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Gaza – Dopo il cessate-il-fuoco, riprendere il dialogo

Roberto Roggero – La tregua stabilita fra Hamas e Israele, dopo 11 giorni di guerra, grazie alla mediazione egiziana, era di certo un passo necessario, ma garantisce comunque una pace provvisoria. Nessuno può sapere se il fuoco sotto la cenere esploderà nuovamente fra una settimana, un mese, un anno. E' quindi necessario bloccare definitivamente questo circolo vizioso, che produce solo morte e distruzione, e l'unico modo per farlo è portare al tavolo della discussione tutte le parti coinvolte, perché riprendano il processo di pace interrotto anni fa. Più si attende, più sarà difficile ridare speranza alla Road Map di Oslo.

Le condizioni di un negoziato oggi non esistono, né sul fronte israeliano, in assenza di un governo stabile e considerata la deriva verso l’estrema destra, né sul fronte palestinese, diviso al suo interno. Lo status quo, però, è insostenibile, e non genera rassegnazione, ma frustrazione e collera.

In passato Israele ha negoziato con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, l’OLP di Yasser Arafat, un’azione all’epoca vietata dalla legge israeliana, e quindi esistono reali possibilità di riprendere una trattativa. Insomma, siamo al punto di dover raccomandare “chi ha più giudizio, lo usi”. Quali possono essere gli argomenti per dialogare con Hamas? Al momento la domanda è retorica, soprattutto dopo gli ultimi sviluppi. Hamas è tuttora considerata un’organizzazione terrorista, ma la pace si fa con i nemici, non con gli amici. In Afghanistan gli Stati Uniti hanno negoziato con i Talebani, responsabili di atrocità indicibili.

La trattativa è indispensabile quando non si riesce a vincere e quando le parti stesse si auto-alimentano con le soluzioni provvisorie.

Da anni gli osservatori più attenti sottolineano l’esistenza di fazioni opposte in seno alla stessa struttura di Hamas: quella “diplomatica” e quella che invece sostiene la lotta armata. Negli ultimi anni Hamas ha fatto piccoli passi per allontanarsi dalla sua posizione iniziale, che puntava alla scomparsa di Israele. Il movimento islamista aveva perfino accettato di partecipare alle elezioni previste nel quadro degli accordi di Oslo, contro i quali peraltro si era schierato all’epoca della firma. Eppure le elezioni di quest’anno sono state annullate da Abu Mazen, a quanto pare proprio perché Hamas avrebbe potuto ottenere un buon risultato.

Negli ultimi anni diverse voci si sono levate per spingere Hamas ad abbandonare la violenza e diventare una forza politica a tutti gli effetti, ma non è stato possibile, ma una volta che sarà cessato il rumore delle armi bisognerà porsi la domanda sul “dopo”, cercando in tutti i modi di scongiurare scontri che non farebbero altro che alimentare l’odio e le violenze di domani.

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