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Miqati, Papa Francesco e le mancate riforme in Libano

Talal Khrais (Vaticano) – In discussione le tanto attese e non ancora attuate riforme per le condizioni in cui versa il Libano.

E’ arrivato oggi in Italia il primo ministro libanese, Najib Miqati, atteso domani, 24 novembre, in Vaticano per un’udienza con Papa Francesco. Il Premeir Libanese porta con se una delegazione numerosissima, in un momento cruciale per il Paese dei cedri, enorme spese di viaggio in un momento cruciale nel Paese dove ogni giorno muoiano gli innocenti per mancanza di farmaci, muoiano bambini in mancanza di ossigeno.

Secondo quanto affermano gli ambienti governativi il Premier e il pontefice parleranno della situazione dei rifugiati siriani ospitati in Libano (circa 1,7 milioni su una popolazione di 4 milioni di abitanti, palare della ricostruzione di scuole e ospedali, danneggiate o distrutte dopo la devastante esplosione al porto di Beirut del 4 agosto 2020, ma anche della grave crisi elettrica e che attanaglia il Libano, insieme alla cronica mancanza di carburante, argomento di stretta attualità visto anche l'inverno alle porte.

Giusto parlare di tutto ciò ma giusto dire anche che il Premier arriva a mani vuote, nessun passo in avanti per restituire la fiducia nel Paese. Tutt’ora continua il Paese di essere governato da una classe politica tra le più corrotte nel Mondo, una classe politica che impedisce con ogni mezzo le indagini per indentificare i responsabili dell’esplosione avvenuto nel porto di Beirut. Una classe politica che ostacola l’operato della missione di Alvarez & Marsal, a causa di ritardi o del mancato accesso a dati e conti, costringendo la società a tirarsi indietro, a novembre 2020 e ora minaccia di uscire per lo stesso motivo.

Il lavoro di Alvarez è necessario perché il Fondo Monetario Internazionale (FMI) concede al Libano 1.135 miliardi in Diritti Speciali di Prelievo (SDR), al fine di sostenere il Paese nel far fronte alla grave crisi economica.

Lo stesso premier Najib Mikati, definito un “miliardario”, già primo ministro per due volte in passato, oltre che ministro dei Trasporti e dei Lavori pubblici si può chiedersi da dove ha accumulato la sua richiesta.

Nell’estate del 2020, due settimane prima dell’esplosione nel porto di Beirut, del 4 agosto, il governo libanese aveva annunciato di aver ingaggiato Alvarez & Marsal per condurre una “verifica forense completa di tutti i conti della Banca centrale. La revisione dei conti è uno dei prerequisiti per ricevere assistenza non solo dal FMI, ma anche dagli altri donatori internazionali e, in particolare, da Parigi, promotrice della cosiddetta “iniziativa francese”.

Infine è ridicolo dire che il Premier chiederà al Santo Padre di operare per il Libano quando la Santa sede e suoi diplomatici operano senza sosta per trovare soluzioni, soluzioni che mancano non a causa della Santa Sede ma a causa della diffusa corruzione. La Santa Sede con tutta la sua forza aiuta i diseredati libanesi, mentre suoi miliardari continuano ad accumulare ricchezze a discapito della popolazione. La Santa Sede è presente in Libano dal 1570, sostiene scuole e ospedali offre aiuti senza nessuna discriminazione cose che non fanno i politici libanesi.

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