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M. O. - Fine dell' illusione multipolare?

“Fine dell’illusione: il mondo multipolare che non c’è”

Maddalena Celano (Assadakah News) - Per anni abbiamo alimentato l’idea, forse la speranza, di un mondo in transizione verso un ordine multipolare. Abbiamo creduto – e chi scrive lo afferma con coscienza autocritica – che l’imperialismo statunitense fosse giunto al tramonto, logorato da crisi interne, guerre fallite e dalla crescente assertività di nuove potenze come la Cina, la Russia, l’Iran, o l’emergente Africa. Abbiamo celebrato i BRICS, la Nuova Via della Seta, l’Organizzazione di Shanghai, l’Eurasiatismo, immaginandoli come architravi di un mondo nuovo, più giusto, più equilibrato.

I fatti degli ultimi mesi – anzi, degli ultimi anni – ci impongono di fare i conti con una realtà ben diversa. La narrazione del multipolarismo come orizzonte ineluttabile si sta infrangendo di fronte a una brutale riaffermazione della potenza americana e delle sue propaggini regionali, a cominciare da Israele. Il ritorno di Trump alla Casa Bianca, invece di segnare l’acme della crisi sistemica Usa, si è rivelato una strategia di rilancio imperiale, un “America First” che ha trovato nelle crisi globali – Ucraina, Medio Oriente, Asia-Pacifico – occasioni per riorganizzarsi e rilanciare la propria egemonia militare.


La deterrenza è morta?


C’erano una volta le “linee rosse”. Concetti come “mutua distruzione assicurata” o “deterrenza nucleare” avevano un potere quasi mistico, simboli di un equilibrio del terrore che garantiva, paradossalmente, una relativa stabilità. Oggi, assistiamo agli attacchi diretti – con armi convenzionali o cyber – a siti nucleari russi e iraniani, senza che questi inneschino una risposta paritaria, senza che si scateni il temuto “Armageddon”. Washington ha capito che può colpire, umiliare, dettare l’agenda. E lo fa, incurante del diritto internazionale, della Carta delle Nazioni Unite o del Trattato di non proliferazione nucleare. Lo fa perché può. E lo fa, soprattutto, perché nessuno glielo impedisce.


Il “mondo multipolare”, tra virgolette


Cina e Russia. Due giganti, certo. Due attori centrali dell’economia mondiale e della geopolitica. Eppure non disposti a reagire militarmente alle continue aggressioni unilaterali americane. L’Iran, formalmente alleato di entrambi, si è ritrovato completamente solo sotto i missili occidentali. Né Mosca né Pechino hanno fatto alcunché per contrastarli. Probabilmente perché già impegnati in altri fronti. Il sostegno è stato prevalentemente diplomatico, verbale, tardivo. La tanto decantata “alleanza strategica” tra questi paesi si è rivelata evanescente quando più serviva.

E che dire del resto del mondo? I paesi arabi, diversificati tra loro, assumono posizioni diverse, mentre davanti alle telecamere esprimono “preoccupazione” e “solidarietà” per l’Iran. Erdogan si prepara già a lucrare sul caos, ambendo alle aree iraniane abitate da popolazioni turcofone. Il Pakistan, dopo aver minacciato improbabili rappresaglie in difesa degli ayatollah, per il momento tace ancora .

Il multipolarismo, se esiste, è quantomeno impotente. E, finora, del tutto ininfluente.


La disfatta mediorientale e l’ombra lunga sull’Eurasia


La sconfitta dell’asse della resistenza in Medio Oriente – tra Siria, Libano, Iraq e ora Iran – non è solo una questione regionale. È il tassello di una strategia globale. Dopo aver neutralizzato (per ora) l’ipotesi di una continuità territoriale sciita o antimperialista, l’apparato bellico occidentale può essere trasferito sul fronte orientale. L’Ucraina, già trappola e logoramento per la Russia, rischia di diventare teatro di una nuova fase offensiva.

Mosca, dopo tre anni e mezzo di guerra e ritiro strategico in Siria e Iran, appare in difficoltà, accerchiata, isolata. La pace che si profila all’orizzonte sarà, con ogni probabilità, una pace dettata da Washington e Bruxelles, una pace punitiva, non equa.

E poi ci sarà Pechino. La madre di tutte le battaglie. Gli Stati Uniti non sembrano avere intenzione di attendere la fine della “partita economica”. Non credono – e non accettano – che il tempo sia favorevole alla Cina. Agiranno prima. Provocazioni a Taiwan, militarizzazione dell’Indo-Pacifico, guerra ibrida: le avvisaglie sono già presenti.


Cosa resta?



Resta una consapevolezza amara: l’illusione che il mondo fosse pronto a liberarsi dal giogo unipolare era una proiezione desiderante, non una diagnosi storica. Il multipolarismo, per esistere davvero, ha bisogno di coraggio, di rottura, di visione. Non basta la somma di economie emergenti, serve una volontà politica e militare autonoma, un’identità collettiva capace di imporsi. Per ora, tutto questo manca.

Eppure, la storia non è finita. La violenza dell’impero non è segno di forza, ma di paura. La reazione globale potrebbe ancora maturare, nei popoli prima che negli Stati. Ma bisogna guardare in faccia la realtà. Per costruire un mondo diverso, bisogna prima smascherare l’inganno di quello attuale.

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