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Egitto - I segreti di Djoser

  • 3 ore fa
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Assadakah News - A volte la storia concentra in un breve arco di tempo eventi destinati a segnare un’epoca o una civiltà. È il caso della piramide a gradoni di Djoser, la prima e più antica in Egitto, che si erge nel cuore della necropoli di Saqqara, il grande cimitero reale che sorge a circa trenta chilometri a sud del Cairo, l’attuale capitale dell’Egitto.

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Opera dell’architetto e medico Imhotep, la piramide rappresentò una rivoluzione architettonica e religiosa, segnando un prima e un dopo nelle tradizioni funerarie dei faraoni dell’antico Egitto.

Con essa prese avvio l’epoca della costruzione in pietra e venne eretto il primo monumento funerario a forma di piramide del Paese. La sua costruzione diede impulso a una serie d’innovazioni tecnologiche e stilistiche che, circa un secolo dopo, culminarono nella costruzione delle grandi piramidi dell’altopiano di Giza.

La comparsa della prima piramide comportò un cambiamento fondamentale nel modo in cui venivano sepolti i faraoni dell’antico Egitto. Durante la I e la II dinastia i loro corpi venivano deposti in mastabe, costruzioni in mattoni crudi con una parte visibile a forma di casa e una parte sotterranea, che comprendeva diverse stanze e un pozzo scavato che ospitava il defunto.

Nella necropoli di Saqqara, il vasto cimitero che sorge nei pressi di Menfi, allora capitale del Paese, i primi faraoni decisero di costruire mastabe in adobe – mattoni d’argilla –, con alti muri decorati da rientranze e sporgenze che imitavano la facciata del palazzo reale. Queste mastabe arcaiche probabilmente erano soltanto dei cenotafi, delle false tombe con una funzione simbolica, poiché i sovrani dell’epoca si fecero costruire anche dei sepolcri ad Abido, l’antica capitale predinastica da cui provenivano i loro antenati, situata circa quattrocento chilometri più a sud.

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Un monumento unico

Ignoriamo i motivi per cui Djoser ruppe con questa tradizione, ma in questa decisione fu probabilmente determinante l’influenza del suo architetto reale, il grande Imhotep. Alla base di una statua di Djoser rinvenuta a Saqqara compaiono il nome di Imhotep e alcuni dei suoi titoli, come cancelliere del faraone del Basso Egitto, la più alta autorità dopo il re, nobile ereditario, capo degli scultori e sommo sacerdote di Eliopoli. L’ultimo è il più interessante: oltre a essere architetto, medico, astronomo, matematico, Imhotep fu anche il massimo responsabile dei culti in onore del dio solare Ra a Eliopoli. E probabilmente esiste un legame tra quei culti solari e la piramide a gradoni.

Per comprendere appieno il legame tra la piramide a gradoni e il disco solare, va ricordato innanzitutto che le più antiche concezioni egizie sull’aldilà erano legate a credenze di carattere ctonio – riconducibili ai culti funerari agrari – secondo le quali il defunto veniva associato ai cicli agricoli e identificato con Osiride, il dio dell’oltretomba. Già nel IV millennio a.C. alcuni defunti venivano sepolti sotto un semplice tumulo circolare (o ovale) in posizione fetale, al fine di favorire l’unione del defunto con la terra affinché potesse rinascere, proprio come accadeva ai cereali.

Durante la cosiddetta dinastia zero, o periodo predinastico (3200-3000 a.C. circa), le forme di sepoltura cambiarono gradualmente, dando origine alle mastabe, costruzioni più complesse che mantenevano lo stesso principio dei tumuli.

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Durante l’Antico regno, nella regione settentrionale di Menfi, e in particolare a Eliopoli, si sviluppò il culto del dio solare Ra. Si trattava di una divinità nuova per i re provenienti da Abido, nel sud del Paese, e in un certo senso, opposta ai culti funerari agrari dedicati al dio Osiride. Ra regnava dall’alto, dal cielo, lontano dalla terra. Progressivamente il dio-falco Horus, divinità celeste con cui s’identificavano i faraoni egizi, si accostò al dio solare assumendone sia i poteri sia le prerogative.

L’espansione del culto solare probabilmente influenzò la costruzione delle mastabe di Saqqara. Mentre le tombe erette ad Abido avevano pareti lisce, erano molto più basse, con tetto a volta e non erano visibili dalla zona coltivata, le mastabe di Saqqara erano ben visibili dalla valle del Nilo, essendo state costruite proprio sul bordo dell’altopiano desertico. Questo effetto non sembra casuale: se le prime riflettevano “l’invisibilità” dei culti agrari ancestrali, le seconde sembrano invece richiamare “la visibilità” del sole e dei culti solari.

Una scala verso il cielo

Come abbiamo detto, la piramide di Djoser dimostrò il profondo legame con il culto solare. La sua forma a gradoni potrebbe essere interpretata come una scala ideale che permetteva al faraone di ascendere al cielo, secondo la nuova tradizione solare. Nei Testi delle Piramidi (formule magico-religiose e rituali incise sulle pareti delle piramidi a partire dalla fine della V dinastia) si legge che «una scala è stata innalzata verso il cielo affinché il re possa salire su di essa». Sarebbe proprio questo il ruolo della piramide a gradoni, che permette di ascendere verso l’eternità celeste.

Tuttavia, nella piramide di Djoser si conservavano ancora tracce dell’ancestrale influenza ctonia, che agevolavano il passaggio del defunto all’aldilà attraverso la sua unione con la terra. Il monumento di Djoser poteva dunque essere considerato come una riproduzione in pietra della collina primordiale, o Benben, il luogo da cui, secondo gli antichi egizi, ebbe origine il mondo all’inizio dei tempi.

In un altro passo dei Testi delle Piramidi, il momento della creazione viene descritto con queste parole: «Oh, Atum-Khepri! Ti sei alzato dal tumulo primordiale e ti sei elevato dal Benben, dalla casa dell’uccello Benu a Eliopoli!». La frase allude al fatto che il dio solare, nel suo ruolo di creatore (Atum-Khepri), ascende dalla collina primordiale (Benben), proprio come l’uccello benu appariva sulla sommità di questa come simbolo del grande dio solare. Il benu, la fenice degli egizi, fu il primo essere a prendere vita secondo la cosmogonia (o mito della creazione) eliopolitana.

Da mastaba a piramide

La struttura architettonica della piramide di Djoser, insomma, è una testimonianza delle differenti credenze legate all’aldilà. Sembra che il monumento sia stato costruito in cinque o sei fasi.

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Durante le prime tre la tomba del faraone aveva la forma di una mastaba in pietra a pianta rettangolare, che, progressivamente, venne ampliata e allungata verso ovest. Nelle altre due fasi la struttura continuò a crescere in estensione e in altezza, fino a formare una piramide costituita da quattro gradoni. Finalmente, nell’ultima fase, i gradoni sarebbero diventati sei. A differenza delle piramidi costruite in epoca successiva, che avrebbero presentato la tipica pianta quadrata, quella di Djoser conservò la forma rettangolare propria della mastaba originaria.

I blocchi di calcare che si sono staccati dalla facciata meridionale della piramide permettono di osservare l’interno, dove si distinguono gli ampliamenti aggiunti alla mastaba originaria, così come alcune delle successive fasi costruttive che diedero forma alla parte visibile della dimora eterna di Djoser. La parte sotterranea del complesso, costituita da ambienti e corridoi interconnessi, mostra che il monumento fu concepito come una mastaba dotata di un grande pozzo, sul fondo del quale si trovava la camera funeraria, coperta da enormi lastre di granito e circondata da un labirinto di corridoi e camere laterali.

Una tomba doppia?

Un altro aspetto innovativo della piramide di Djoser è che venne inserita all’interno di un complesso delimitato da un ampio muro rettangolare di pietra, decorato con rientranze e sporgenze che riproducevano la decorazione della facciata del palazzo reale di Menfi. All’interno si apriva un ampio cortile nel quale furono costruiti i padiglioni del Nord e del Sud – rappresentazione del potere politico sull’Alto e sul Basso Egitto (rispettivamente la valle del Nilo e il suo delta) – insieme a cappelle e segni territoriali utilizzati durante il rituale dell’heb-sed, una cerimonia di rigenerazione in cui il re rinnovava le proprie forze cosmiche. Ma ciò che sorprende di più è la costruzione di una seconda tomba con la forma di una mastaba tradizionale, la cosiddetta tomba del sud.

Djoser ebbe dunque due sepolcri separati da pochi metri l’uno dall’altro. Allineate lungo un asse nord-sud, seguendo il corso del Nilo, le due tombe sembrano riflettere la duplice regalità del sovrano in quanto re dell’Alto Egitto (mastaba del sud) e del Basso Egitto (piramide a gradoni del nord). La piramide a gradoni, dunque, rivela numerosi indizi sulla concezione dell’aldilà nell’antico Egitto.

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