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Il confine sottile tra sicurezza, libera parola e pregiudizio

  • 24 minuti fa
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Maddalena Celano (Assadakah News)


📢 Il Caso dell'Imam di Torino: Un Confine Sottile tra Sicurezza, Libera Parola e Pregiudizio


La vicenda dell'espulsione di Mohamed Shahin, imam della moschea "Omar Ibn Al Khattab" di Torino, non è solo una cronaca giudiziaria: è il punto di massima tensione nel dibattito pubblico italiano sulla sicurezza, l'islamofobia e la libertà di espressione politica.


I Fatti al Centro della Contesa


La notizia è esplosa il 25 novembre 2025. Il provvedimento di espulsione contro Shahin è stato motivato da "ragioni di sicurezza" a seguito delle dichiarazioni rilasciate dall’imam il 9 ottobre precedente, durante una manifestazione di solidarietà per la Palestina.

Le parole incriminate, riprese con forza dalla stampa regionale, sono state il vero innesco. TorinoOggi titolava in modo netto: "Il 7 ottobre non fu violenza", mentre RaiNews / Tgr Piemonte sintetizzava che l'Imam aveva definito l'attacco di Hamas una "reazione". In sostanza, Shahin aveva fornito un contesto storico e politico all’azione del 7 ottobre, inquadrandola come risposta all'occupazione, una posizione che le autorità hanno ritenuto incompatibile con la sicurezza nazionale.

L'imam è stato prelevato e trasferito in un Centro di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) in vista dell’espulsione verso l'Egitto, suo Paese d’origine.


La Sfida Legale: Rischio di Tortura Contro Sicurezza


Il caso si è subito trasformato in una battaglia legale sul principio di protezione internazionale. I legali di Mohamed Shahin hanno infatti presentato una richiesta di asilo, sostenendo che l'imam è un oppositore politico del regime egiziano e che il suo rientro forzato lo esporrebbe a un rischio reale di persecuzione e tortura.

L'avvocato Gianluca Vitale ha espresso la gravità della situazione con parole chiare alla stampa locale: "Se lui va in Egitto, sicuramente sarà torturato. Non sappiamo se sarà anche ucciso."

Qui sta il nodo cruciale sul piano legale: ogni Stato democratico deve bilanciare la propria necessità di sicurezza con l'obbligo, previsto dalle convenzioni internazionali, di non rimpatriare una persona verso un Paese dove la sua vita è a rischio (il principio di non-refoulement). L'esecuzione rapida del provvedimento prima di una valutazione accurata di questo rischio solleva seri dubbi sulla trasparenza procedurale.


L'Allarme Sociale: Islamofobia e Dissenso Politico


Al di là degli aspetti legali, il caso Shahin è un sintomo di una preoccupante tendenza: la securitizzazione del dissenso proveniente dalle comunità musulmane.

Quando un leader religioso arabo esprime una critica radicale alla politica estera o solidarietà alla causa palestinese, le sue parole vengono immediatamente amplificate e trasformate in un problema di sicurezza interna, spesso cavalcato dalla politica. Come evidenziato dalle dichiarazioni di Forza Italia riportate su Il Giornale del Piemonte, l'espulsione è stata celebrata come il ritorno della "legalità a Torino".

Le associazioni e i movimenti di solidarietà, come Torino per Gaza, hanno letto il provvedimento in chiave molto diversa, definendolo un atto di islamofobia istituzionale. Hanno sostenuto che l'unico "reato" dell'imam fosse la sua posizione politica e la sua influenza. Un commento apparso su Il Fatto Quotidiano ha colto questo punto centrale: "Questo non è sicurezza: è razzializzazione del dissenso. È un avvertimento politico a un'intera comunità: il diritto di parola non vale uguale per tutti."

Questa dinamica crea una "cittadinanza differenziata": la libertà di parola delle minoranze sembra essere condizionata al non-sconfinamento da temi ritenuti "sensibili" o "pericolosi" dall'autorità. È, in sostanza, un atto di silenziamento che riporta a logiche neo-coloniali di controllo sulle voci post-coloniali e dissenzienti.


Per un Dialogo Trasparente


La vicenda dell'imam di Torino ci costringe a riflettere su dove finisce la libertà di espressione e dove inizia la minaccia alla sicurezza. Le misure restrittive, specialmente quelle che mettono a rischio l'incolumità fisica di una persona, devono essere supportate da prove oggettive di pericolo concreto, non solo da interpretazioni politiche o retoriche.

È fondamentale:

* Garantire la piena trasparenza sulle procedure di espulsione e sulla gestione delle richieste di asilo.

* Distinguere chiaramente tra la condanna della violenza (che deve essere universale) e la criminalizzazione di un'opinione politica, per quanto scomoda.

* Contrastare l'islamofobia istituzionale e prevenire che la sicurezza diventi una scusa per l'esclusione di intere comunità dal dibattito civico.

Il caso Shahin è un monito: la sicurezza di uno Stato non può essere costruita sacrificando i diritti fondamentali e la democrazia.


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