Le donne invisibili della Resistenza algerina: Hamida Ben Daoud e Fatima Ousaid
- 12 lug
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Maddalena Celano (Assadakah News) - Nel panorama della lotta per l’indipendenza algerina, a lungo dominato da figure maschili, emergono lentamente i profili di donne straordinarie che operarono nell’ombra, svolgendo missioni decisive per il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN). Due di queste figure, ancora oggi poco note ma cruciali, sono Hamida Ben Daoud e Fatima Ousaid, donne che, con coraggio e discrezione, operarono nelle aree urbane come agenti clandestine, rischiando ogni giorno la vita sotto l'occupazione coloniale francese.
La Resistenza femminile nella guerra d'Algeria
Durante la guerra di liberazione (1954–1962), molte donne algerine abbandonarono la tradizionale vita domestica per assumere ruoli attivi nella lotta anticoloniale: non solo come infermiere, cuoche o staffette, ma anche come combattenti, sabotatrici e agenti di collegamento. Alcune furono coinvolte in vere e proprie missioni di spionaggio, trasporto di armi o infiltrazione nei centri urbani.
A differenza delle mujāhidāt che combattevano sui monti, le donne impiegate nei centri urbani dovevano muoversi con assoluta cautela, dissimulate nel quotidiano, spesso travestite da europee, adottando un abbigliamento occidentale per non destare sospetti tra le forze francesi. Fu questa la trincea invisibile di Hamida Ben Daoud e Fatima Ousaid.

Chi erano Hamida Ben Daoud e Fatima Ousaid?
Benché non si abbiano molte fonti dettagliate sulla loro biografia completa, ciò che si sa è sufficiente per comprendere il peso delle loro azioni. Hamida Ben Daoud e Fatima Ousaid facevano parte della struttura clandestina del FLN nelle città, in particolare ad Algeri, dove si sviluppò una delle reti urbane più complesse e sofisticate della guerriglia anticoloniale. Operavano come agenti di collegamento, ovvero persone incaricate di trasportare messaggi, armi e denaro tra i vari membri della resistenza, spesso attraversando numerosi posti di blocco e rischiando torture o esecuzioni sommarie in caso di cattura.
Molte di queste donne, tra cui anche Hamida e Fatima, furono formate e addestrate per compiere missioni sotto copertura, grazie anche al contributo delle cellule femminili del FLN che, già dal 1956, avevano assunto un ruolo più strutturato nella lotta armata. Esse riuscivano a penetrare ambienti borghesi o militari coloniali proprio grazie al fatto che l’intelligence francese sottovalutava sistematicamente il ruolo delle donne.

Una lotta segreta e silenziata
Le missioni segrete nei centri urbani richiedevano nervi saldi e assoluta disciplina. Le due donne operarono spesso separatamente, ma sempre in coordinamento con le reti FLN, svolgendo compiti delicati come il posizionamento di esplosivi, il trasporto di ordini riservati, o la sorveglianza di bersagli coloniali. Il loro operato era parte di quella guerra psicologica e logistica che permise al FLN di mantenere una presenza costante e aggressiva anche nelle città.
Queste missioni erano fondamentali: senza il contributo delle cellule urbane e senza la mobilità offerta dalle donne, la resistenza sarebbe rimasta isolata nei monti e nelle campagne. Eppure, dopo l’indipendenza, la narrazione ufficiale ha spesso relegato queste protagoniste al silenzio, privilegiando l’epica militare maschile e trascurando il contributo femminile alla lotta nazionale.
Riscoprire la memoria
Oggi, la riscoperta di figure come Hamida Ben Daoud e Fatima Ousaid è parte di un più ampio processo di revisione storica che, in Algeria come nel resto del mondo postcoloniale, mira a decolonizzare la memoria e restituire dignità e visibilità alle donne che hanno contribuito alla liberazione.
Studiosi, scrittrici e attiviste stanno portando avanti un lavoro prezioso di ricostruzione storica e testimoniale. Anche opere cinematografiche come La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo (1966), pur con i suoi limiti, hanno contribuito a mostrare il ruolo delle donne nella guerriglia urbana, rendendo visibile l’invisibile.
Il coraggio silenzioso di Hamida Ben Daoud e Fatima Ousaid rappresenta un patrimonio morale e politico inestimabile. La loro lotta, fatta di rischio quotidiano e determinazione, ci ricorda che la liberazione non è mai un atto unilaterale e che senza la partecipazione delle donne non vi può essere vera emancipazione collettiva. Raccontare le loro storie non è solo un dovere storico, ma un atto di giustizia e di memoria attiva, in grado di ispirare nuove generazioni a combattere ogni forma di oppressione, visibile o invisibile.

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