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Iran e Israele: l' orlo del baratro

Aggiornamento: 18 giu



All’incrocio del fuoco: Iran e Israele sull’orlo della guerra o di una pace imposta con la forza?


Maddalena Celano (Assadakah News) - Mentre il cielo di Tel Aviv è attraversato da ondate di missili e i caccia israeliani rombano sopra Teheran, il Medio Oriente si trova nuovamente sull’orlo del baratro. L’ultima escalation tra Iran e Israele non è una semplice fiammata retorica o un rituale scambio di colpi. È l’inizio di una fase potenzialmente decisiva per gli equilibri regionali – e globali.

Dietro i droni iraniani che confondono le difese israeliane e le risposte aeree dello Stato ebraico, si agitano le diplomazie mondiali. Gli Stati Uniti, la NATO, la Russia, la Cina e le monarchie del Golfo sono coinvolti, ognuno con i propri interessi e le proprie contraddizioni. Il destino della regione potrebbe dipendere da una scelta: guerra senza limiti o una pace imposta da potenze esterne?



Quartiere di Tel Aviv bombardato da missili iraniani



Missili ad alta precisione e debolezze israeliane


Il recente attacco iraniano non ha avuto nulla di simbolico: è stata un’operazione sofisticata, segno tangibile di un cambio negli equilibri della deterrenza. Missili balistici come gli “Emad” e gli ipersonici di nuova generazione hanno perforato le difese della celebre “Cupola di ferro” israeliana, colpendo infrastrutture chiave come l’Istituto Weizmann e centrali elettriche.

L’utilizzo massiccio dei droni “Arash” ha evidenziato la capacità iraniana di saturare le difese e disorientare i radar israeliani. Non è più solo una guerra di propaganda, ma una sfida strategica reale, condotta con armi di nuova generazione e un’intelligence accuratamente coordinata.


Discorso della guida suprema Ayatollah Ali Khamenei

Israele: crisi interna e pressione diplomatica


I danni riportati da Israele non si limitano al campo militare: il paese è attraversato da una crisi politica, con dimissioni ai vertici della sicurezza e crescenti pressioni popolari. Tel Aviv ha chiesto rinforzi urgenti al Pentagono, ma l’appoggio incondizionato di Washington non è più garantito come un tempo.

Il nodo cruciale è se Israele sia in grado – o disposto – a sostenere una lunga guerra di logoramento. Oppure se, schiacciato da pressioni interne e internazionali, dovrà accettare un compromesso imposto.


Il Golfo cambia posizione: la svolta saudita


Una delle novità più rilevanti è il cambio di tono dell’Arabia Saudita. Il principe ereditario Mohammed bin Salman ha espresso solidarietà all’Iran, condannando apertamente gli attacchi israeliani e invocando il ritorno al dialogo. Un gesto che rompe con decenni di ostilità implicita e potrebbe segnare una nuova era nei rapporti Teheran-Riyadh.

La posizione saudita, seppur ancora ambigua, suggerisce un possibile spostamento dell’asse strategico del Golfo: da spettatore passivo a potenziale mediatore regionale. L’Arabia Saudita si propone così come garante della stabilità, in un momento in cui l’egemonia americana nella regione vacilla.


Dietro le quinte: le potenze globali al bivio


Washington appare paralizzata tra due opzioni: intervenire direttamente – rischio calcolato ma potenzialmente disastroso – o restare in posizione defilata, minando però la credibilità davanti agli alleati. La Gran Bretagna ha elevato il livello di allerta e la NATO è in osservazione, ma un attacco a interessi comuni nel Golfo potrebbe cambiare lo scenario in poche ore.

Mosca e Pechino osservano e manovrano: la Russia tramite canali militari e la Cina attraverso leve economiche nei Paesi del Golfo. Entrambe potrebbero sostenere un’iniziativa diplomatica multilaterale per un cessate il fuoco, inclusiva di negoziati sul nucleare iraniano e una ridefinizione del ruolo regionale di Teheran.


Una guerra su più fronti


La complessità del conflitto è resa evidente dal coinvolgimento di attori non statali e da dinamiche transfrontaliere:

  • In Siria, la Turchia ostacola i voli israeliani nel nord del Paese, agendo come ago della bilancia tra NATO e interessi islamici.

  • Dallo Yemen, i missili Houthi si sincronizzano con le operazioni iraniane.

  • Il sorprendente sostegno politico-militare del Pakistan all’Iran aggiunge un ulteriore fronte, proiettando l’instabilità fino al subcontinente asiatico.


Scenari futuri: tra guerra totale e pace imposta


Le opzioni sul tavolo sono tutte drammatiche:

  1. Escalation aperta, che rischia di infiammare l’intero Medio Oriente fino al Mediterraneo orientale.

  2. Guerra di logoramento, dove nessuna parte vince e tutti perdono.

  3. Accordo internazionale imposto, forse con mediazione russo-cinese e garanzia saudita, per congelare il conflitto e avviare un negoziato globale.


Conclusione: tra fuoco e tempesta


Il Medio Oriente si trova all’incrocio del fuoco. La scintilla potrebbe diventare incendio incontrollabile, oppure essere soffocata da una diplomazia globale finalmente determinata.

Tuttavia:

  • Gli Stati Uniti devono decidere se restare egemoni o diventare spettatori.

  • L’Europa e la NATO dovranno dimostrare se sono ancora rilevanti nella gestione della sicurezza energetica e strategica.

  • Il Golfo, con l’Arabia Saudita in testa, può forse giocare un ruolo da equilibratore e facilitatore.

Nel vuoto lasciato dall’indecisione occidentale, nuove potenze si affacciano con il loro peso. Ma se non si troverà un punto di equilibrio, il rischio di una guerra regionale – dagli esiti imprevedibili – è più concreto che mai.



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