Gaza - Il fermo forzato in Israele di Greta Thunberg
- 11 giu
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 12 giu

Maddalena Celano (Assadakah News) - Greta Thunberg: da simbolo climatico a voce globale per i diritti umani, bersaglio di odio e vittima di un'ingiustizia
Greta Thunberg è tornata a casa, ma il suo viaggio non è stato un semplice rientro. È stato un passaggio traumatico e simbolico attraverso uno dei conflitti più complessi e drammatici del nostro tempo. Da Gaza a Stoccolma, passando per un fermo forzato in Israele, la giovane attivista ha vissuto in prima persona ciò che significa schierarsi apertamente con chi non ha voce. Un’esperienza che segna un nuovo, doloroso capitolo della sua vita pubblica e personale, in cui si intrecciano idealismo, militanza e repressione.
A 22 anni, Greta non è più solo l'adolescente con il cartello "Skolstrejk för klimatet" seduta davanti al Parlamento svedese. È cresciuta sotto gli occhi del mondo, attraversando le piazze e i consessi internazionali con una lucidità che pochi adulti hanno avuto il coraggio di eguagliare. Ma, con la maturità, è cresciuto anche il prezzo da pagare. Greta è oggi una figura globale di coscienza civile, una testimone scomoda capace di portare la sua voce dove regna il silenzio, dove la verità è soffocata, dove l’indifferenza è mortale.
Per questo è finita, ancora una volta, nel mirino del potere. E della disinformazione.
Un viaggio per la libertà, interrotto dalla forza
Il 10 giugno 2025, Greta Thunberg era a bordo della Freedom Flotilla, una missione internazionale nata per portare aiuti simbolici e materiali alla popolazione di Gaza, sottoposta da anni a un durissimo blocco. La sua presenza sulla nave non era né casuale né strumentale: era una scelta precisa, coerente con i suoi valori e con la volontà di denunciare ciò che considera un’emergenza umanitaria ignorata dalla comunità internazionale.
Il convoglio pacifico non ha mai raggiunto la sua meta. In acque internazionali, ben prima di toccare la costa, è stato intercettato e abbordato da unità militari israeliane. Senza alcuna base legale riconosciuta dal diritto internazionale, gli attivisti a bordo – tra cui Thunberg – sono stati prelevati e trasportati in territorio israeliano, dove sono stati detenuti e, per alcuni, deportati.
“Siamo stati portati lì illegalmente contro la nostra volontà”, ha dichiarato Greta al suo rientro in Svezia. Non si tratta solo di un’osservazione giuridica, ma della denuncia di una violazione dei diritti fondamentali, in un contesto in cui la solidarietà è trattata come minaccia.
Un bersaglio costruito ad arte
Da anni, Greta Thunberg è oggetto di una campagna sistematica di denigrazione. Ambienti complottisti, politici estremisti e opinionisti populisti la attaccano con ossessione, cercando di sminuirne l’autenticità, banalizzarne il messaggio, ridicolizzarne l’impegno. Viene accusata di essere "manovrata", "strumentalizzata", "usata" da oscure lobby. E quando osa toccare temi sensibili come la guerra, la Palestina o le ingiustizie globali, gli attacchi si fanno ancora più feroci.
Ma questi tentativi di screditarla non sono semplici divergenze d'opinione: sono veri e propri meccanismi di delegittimazione, finalizzati a neutralizzare una delle voci più influenti del dissenso contemporaneo. Una voce che non accetta il compromesso con l’ingiustizia, che chiama le cose con il loro nome. Una voce che, ancora oggi, disturba chi preferisce il silenzio complice.
La scelta del rischio
Scegliere di salire su quella nave significava accettare un rischio reale: quello dell’arresto, dell’espulsione, della repressione. Ma significava anche un atto di fedeltà a un principio etico profondo: stare dalla parte degli oppressi, anche quando è impopolare farlo. Greta non ha agito per protagonismo. Ha agito per coerenza. Ha prestato il suo corpo, la sua visibilità e il suo nome a una causa che troppe persone fingono di non vedere.
Il suo gesto ha acceso i riflettori su ciò che accade ogni giorno nella Striscia di Gaza, ma anche sulla criminalizzazione della solidarietà. In un mondo in cui aiutare può diventare reato, il coraggio di chi disobbedisce pacificamente alle ingiustizie è più che mai essenziale.
“Siamo stati portati lì illegalmente contro la nostra volontà”, ha detto al suo arrivo a Stoccolma. Parole lucide, nette, che denunciano una violazione del diritto internazionale e il trattamento subito da parte di uno Stato che non tollera neppure forme di dissenso non violento.
La macchina del fango
Mentre affrontava l’arresto, in rete si scatenava la consueta macchina del fango. Greta Thunberg è da anni oggetto di attacchi feroci da parte di ambienti complottisti, negazionisti e ultraconservatori. Viene etichettata come “manovrata”, “esibita”, “strumentalizzata”. Le sue azioni pacifiche vengono derise, la sua figura pubblica distorta da fake news che cercano di screditare ogni sua presa di posizione.
Eppure Greta non si è mai fermata. Ha denunciato le violazioni ambientali, le disuguaglianze, i crimini di guerra, l’ipocrisia delle cancellerie internazionali. Lo ha fatto con una fermezza rara, con un linguaggio diretto e morale che smaschera la complicità del silenzio. Lo ha fatto, ancora una volta, anche in questo viaggio rischioso, consapevole del prezzo da pagare.
Una voce per chi non può parlare
“Ciò di cui ho paura è che la gente rimanga in silenzio mentre si sta compiendo un genocidio”, ha detto dopo il rilascio. Non sono parole leggere. Sono parole che testimoniano una coscienza civile ormai matura, pronta a confrontarsi con le ingiustizie più gravi del nostro tempo.
Greta Thunberg è stata privata della libertà, intimidita, ma non piegata. L’arresto e la deportazione sono l’ennesima dimostrazione di come il potere reagisca quando qualcuno osa mettere in discussione la narrazione dominante. E la sua voce, oggi, vale ancora di più perché non parla solo per se stessa: parla per chi è sotto assedio, per chi non ha visibilità, per chi subisce in silenzio.
Un simbolo da difendere, non da odiare
L’odio contro Greta non è casuale. È il riflesso di una società che preferisce attaccare il messaggero piuttosto che ascoltare il messaggio. Ma l’ingiustizia subita in Israele mostra chiaramente da che parte sta la verità: da quella dei diritti, della legalità, della solidarietà.
Oggi più che mai, Greta Thunberg rappresenta un simbolo scomodo ma necessario. Un esempio di coraggio civile, in un mondo che ha sempre più bisogno di verità, giustizia e umanità.







Commenti