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Notte romana per la Palestina

  • 2 ott
  • Tempo di lettura: 4 min
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Maddalena Celano (Assadakah News) - Nella notte appena trascorsa Roma ha parlato, e lo ha fatto con la voce potente di migliaia di persone che si sono ritrovate in piazza Esedra e nei pressi della Stazione Termini per esprimere la propria indignazione e la propria solidarietà dopo gli attacchi contro la Global Sumud Flotilla, la missione umanitaria internazionale diretta a Gaza. La piazza, animata da bandiere palestinesi, cori, striscioni e interventi pubblici, ha ribadito un principio tanto semplice quanto rivoluzionario: nessuna aggressione contro chi porta aiuti umanitari potrà mai essere normalizzata.


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La Flotilla sotto attacco: un crimine contro la solidarietà


Nelle ultime settimane la Global Sumud Flotilla è stata oggetto di ripetuti attacchi al largo delle coste greche e cipriote. Navi civili, battenti bandiere europee e internazionali, sono state colpite con droni, ordigni sonori, spray urticanti e disturbi elettronici. Tra le imbarcazioni danneggiate vi erano anche barche italiane, parte di una spedizione che aveva come unico obiettivo il trasporto simbolico e materiale di aiuti a Gaza, oggi martoriata dall’assedio, dalla fame e dalla distruzione sistematica delle infrastrutture civili.

L’aggressione in acque internazionali, oltre a rappresentare una palese violazione del diritto marittimo, costituisce un attacco frontale alla solidarietà globale. Colpire una flotilla civile significa tentare di spegnere non solo un convoglio umanitario, ma anche la speranza e la volontà di giustizia che questa missione rappresenta.


Piazza Esedra: la risposta della città


A Roma la risposta non si è fatta attendere. Dalle prime ore della sera, gruppi e collettivi hanno iniziato a radunarsi a piazza Esedra, luogo simbolico e centrale, facilmente riconoscibile per chi arrivava anche da altre zone della città. Da lì la mobilitazione si è ampliata fino a trasformarsi in corteo, spostandosi verso i luoghi del potere politico ed economico.

Studenti, sindacati di base, associazioni solidali, reti femministe e antirazziste, comunità migranti, cittadini comuni: la composizione della piazza ha mostrato una trasversalità rara, segno che la causa palestinese non è più patrimonio esclusivo di nicchie militanti, ma attraversa segmenti sempre più ampi della società civile.

Gli slogan hanno scandito richieste chiare: “Cessate il fuoco a Gaza, libertà per la Palestina, corridoi umanitari subito”. Ma vi era anche un tono più radicale: “La solidarietà non si arresta, la Palestina resiste”, a ricordare che la lotta per la libertà non può essere piegata dalla violenza né dal silenzio complice delle cancellerie.


Tra repressione e determinazione


Il corteo ha incontrato blocchi e schieramenti di forze dell’ordine, soprattutto in punti sensibili come piazza Barberini e nelle vicinanze di piazza San Silvestro. Tensioni e momenti di confronto non hanno però smorzato la determinazione dei manifestanti, che hanno trasformato il tentativo di contenimento in un rilancio di energia collettiva.

Molti hanno sottolineato come la gestione repressiva delle piazze in Italia contrasti con l’indignazione diffusa a livello internazionale, dove persino l’ONU e l’Unione Europea hanno chiesto indagini indipendenti sugli attacchi alla Flotilla. La piazza romana, quindi, ha incarnato un paradosso: mentre le istituzioni italiane dispiegano navi militari per proteggere imbarcazioni colpite, al tempo stesso cercano di frenare la voce di chi in patria chiede giustizia e trasparenza.


Solidarietà come azione politica


Ciò che è emerso con forza da questa notte di mobilitazione è che la solidarietà non è un gesto di carità, ma un atto politico. Le bandiere palestinesi a Roma non sventolavano soltanto per ricordare la sofferenza di un popolo sotto occupazione, ma per denunciare la complicità internazionale, i silenzi diplomatici e la logica della guerra permanente che riduce la Palestina a laboratorio di impunità.

La Global Sumud Flotilla, con il suo stesso nome — sumud significa “resilienza, fermezza” in arabo — rappresenta una filosofia di resistenza che la piazza ha fatto propria: resistere non è un atto passivo, ma una costruzione attiva di alternative, un’affermazione di dignità collettiva, una lotta che unisce popoli e comunità oltre i confini imposti.


Il significato della notte di Roma


La manifestazione romana si iscrive in una più ampia onda di mobilitazioni che ha toccato molte città italiane ed europee. Ma la scelta di piazza Esedra come luogo di ritrovo non è casuale: è uno spazio che, nella memoria della capitale, richiama storicamente il transito, l’apertura e l’incrocio di strade e di genti. Che sia diventata il punto di partenza di una protesta per la Palestina è altamente simbolico: da Roma, crocevia di poteri e diplomazie, parte un messaggio universale, che chiede di rompere l’assedio non solo militare ma anche politico e mediatico attorno a Gaza.


La Palestina è anche qui


La notte di Esedra ha mostrato che la questione palestinese non è lontana: riguarda direttamente l’Europa, l’Italia e le coscienze individuali. Non si tratta soltanto di sostenere una popolazione oppressa, ma di difendere i principi universali di giustizia, legalità internazionale e dignità umana.

La mobilitazione romana ci ricorda che ogni attacco alla solidarietà è un attacco a tutti noi. E che, finché esisteranno persone disposte a scendere in piazza, a rischiare e a farsi sentire, la Palestina non sarà mai sola.


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