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Afghanistan al centro: che cosa dicono Iran, Cina, Pakistan e Russia

  • 28 set
  • Tempo di lettura: 4 min
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Maddalena Celano (Assadakah News) - Il 25 settembre 2025, sul margine della 80ª Assemblea Generale dell’ONU a New York, i ministri degli Esteri di Cina, Russia, Pakistan e Iran si sono riuniti per la quarta volta in formato quadripartito e hanno pubblicato una dichiarazione comune in cui ribadiscono la loro linea di fondo: sostegno alla sovranità, all’unità e alla stabilità dell’Afghanistan, opposizione a ingerenze esterne e richiesta che l’ordine interno afghano affronti terrorismo, narcotraffico e crisi umanitarie. La nota ufficiale — riportata nei bollettini dei ministeri esteri coinvolti — sintetizza una convergenza che è insieme politica, strategica e pragmatica.


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Cosa contiene la dichiarazione (i punti salienti)


La dichiarazione insiste su alcuni capisaldi ripetuti ma significativi:

  • Sovranità e non interferenza: richiesta che venga rispettata l’indipendenza territoriale afghana e che la comunità internazionale eviti azioni che possano essere percepite come imposizioni esterne.

  • No a basi militari straniere: i quattro paesi si dichiarano contrari a qualsiasi tentativo di ripristinare basi militari straniere in Afghanistan o nel suo immediato perimetro — un riferimento implicito a proposte o pressioni che vorrebbero un ritorno di presenze militari occidentali nella regione.

  • Impegni antiterrorismo: l’invito ai talebani a compiere “azioni efficaci, concrete e verificabili” per contrastare gruppi come Daesh e al-Qaeda, impedire reclutamento e traffici, e spezzare i collegamenti con foreign fighters.

  • Sostegno economico e umanitario: la richiesta di appoggiare iniziative regionali per la ripresa economica e per l’erogazione di aiuti senza politicizzazioni, anche come leva per stabilizzare il paese e frenare flussi migratori.


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Perché queste frasi sono importanti (lettura strategica)


Non è soltanto retorica diplomatica. Dietro la dichiarazione si leggono tre linee di interesse convergenti:

  1. Interesse di sicurezza — Tutti e quattro gli Stati vedono nell’instabilità afghana una fonte diretta di rischio (terrorismo transnazionale, estremismo, reti di narcotraffico). Chiedere “azioni verificabili” significa voler derivare dal governo locale garanzie di controllo che riducano minacce transfrontaliere.

  2. Sfera d’influenza e contenimento delle potenze esterne — L’esplicita opposizione al ritorno di basi straniere è anche un messaggio geopolitico: la regione deve restare sotto influenza regionale, non ritornare a logiche di presenza militare extraregionale che gli interlocutori percepiscono come destabilizzanti. Questo vale in particolare quando alcuni attori occidentali o alleati degli USA evocano ritorni limitati di capacità militari.

  3. Bilancio di legittimità verso i talebani — I paesi del quadrilatero, pur non necessariamente riconoscendo formalmente il governo talebano in senso politico-diplomatico pieno, scelgono una strada pragmatica: esercitare pressione perché assumano responsabilità (sicurezza, diritti fondamentali a livello pratico) in cambio di maggiore integrazione economica e apertura agli aiuti. Questo crea una sorta di contratto regionale di stabilità basato sulla responsabilità operativa piuttosto che sulla legittimazione formale.

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Le differenze nazionali di approccio (motivazioni specifiche)


  • Cina: priorità economico-commerciale e stabilità per proteggere progetti d’investimento e la via commerciale verso l’Asia centrale; Pechino privilegia l’integrazione infrastrutturale e la stabilità a tutti i costi.

  • Russia: interesse strategico e militare nel contenere estremismi e impedire che l’area diventi teatro di influenza occidentale; ricerca anche opportunità per cooperazioni di sicurezza e commerciali.

  • Pakistan: preoccupazione per rifugiati, sicurezza alle frontiere e per la presenza di gruppi che potrebbero riaffacciarsi sul suo territorio; Islamabad cerca garanzie che Kabul non diventi un’area di azione per gruppi anti-pakistani.

  • Iran: tutela delle proprie regioni di confine e interesse a limitare traffici (sia di droga sia di armi), oltre al desiderio di giocare un ruolo diplomatico centrale nel vicino afghano.


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Possibili conseguenze pratiche a breve/medio termine


  • Aumento dell’assistenza regionale “condizionata”: è probabile che i quattro paesi cerchino modalità coordinate (progetti di sviluppo, corridoi commerciali, aiuti sanitari) legandoli a verifiche sul comportamento afgano. Questo può tradursi in un miglioramento materiale per alcune aree, ma anche in un rafforzamento del potere centrale del regime talebano sotto condizione esterna.

  • Pressione diplomatica sui talebani per misure antiterrorismo: aspetti quali la lotta al reclutamento e alla libera circolazione di foreign fighters diventeranno punti concreti di monitoraggio. Se i risultati non arriveranno, la cooperazione economica rischia di ridursi.

  • Fratture con attori occidentali: la posizione pubblica contro il ritorno di basi straniere segnala una divergenza dura con Washington e alcuni alleati, aumentando la centralità delle iniziative regionali rispetto a quelle internazionali guidate dall’Occidente.


Che cosa cambierebbe nella politica estera italiana/europea?


Per l’Europa e per l’Italia la dichiarazione ha tre implicazioni pratiche:

1) la necessità di lavorare con soggetti regionali se si vogliono reali canali di accesso umanitario;

2) la difficoltà a disegnare soluzioni isolate che non tengano conto della volontà di paesi limitrofi;

3) la possibile rinegoziazione degli strumenti multilaterali (ONU, Agenzie umanitarie) perché la risposta resti efficiente e non venga bloccata dalle dinamiche geopolitiche. In sostanza, la dichiarazione regionale ridisegna il perimetro realistico delle azioni praticabili in Afghanistan.


Limiti e nodi aperti


  • Verificabilità: chiedere “azioni verificabili” è più semplice a parole che nella pratica: chi verifica? con quali strumenti? La cooperazione regionale potrebbe non essere neutra o avere agenda propria.

  • Diritti umani e inclusione: le istanze europee su diritti civili, diritti delle donne e inclusione politica restano sullo sfondo: la dichiarazione regionale tende a privilegiare la stabilità e il controllo del terrorismo rispetto alle riforme politico-sociali richieste dalle ONG e da parte dell’Occidente.

  • Rischio di competizione tra i vari modelli di influenza: un’area caratterizzata da partenariati asimmetrici (Cina per economia, Russia per sicurezza, Iran per vicinanza regionale, Pakistan per interessi strategici) può vedere tensioni quando gli interessi divergono concretamente.


    Cosa osservare nelle prossime settimane


  • Attuazione pratica: quali iniziative economiche congiunte verranno lanciate (progetti infrastrutturali, corridoi commerciali, pacchetti umanitari) e con quali condizioni.

  • Meccanismi di verifica antiterrorismo: se e come verranno implementati meccanismi credibili per misurare la riduzione di attività terroristiche e reclutamento.

  • Reazioni esterne: la risposta degli Stati Uniti, dell’UE e delle agenzie ONU alle richieste di non reintrodurre basi straniere e alla creazione di alternative regionali.

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