El Salvador) hanno preso posizione, in diversi momenti, a sostegno della lotta del popolo palestinese. Recentemente, queste stesse organizzazioni hanno espresso pubblicamente appoggio a Francesca Albanese, sottolineando come la sua voce rappresenti un baluardo contro l’ipocrisia dell’ordine internazionale patriarcale e coloniale.

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La sorellanza tra donne occupate


I collettivi femministi latinoamericani non si limitano a un appoggio astratto, ma articolano un’analisi che intreccia il patriarcato e il colonialismo come strutture intrecciate di oppressione. Le donne palestinesi, spesso marginalizzate nelle narrazioni mainstream, sono invece riconosciute da queste attiviste come protagoniste di una resistenza quotidiana, che passa attraverso il corpo, la maternità, la cura, l’organizzazione comunitaria e la lotta politica.

Il Collettivo Feministas de Abya Yala, rete transnazionale che unisce militanti indigene, afrodiscendenti e meticce, ha rilasciato un comunicato in cui denuncia la criminalizzazione di Francesca Albanese da parte degli Stati Uniti e di Israele, affermando che “non c’è nulla di più femminista che denunciare l’apartheid, l’assedio e lo stupro sistemico come strumenti di guerra.” E ancora: “Le nostre sorelle palestinesi non sono vittime silenziose, sono combattenti della vita. E Francesca è una delle poche voci dell’ONU che ha il coraggio di riconoscerlo apertamente.”

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Contro il femminismo bianco e imperialista


Queste dichiarazioni si collocano in una critica più ampia al cosiddetto “femminismo bianco”, spesso accusato di selettività e complicità. La visione eurocentrica, che promuove un’idea di liberazione femminile slegata dal contesto politico e dalle oppressioni sistemiche, è messa in discussione da molte attiviste latinoamericane che rivendicano un femminismo che sia anche anticapitalista, antirazzista e antisionista.

La sociologa messicana Francesca Gargallo, scomparsa nel 2022, già anni fa scriveva che “non si può parlare di liberazione femminile senza rompere con l’imperialismo” e che “le donne palestinesi non sono da salvare, ma da ascoltare e sostenere nella loro lotta.” Questo stesso spirito anima oggi le nuove generazioni di attiviste in Colombia, Nicaragua, Argentina e Brasile.

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Un fronte transcontinentale


Durante la Giornata Internazionale per la Palestina organizzata a Buenos Aires nel giugno 2024, diversi collettivi femministi hanno letto estratti dai report di Francesca Albanese, esprimendo “orgoglio per una donna che sfida i potenti con il linguaggio del diritto e della verità.” In quell’occasione, l’organizzazione Mujeres Libres del Sur ha lanciato l’appello: “Difendere Francesca è difendere la possibilità stessa di denunciare l’oppressione.”

Anche collettivi queer e transfemministi hanno aderito alla mobilitazione, decostruendo la narrativa tossica secondo cui Israele sarebbe un’oasi di diritti civili LGBTQ+ nel deserto arabo-islamico. Le attiviste hanno sottolineato come l’"pinkwashing" israeliano sia una strategia propagandistica per legittimare l’apartheid e silenziare le violenze sistemiche contro le persone queer palestinesi.

Il sostegno dei collettivi femministi latinoamericani a Francesca Albanese e alle donne palestinesi non è un semplice gesto simbolico, ma un atto di resistenza e costruzione di un internazionalismo femminista reale e non retorico. In un mondo in cui le parole “pace” e “diritti umani” vengono spesso strumentalizzate dai poteri dominanti, queste alleanze rappresentano una speranza concreta per la giustizia globale.

Contro la retorica del femminismo liberale e complice, le donne del Sud globale ricordano che non c’è emancipazione senza autodeterminazione dei popoli, che non c’è libertà femminile senza la fine del colonialismo. E che difendere Francesca Albanese significa difendere la possibilità stessa di dire la verità.

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