top of page

L’Iran dopo Assad: strategia di deterrenza senza Damasco

  • 16 ore fa
  • Tempo di lettura: 3 min
ree

Wael Almawla - La caduta del regime di Assad non è stata una semplice tappa nel corso della guerra siriana, ma un vero e proprio terremoto strategico che ha colpito al cuore gli equilibri regionali. Con il trasferimento del potere a Damasco, Teheran ha perso la più importante base terrestre di influenza, che per decenni le aveva consentito di mantenere un corridoio militare e logistico verso il Libano, la Palestina e il Mediterraneo.

In mezzo a questa trasformazione, le dichiarazioni dell’ex comandante dei Guardiani della Rivoluzione iraniana, il generale Mohammad Ali Jafari, emergono come una chiave per comprendere la fase che l’Iran sta vivendo oggi. Jafari ha parlato con un’insolita franchezza degli errori commessi nel rapporto con Assad e di una nuova fase di “deterrenza senza un alleato centrale”, in cui Teheran ridefinisce la propria influenza regionale e le regole d’ingaggio con Israele e gli Stati Uniti.

Dalla protezione di un regime alla protezione di un progetto

Durante l’era di Assad, l’Iran combatteva per proteggere un regime alleato dotato di forza militare — esercito, depositi d’armi, basi in profondità — e di una piena legittimità politica nei consessi internazionali.

Oggi lo scenario è cambiato: Damasco non è più la porta del “fronte della resistenza”, ma un confine chiuso davanti ad esso. Tuttavia, le dichiarazioni di Jafari confermano che l’influenza dell’Iran non dipende da una capitale né da un regime, ma da un progetto che si estende dallo Yemen all’Iraq, fino al Libano e a Gaza.

È una nuova formula di deterrenza: non più grandi eserciti o controllo territoriale, ma reti e assi multipli, connessi anche se geograficamente distanti.

La “deterrenza asimmetrica”

Al centro di questa fase emerge un nuovo concetto di deterrenza, riassumibile in un’equazione semplice: “Un effetto strategico rilevante… con mezzi minimi che non portano a una guerra totale.”

I suoi principali strumenti sono missili di precisione, droni, deterrenza navale, minaccia alle rotte energetiche, guerra cibernetica e informatica, oltre alla pressione esercitata attraverso teatri alternativi — Yemen, Iraq, Libano e altri.

Sembra che l’Iran non voglia la grande guerra ora; vuole che i suoi nemici sentano che essa è sempre possibile.

La nuova Siria: un avversario e relazioni interrotte

Con il cambiamento di regime a Damasco, l’Iran ha perso un partner fondamentale e si trova di fronte a una nuova realtà:

il progetto della nuova autorità siriana non si allinea né con la visione iraniana né con l’eredità della presenza di Teheran in Siria.

Questo spinge l’Iran su due percorsi paralleli: Rientrare in Siria, anche solo formalmente, attraverso Qatar, Turchia o canali d’influenza indiretti e non dichiarati; oppure compensare la perdita di Damasco con un coordinamento più profondo tra gli altri fronti della resistenza, mantenendo droni e capacità missilistiche attivi ai margini della Galilea, del Mediterraneo e dell’Eufrate.

Evitare la guerra totale

Oggi l’Iran si trova su una linea sottile: mostrare la propria forza senza scoprire il fianco, reagire senza aprire la porta alla guerra totale, conservare le proprie carte senza sprecarle. È, in sostanza, la strategia del tempo come arma: un’escalation calcolata, un’attesa prolungata e un nemico che sanguina lentamente.

Damasco non è più nel fronte della resistenza… ma la battaglia non è finita

La caduta di Assad non ha cancellato l’influenza iraniana, ma le ha tolto il lusso dell’espansione agevole.

L’Iran non può più contare su uno “Stato alleato”, ma su un progetto di resistenza frammentato, eppure altamente efficace.

Il generale Jafari è stato chiaro: l’Iran combatterà dal mare, dall’aria e dal dominio informativo…ma non più da Damasco.

La nuova Siria si trova di fronte a una doppia sfida: consolidare la propria legittimità nazionale e impedire che un conflitto regionale prolungato venga combattuto sul suo territorio. E mentre Israele lancia un nuovo attacco o l’Iran agita una nuova minaccia, il Medio Oriente scrive un nuovo capitolo della sua storia… senza Bashar al-Assad ma sotto l’ombra di una battaglia più grande, che non ha ancora detto la sua ultima parola.

Commenti


bottom of page