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Medio Oriente - Uno scenario con molti misteri

Roberto Roggero - Mentre continua ad aumentare il drammatico bilancio della follia israeliana su Gaza e Cisgiordania, non pochi si chiedono cosa ci sia alle spalle di un avvenimento che ha sempre più aspetti oscuri, e non certo quell’alone di sorpresa che ha scatenato la situazione attuale. L’iniziativa di Hamas appare sempre meno inaspettata, anzi, organizzata fin troppo nei particolari, sulla base di una situazione venutasi a creare da sbilanciamenti diversi, fin dal 2003 con la guerra in Iraq e prima ancora in Afghanistan. I danni internazionali che ha causato l’amministrazione Bush sono ancora oggi densi di conseguenze, fino a un apice da dove poi è iniziato il progressivo ritiro e perdita di influenza, e il cambiamento di orientamento di Washington verso lo scacchiere asiatico, portato avanti dall’amministrazione di Barak Obama. Altri dann li ha poi fatti Donald Trump e la dottrina America First, nuovo isolazionismo, e ciliegina sulla torta il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele.

Di fatto, però, la decisione di spostare le priorità dal Medio Oriente all’Asia, Taiwan, Cina, Nord Corea, ha lasciato situazioni aperte senza soluzione, come in Afghanistan, Iraq, Yemen, Libia, Territori Palestinesi. Ci sono dei vuoti rimasti tali, come gli Accordi di Oslo. Da considerare poi l’importanza degli attori regionali, come Arabia Saudita, Iran, Paesi del Golfo, Paesi africani, molti dei quali in situazioni non certo pacifiche, vedi Sudan, Niger, Sahel, Corno d’Africa.

Quello che succede in Medio Oriente, dove il cuore dello scontro oggi è la Striscia Gaza e la Cisgiordania, fino a ieri erano lo Yemen e il Sudan in stallo, il Sahel, l’Africa occidentale. Di certo basilare, e proprio a causa del disorientamento, ha importanza fondamentale la ripresa dei rapporti bilaterali fra Regno dell’Arabia Saudita e Repubblica Islamica dell’Iran, che da parte sua ha potuto riaffermare il proprio ascendente in Iraq e di conseguenza riacquistare autorità a livello regionale. Il tutto sullo sfondo di base che è il contrasto fra sciiti e sunniti.

A Baghdad governa una politica sciita collegata a Tehran, collegata a sua volta a Damasco, quindi a Beirut e Hezbollah, senza dimenticare i rapporti fra governo yemenita in Arabia e movimento Houthi a Sanaa. Arabia Saudita ed Emirati del Golfo, hanno fatto causa comune, e hanno tentato di mediare nel delicato rapporto con Israele, ma i trattati che potevano preludere a un eventuale riavvicinamento sono ora congelati a causa dell’aggressione israeliana. Per Hamas questo riavvicinamento, prima con gli accordi di Abramo poi con trattative fra Tel Aviv e Riyadh, era comunque un rischio.

Hamas ha dimostrato di riunire comunque una parte notevole del popolo palestinese, anche se non ufficiale, poiché dimostra di avere numerosi seguaci, e non fa mistero di volere ciò che Israele vuole a sua volta nei suoi confronti.

Israele è decisa a distruggere Hamas, ma può farlo solo distruggendo anche Gaza e causando migliaia di vittime civili. A ciò si aggiungono le voci sugli obiettivi del governo sionista israeliano che di base ha intenzione di compiere un genocidio etnico.

La destra oltranzista ebraica, in questo gioco perverso, di fatto ha favorito proprio Hamas, allo scopo di delegittimare l’Autorità Palestinese internazionalmente riconosciuta, ovvero Fatah, e con questo svuotare di significato la Soluzione a Due Stati. DI fatto, proprio Netanyahu ha autorizzato una linea politica che ha permesso a Hamas di prepararsi a ciò che sta avvenendo, utilizzandolo come pretesto. Le migliaia di tonnellate di cemento necessarie a realizzare i tunnel sotto la Striscia non possono essere passate inosservate attraverso Gaza, così come i materiali e i mezzi di costruzione. Lavori per la costruzione di gallerie dove possono passare mezzi vari non possono passare inosservati.

Da oltre dieci anni i governi israeliani sono dominati dalla destra, e non hanno fatto alcuno sforzo per offrire una prospettiva ai palestinesi. L’ANP è stata delegittimata, e dopo decenni di violenze e abusi, fra i palestinesi si è diffusa la convinzione che la lotta sia l’unica via per ottenere risultati. Nel frattempo, la situazione degenera anche in Cisgiordania, dove l’esercito ha attaccato e occupato Jenin e i coloni sono scatenati in atti di violenza, con la copertura delle forze di occupazione e della polizia procedono le confische di terreni e proprietà, demolizioni, sfollamenti, irruzioni e arresti. Un continuo regime di frustrazione che è prepotentemente esploso.

Come finirà? E’ in corso una intensa attività diplomatica, ma Netanyahu appare irremovibile. Molto dice l'incapacità di ONU, USA ed Europa, qualcosa ormai a cui siamo abituati.

Sul campo, la situazione suggerisce che Israele voglia portare a termine un annientamento per poter decidere autonomamente cosa fare, mantenendo il diretto controllo della Striscia. Annientare non solo fisicamente, ma politicamente Gaza, per decidere chi governerà. Ipocritamente, Netanyahu propone due alternative: l’Autorità Palestinese o una coalizione di Stati arabi, l’atmosfera è talmente avvelenata che l’Autorità Palestinese non ha intenzione di assumersi la responsabilità di gestire Gaza su suggerimenti israeliani. Rimane l’alto rischio della guerriglia, del “terrorismo”, perché a questo punto Hamas continuerà la propria azione.

Da parte sua, Israele si vede in pericolo di fronte alla minaccia costituita dall’asse Tehran-Baghdad-Damasco-Hezbollah-Houthi. L’Iran non vuole uno scontro diretto, ma in questo caso, la rivalità è destinata a scontri come quello che sta avvenendo nella Striscia, e Israele dovrà affrontare a un certo punto oltre 5 milioni di palestinesi che vivono tra la West Bank e Gaza e non hanno né diritti, né futuro politico, né uno Stato. In tutto questo, l’unico dato certo è che così non può andare avanti a lungo.

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