Europa - Rischio immigrazione e terrorismo
- Roberto Roggero
- 29 lug
- Tempo di lettura: 3 min

Wael Almawla - I rischi dell’immigrazione e del terrorismo in Europa sono una realtà sotto gli occhi di tutti, tra il diritto d’asilo e le paure per la sicurezza. E’ il dilemma del secolo europeo: l’umanità di fronte alla paura.
L’Europa vive da anni una condizione di tensione cronica tra i suoi impegni etici e umanitari verso i rifugiati e le sue crescenti preoccupazioni per la sicurezza. L’immigrazione, che rappresenta una delle espressioni più rilevanti della globalizzazione moderna, non è più vista da molti europei come una semplice questione umanitaria, ma come un dossier di sicurezza complesso dove si intrecciano interno ed esterno, storia e geografia, religione e politica.
Gli attentati terroristici che hanno colpito Parigi, Bruxelles e Berlino hanno riportato alla ribalta una domanda antica ma ancora irrisolta: le frontiere europee sono diventate troppo aperte? E il continente è davvero in grado di sopportare questo “flusso umano” proveniente da un sud globale devastato da guerre e crolli?
Quando la sofferenza diventa minaccia
È innegabile che una grande parte dei rifugiati sia fuggita da morte e distruzione, meritando protezione e sostegno. Tuttavia, il pericolo non risiede nella stragrande maggioranza di loro, bensì nelle eccezioni che hanno sfruttato i canali dell’asilo per infiltrarsi nelle società europee come moderni cavalli di Troia.
In questo contesto, diversi rapporti di sicurezza europei indicano che alcune organizzazioni estremiste – come l’ex Stato Islamico – abbiano utilizzato l’immigrazione come copertura per inviare i propri membri in Occidente, approfittando del caos generato dalle ondate migratorie da Siria, Iraq, Afghanistan e Libia.
Le società europee: pluralismo e conflitto identitario
Il pericolo non si limita agli attacchi terroristici diretti, ma si estende anche ai conflitti identitari all’interno delle città europee. In molti quartieri periferici di Parigi, Londra, Amsterdam e Marsiglia, l’identità europea è sottoposta a un processo di “lenta disgregazione”, con la nascita di comunità parallele che vivono in isolamento culturale e rifiutano l’integrazione.
Queste enclave chiuse generano, in alcuni casi, ambienti fertili per il radicalismo religioso o l’anarchia sociale, contribuendo all’erosione del patto sociale europeo tradizionale.
L’ascesa dell’estrema destra: reazione o minaccia condivisa?
Paradossalmente, il terrorismo non ha spinto l’Europa verso una riflessione pacata, ma l’ha indirizzata verso un irrigidimento politico. I partiti di estrema destra sono cresciuti, traducendo il discorso sull’“identità pura” e sul “recupero della sovranità” in politiche escludenti e razziste.
Così, il rifugiato innocente – in fuga dalle guerre – diventa vittima due volte: prima nel proprio Paese e poi nei Paesi d’asilo, che iniziano a guardarlo con sospetto e paura.
Verso un equilibrio giusto: sicurezza senza tradire i valori
La vera sfida per l’Europa non è chiudere le frontiere, ma aprire le menti. Non si tratta di rifiutare l’immigrazione, ma di organizzarla. Non di ignorare le minacce, ma di affrontarle con saggezza e trasparenza. Non di cedere al populismo, ma di difendere l’essenza del progetto europeo: pluralismo, dignità umana e democrazia.
L’Europa, che ha superato due guerre mondiali e ha resistito al nazismo e al fascismo, può – se lo vuole – trovare un nuovo equilibrio che protegga la sicurezza senza rinunciare alla sua coscienza morale.
Conclusione: dopo lo shock, la consapevolezza?
Immigrazione e terrorismo non spariranno presto dal panorama europeo, ma il modo in cui l’Europa sceglierà di affrontarli definirà il suo futuro. Tra paura e tolleranza, isolamento e accoglienza, chiusura e apertura… il continente si trova a un bivio.
L’Europa sceglierà di essere un continente di fortezze…o di ponti?
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