Il Vescovo di Viterbo verso l’Armenia, alle radici della fede
- 20 giu
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Letizia Leonardi (Assadakah News) - Un viaggio inseguito a lungo, sognato forse da sempre. Per la prima volta, la diocesi guidata da S.E. Monsignor Orazio Francesco Piazza si appresta a partire per l’Armenia. La partenza è fissata per venerdì 5 luglio, data simbolica per un pellegrinaggio che non ha nulla di turistico, ma tutto di spirituale. “È come toccare l’Ararat”, confessa il vescovo, evocando la montagna sacra per eccellenza del popolo armeno, simbolo di una storia che unisce il dolore del martirio e la gloria della fede.
"Quando si insegue un sogno per una vita si teme poi di non poterlo più realizzare. Allora mi sono detto che si doveva mettere un punto fermo e andare”. Un bisogno che si fa chiamata dunque, un desiderio che diventa necessità: entrare in contatto con un popolo che ha saputo custodire la propria identità tra le pieghe del tempo, resistendo alla violenza, alla dispersione, all'oblio.
Non è un caso che, per accompagnarlo, abbia voluto alcuni sacerdoti. Monsignor Piazza sostiene che questo viaggio non è un itinerario, ma un ingresso in una civiltà.
“Ho costruito l’itinerario seguendo due coordinate – spiega il vescovo di Viterbo - quella spirituale, per accostarsi alla tradizione liturgica e alla profondità religiosa armena, e quella storico-culturale, per comprendere una nazione che ha conosciuto il martirio in forme molteplici. Nulla è lasciato al caso: ogni tappa è un approdo, ogni incontro una possibilità di entrare davvero nel cuore di questa terra”.
Un vescovo amico, che vive in Armenia, gli ha detto: “In Armenia non si può andare una volta sola. Le impressioni si sommano e richiedono più ingressi per diventare sintesi”. E proprio questa consapevolezza ha guidato la scelta di evitare un itinerario turistico, in favore di un approccio più profondo e autentico.
E quando a Monsignor Piazza si chiede se pensa che gli armeni siano dimenticati dal Vaticano, lui dissente.
“Un popolo dimenticato dal Vaticano? – dichiara il Vescovo - Non mi sembra. Alcuni Papi sono stati i primi a pronunciare la parola genocidio riferita agli armeni. Papa Francesco lo ha definito il primo del XX secolo. Certo, usare questa parola ha conseguenze nei rapporti tra Stati, ma ciò non deve togliere nulla alla verità”. E ricorda il sostegno della Chiesa in occasione di eventi recenti, come le guerre e i terremoti, tramite la Caritas.
“Il problema è anche mediatico – osserva – perché oggi tutto passa dalla visibilità. Ma è la conoscenza diretta che conta. Ed è proprio in questa direzione che si colloca il viaggio: conoscere dal vivo, comprendere, testimoniare. Un viaggio verso il cuore del cristianesimo.
L’aspettativa è quella di un viaggio che possa riportarci alle radici del cristianesimo, che in Armenia ha trovato una sua stabilizzazione statuale già nel IV secolo". Ma non solo. Monsignor Piazza vuole comprendere il senso profondo di una fede che ha resistito a tutto, “perché oggi viviamo in un mondo che ha perso l’identità”.
La figura di San Gregorio Illuminatore, simbolo della trasmissione del Vangelo come criterio di vita, diventa per lui chiave di lettura della realtà armena: “Non è curiosità, ma desiderio di andare al cuore di un’identità che ha saputo mantenersi fedele a se stessa nonostante tutto”.
Contro la frammentazione, la forza di una memoria viva. In un’epoca dove tutto tende a frantumarsi e a banalizzarsi, il vescovo cerca nell’Armenia un modello di resilienza spirituale, sociale e culturale. Un’esperienza che, ne è certo, lo arricchirà moltissimo.
Non resta che partire, con lo sguardo rivolto alla vetta. Non solo quella dell’Ararat, ma quella interiore, dove si annida il senso ultimo del pellegrinaggio: ritrovare sé stessi incontrando l’altro, scoprire la propria fede ascoltando quella di un popolo che l’ha custodita come un fuoco sacro.
(Foto di Avvenire)







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