Speciale Libano - Parlamento in seduta per disarmo di Hezbollah
- 16 lug
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Aggiornamento: 17 lug
Roberto Roggero* - Oggi, 16 luglio, il Parlamento libanese ha rinnovato la fiducia al governo del primo ministro Nawaf Salam, con 95 voti a favore. L'esito finale della votazione per il rinnovo della fiducia al governo è stato il seguente: 69 parlamentari hanno votato a favore, 9 hanno votato contro e 4 si sono astenuti.
Dopo i recenti avvenimenti, e una tregua sempre meno rispettata da parte israeliana, il governo del Libano è alle prese con la questione Hezbollah, per la quale è attesa la dichiarazione ufficiale del Parlamento.
Il quotidiano “An Nahar” ha annunciato l’imminente ritorno a Beirut dell’inviato speciale americano Thomas Barrack, per quella che è definita “missione decisiva”.
Il piano di disarmo di Hezbollah, e l’assegnazione del completo controllo degli armamenti al governo libanese, è da settimane l’argomento prioritario fra Beirut e Washington, e al momento i negoziati sono incentrati sul documento di sette pagine che Barrack ha consegnato alla presidenza di Joseph Aoun, all’ufficio del primo ministro Nawaf Salam e a quello del presidente del Parlamento Nabih Berri (leader del partito Amal, alleato di Hezbollah), e che potrebbe essere seguito da un ulteriore documento finale sull’attuazione del piano di disarmo. In ogni caso, il Parlamento libanese è in queste ore in seduta, per votare la proposta, nonché per la discussione sulla scelta di chi deve gestire e supervisionare il processo di disarmo.
La mozione in discussione in Parlamento, suggerisce di affidare alle tre principali cariche dello Stato la supervisione del processo di disarmo, anziché al Consiglio dei Ministri. Proposta che incontra l’opposizione del partito cristiano-maronita Forze Libanesi, di Samir Geagea.

Lo scenario
Hezbollah, nato come movimento e successivamente costituitosi in partito politico, con tanto di deputati in Parlamento, ha svolto senza dubbio un ruolo chiave nella recente storia del Libano, soprattutto nel periodo della guerra civile e durante i ripetuti tentativi d’invasione da parte di Israele, sotto la direzione del segretario generale Hassan Nasrallah, rimasto ucciso con altre importanti figure di riferimento, durante un bombardamento mirato da parte dello stato ebraico, nel settembre 2024. Secondo le informazioni, Hezbollah gestisce un esercito parallelo alle forze armate, e importanti arsenali con grandi quantitativi di armamenti, considerati causa della continua tensione con il confinante stato israeliano.
I sostenitori del disarmo motivano la pressante richiesta con lo scopo di rafforzare la sovranità dello stato e garantire la sicurezza del Paese, sottolineando la necessità di un esercito nazionale unico. Ovviamente Hezbollah si oppone fermamente alla proposta di disarmo, nonostante sia indebolito nella propria struttura, sostenendo di essere una forza necessaria per difendere il Libano, ed elemento importante nella stabilità regionale.
La comunità internazionale, soprattutto gli Stati Uniti ma anche diversi governi europei, chiedono il disarmo di Hezbollah, considerandolo come una minaccia per la stabilità regionale e il processo di pace.
Il punto di vista del governo del Libano, formato da una coalizione di diversi partiti politici, è quindi in una posizione estremamente delicata, dovendo trovare una soluzione che possa soddisfare le parti in causa.
Le implicazioni
La questione del disarmo di Hezbollah è quindi decisamente complessa, perché coinvolge diversi aspetti della gestione e dell’amministrazione del Paese, prima fra tutte la sovranità nazionale, che comporta di conseguenza un solo esercito nazionale, in rappresentanza di tutte le componenti del Paese. Conseguentemente vi è la non trascurabile questione della sicurezza, perché non pochi libanesi considerano Hezbollah come principale forza di difesa del Paese dalle ostili intenzioni israeliane, visti precedenti avvenimenti. Non ultima, la questione delle alleanze, dal momento che Hezbollah ha collegamenti diretti con l’Iran, il che amplia la questione non solo al Libano ma all’intero Medio Oriente.
Il governo libanese ha pronunciato più volte e nel suo programma il disarmo di Hezbollah, e dal 25 febbraio 2025 ha adottato una posizione forte contro Hezbollah, imponendo un divieto sulle armi del movimento, ma la questione rimane un tema centrale nel dibattito politico, con diverse posizioni e interessi in gioco, considerando anche il fatto che le recenti elezioni municipali, hanno mostrato una forte presenza delle forze politiche tradizionali. Importante anche l’aspetto economico della questione, in quanto l’economia nazionale è in fase di delicato equilibrio, con la riforma bancaria ancora tutta da decidere, come la riforma sull’indipendenza della Magistratura (che comporta la riapertura delle indagini sulla devastante esplosione al porto di Beirut del 20 agosto 2020, per la quale non si sono al momento ottenuti risultati).
Il presidente Joseph Aoun ha dichiarato che al Libano oggi non serve un cessate-il-fuoco, o una tregua, ma una condizione di pace stabile per potersi dedicare alla ripresa del Paese. In questo senso va considerata la politica di ripresa delle relazioni coi Paesi confinanti, e soprattutto c’è da considerare che alla fine di agosto 2025, scade il mandato della missione Unifil ai confini meridionali.
Fino a oggi il governo Aoun è stato molto attento nel portare avanti la discussione sul disarmo di Hezbollah senza causare scossoni interni, ma la questione rimane delicata, soprattutto in vista degli ultimi sviluppi regionali.
Come previsto dall’accordo di cessate-il-fuoco, mediato da USA e Francia, le forze armate libanesi stanno riacquistando il controllo del fronte meridionale, e hanno proceduto a smantellare circa 500 avamposti armati di Hezbollah, ma il completamento del piano non è cosa facile, dal momento che Hezbollah non è certo favorevole alla collaborazione.
Il presidente Joseph Aoun e il premier Nawaf Salam hanno più volte ribadito che sancire il monopolio statale sull’uso della forza è prioritario, ma lo è anche evitare una crisi interna, come si è rischiato nel 2008, quando il governo decise lo smantellamento della rete di telecomunicazioni di Hezbollah, che portò il Libano sull’orlo della guerra civile.
Scadenza Unifil
Inoltre, c’è da considerare che, per creare un esercito unico nazionale, il disarmo non riguarda solo Hezbollah, ma anche le numerose formazioni allineate e gruppi armati, attivi soprattutto all’interno dei campi profughi palestinesi. Argomento che sfocia nel problema degli sfollati e costituisce una prova non facile per il governo Aoun, che si è consultato in merito con il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, appositamente invitato a Beirut. L’incontro si è concluso con un comunicato bilaterale incentrato sulla sovranità del Libano e sulla questione del monopolio dell’uso della forza, nel quale si evidenziava che l’era delle armi fuori dall’autorità dello stato libanese era da considerare terminata. Tale questione ne richiama un’altra, perché la maggior parte dei gruppi palestinesi in Libano si oppone a Fatah e non riconosce l’autorità del presidente palestinese.
La situazione al confine meridionale rimane tesa, sebbene l’esercito libanese continui con le operazioni di disarmo di Hezbollah a sud del fiume Litani, specialmente in vista della scadenza del mandato Unifil, che il Consiglio di Sicurezza ONU deve discutere a fine agosto. Un mancato rinnovo avrebbe conseguenze decisamente negative, specialmente per il ruolo di mediazione di Unifil nei rapporti fra forze armate libanesi, Hezbollah e israeliani. A tale scopo, il governo libanese ha già espresso la necessità di un rinnovo del mandato ONU.
(*Direttore responsabile Assadakah News)
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