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Palestina-Vaticano - Un decennio tra sfide e speranza

  • 8 lug
  • Tempo di lettura: 4 min

Milh al-Ard (Laith Habash) - Nel decimo anniversario della firma dell’accordo globale tra lo Stato di Palestina e la Santa Sede, si riaccende il dibattito sui risvolti politici e diplomatici di questo evento storico, che rappresenta la consacrazione di relazioni profonde tra il Vaticano e il popolo palestinese, e riflette uno sviluppo strategico nel riconoscimento internazionale della Palestina e del suo ruolo nella tutela della diversità religiosa e della presenza cristiana nella Terra Santa.

L’ambasciatore Issa Kassissieh a “Milh al-Ard”: "L’accordo con il Vaticano ha incarnato il riconoscimento morale della Palestina... Chiediamo al nuovo Papa di proteggere la presenza cristiana a Gerusalemme".

In un’intervista esclusiva a “Milh al-Ard”, l’ambasciatore palestinese presso la Santa Sede e il Sovrano Ordine di Malta, e membro del Comitato Presidenziale Supremo per gli Affari delle Chiese, Issa Kassissieh, ha sottolineato l’importanza dell’accordo nel rafforzare la posizione della Palestina sulla scena internazionale, e il ruolo centrale della Santa Sede nel sostenere la causa palestinese sul piano morale e politico, specialmente alla luce dei rapidi cambiamenti regionali e globali.

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Santa Sede: riconoscimento storico e sostegno costante

L’ambasciatore Kassissieh ha affermato che l’accordo globale ha riaffermato, nella sua introduzione, la necessità di risolvere la questione palestinese sulla base della legalità internazionale e delle risoluzioni delle Nazioni Unite. Il Vaticano ha riconosciuto lo Stato di Palestina nei confini del 1967 e ha chiesto una soluzione giusta per Gerusalemme, preservandone lo status giuridico e storico e la centralità per le tre religioni monoteiste. Ha inoltre spiegato che l’accordo riflette la visione coerente e costante del Vaticano sin dai primi del Novecento, dichiarando: “La Santa Sede non ha mai deviato dalla bussola ed è stata in prima linea nell’adottare una posizione etica e legittima nei confronti della nostra causa”.

Il ruolo morale e internazionale del Vaticano

Parlando del ruolo morale svolto dal Vaticano nell’ultimo decennio, Kassissieh ha detto che il riconoscimento vaticano della Palestina ha dato un forte impulso morale alla comunità internazionale e ha “messo in imbarazzo le grandi capitali che ancora esitano a riconoscere i diritti dei palestinesi”.

Ha aggiunto: “Questo riconoscimento ha dato alla nostra causa un’aura morale eccezionale ed è stato la prima pietra di una serie di successivi riconoscimenti internazionali”.

Kassissieh ha anche sottolineato il costante sostegno di Papa Francesco, che – fino alla sua morte – non ha mai smesso di lanciare appelli per porre fine alla guerra contro il popolo palestinese, definendo le guerre “una sconfitta dell’umanità intera”.

Il Papa chiamava quotidianamente per assicurarsi delle persone rifugiate nelle chiese a Gaza, comportandosi da “padre premuroso che si prende cura dei suoi figli”.

“Quando il capo della Chiesa parla in questo modo – ha aggiunto – il mondo ascolta e la coscienza globale si risveglia”.

L'ambasciatore di PAlestina presso la Santa Sede, S.E. Issa Kassissieh
L'ambasciatore di PAlestina presso la Santa Sede, S.E. Issa Kassissieh

Le sfide all’applicazione dell’accordo

Alla domanda sull’impegno dell’Autorità Palestinese nell’attuazione dell’accordo, Kassissieh ha affermato che il presidente Mahmoud Abbas ha seguito la sua attuazione “con il massimo della serietà”, nonostante le difficili condizioni politiche. Ha spiegato: “Il Ministero degli Affari Esteri, insieme al Comitato Presidenziale per gli Affari delle Chiese, segue da vicino le questioni legate a tasse ed esenzioni, anche se alcune sfide derivano da divergenze nell’interpretazione di alcune clausole”.

L’ambasciatore ha indicato che l’ostacolo maggiore resta l’impossibilità di esercitare piena sovranità sui territori palestinesi, in particolare sulla cosiddetta Area C. Ha inoltre annunciato una prossima sessione di valutazione tra le due parti per rafforzare la cooperazione e tutelare gli interessi della Chiesa cattolica in Palestina.

L’Ambasciata palestinese in Vaticano: ponti spirituali e diplomatici

Parlando del ruolo dell’ambasciata, Kassissieh ha spiegato che non è un semplice ufficio diplomatico, ma una piattaforma per trasmettere preoccupazioni, speranze e dolori del popolo palestinese ai centri decisionali vaticani, così come la voce della Chiesa locale in Terra Santa.

Le principali iniziative promosse includono: workshop a Roma sulla promozione del pellegrinaggio in Palestina; iniziative di dialogo islamico-cristiano; valorizzazione della dimensione spirituale di Gerusalemme; gemellaggi tra istituzioni educative e sanitarie cattoliche in Palestina e le loro omologhe romane; organizzazione della messa in suffragio di Shireen Abu Akleh, con la presenza della sua famiglia, rappresentanti vaticani e diplomatici internazionali; ruolo centrale nelle celebrazioni per la canonizzazione delle sante palestinesi Mariam Baouardy e Marie-Alphonsine.

L’ambasciatore ha sottolineato che la posizione dell’ambasciata, situata vicino a uno degli ingressi principali del Vaticano, simboleggia una presenza politica e spirituale costante: “Vedere sventolare la bandiera palestinese lì è motivo di orgoglio per ogni palestinese e una risposta concreta ai tentativi di oscurare la nostra causa”.

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Visione futura per rafforzare la relazione strategica

Parlando del futuro, l’ambasciatore ha auspicato che la causa palestinese continui a occupare una posizione prioritaria nell’agenda della Santa Sede, specialmente alla luce delle nuove iniziative internazionali promosse da Francia e Arabia Saudita per rilanciare il processo di pace. Ha chiesto al Vaticano di aumentare la pressione diplomatica sui paesi cattolici per il riconoscimento dello Stato di Palestina, considerandolo un obbligo morale e spirituale.

Inoltre, ha sottolineato la necessità di intensificare gli sforzi per proteggere la presenza cristiana a Gerusalemme di fronte ai tentativi di modificare la sua identità demografica e geografica, citando: “Quello che accade nel quartiere armeno, nel quartiere cristiano, sul Monte degli Ulivi, a Sion e in piazza Omar richiede il suono delle campane, perché una Gerusalemme senza cristiani perde la sua anima”. Ha anche espresso forte preoccupazione per l’ondata migratoria dei cristiani dalla Terra Santa, mettendo in guardia dal rischio che “le chiese si trasformino in musei senza pietre vive”. “Stiamo lavorando per rafforzare la presenza radicata del credente nella propria terra: è la forma più alta di impegno nazionale e spirituale”, ha detto.

Appello per salvare la presenza cristiana in Oriente

In un messaggio indirizzato tramite il dott. Ramzi Khoury, presidente del Comitato Presidenziale per gli Affari delle Chiese, il presidente Mahmoud Abbas e l’ambasciatore Kassissieh hanno esortato Papa Leone XIV a dare priorità assoluta alla questione cristiana in Medio Oriente, e a convocare una conferenza dei capi delle Chiese orientali per elaborare un piano di salvataggio. “Ci auguriamo – ha dichiarato – che il nuovo Papa mantenga viva la fiamma della speranza nei cuori di coloro che sono davvero sale della terra e luce del mondo”.

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