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Gaza - "Soleterre": mancano farmaci chemioterapici

  • 24 lug
  • Tempo di lettura: 2 min
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Elisabetta Pamela Petrolati (Assadakah News) - L’emergenza a Gaza assume sempre più i tratti di una carneficina e di un accanimento delittuoso oltre ogni limite dell’immaginazione umana.

 

“Non sembrano bastare le terribili condizioni di assedio in cui vivono da circa due anni i bambini e le famiglie in Palestina con i conseguenti traumi per lo sviluppo affettivo, cognitivo e relazionale degli adulti di domani. A questo, infatti, si aggiunge il pericolo più grande: non avere accesso alle cure mediche essenziali” - ha denunciato Damiano Rizzi, Presidente di Soleterre e psiconcologo.

Soleterre è una ONG che nasce nel 2002 per tutelare il benessere psicologico e fisico delle persone in ogni parte del mondo. In particolare , quelle che vivono un trauma a causa di guerra, malattia, povertà, emarginazione. Attraverso un network di oltre sessanta psicologi interviene in reparti di oncologia pediatrica e nel mondo per sostenere le famiglie durante tutto il percorso di malattia e assiste la popolazione vittima di guerre e crisi umanitarie con supporto psicologico d’emergenza.

Attualmente, in tutta la Cisgiordania - ha continuato Rizzi - il Beit Jalal Hospital è l’unico a ospitare un reparto di oncologia pediatrica rifornito di farmaci necessari, mentre gli altri due reparti della regione, Istishari Arab Hospital di Ramallah e Al Najah University Hospital a Nablus, hanno difficoltà a reperirli”.

Per Soleterre le cure non devono essere mai interrotte nelle situazioni di emergenza, ecco perché con la guerra in Ucraina prima e in Palestina poi, sostiene gli ospedali in difficoltà e le persone che affrontano il duplice trauma della guerra e della malattia. In oltre venti anni di lavoro l’OGN ha assistito oltre 400mila persone nel mondo.

Un atto decisivo e altamente significativo è venuta anche dall’Assemblea di Facoltà di Ingegneria Civile e Industriale dell’Università La Sapienza di Roma, infatti, in un documento, ha denunciato la “persistente violazione dei diritti umani in Palestina” e “L’allarmante processo di riarmo europeo”. Nel documento la Facoltà si è assunta l’impegno di “contribuire alla ricostruzione dei territori palestinesi più colpiti e rafforzare il sistema universitario palestinese”, rompendo al contempo “ogni forma di sostegno alla politica di occupazione illegale condotta dallo Stato di Israele”, con particolare attenzione al ruolo delle istituzioni accademiche.

Il Comitato promotore dell’Università intende “attivare iniziative di visiting professorship esclusivamente destinate a docenti provenienti dalle università palestinesi, in particolare da quelle istituzioni distrutte o gravemente danneggiate dai bombardamenti israeliani”. Nell’ambito di questo intervento sono previste misure a sostegno “del diritto allo studio di studenti e personale tecnico palestinese mediante percorsi formativi in presenza e a distanza e borse di studio analoghe con doppio titolo e iniziative specifiche per garantire la continuità del perccorso tecnico-scientifco delle donne colpite dalle aggressioni militari”.

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