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Sudan - Il nemico chiamato colera

  • 19 ago
  • Tempo di lettura: 2 min

Assadakah News - La stremata popolazione sudanese ha un altro nemico da combattere, diretta conseguenza di guerra, fame, mancanza di acqua e materiale sanitario. E’ il colera, che ha già causato oltre 2.500 morti e, secondo i resoconti di Medici Senza Frontiere, il contagio di più di 100mila persone.

L’epidemia era già stata segnalata dal ministero della Sanità del Sudan soprattutto per quanto riguarda il Darfur, con focolai localizzati nei campi profughi di Zamzam e Tawila, nella devastata regione di El Fasher.

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La poca acqua a disposizione deve essere sottoposta a bollitura per essere potabile, e attualmente costituisce l’unico rimedio, nella totale assenza di aiuti umanitari, il cui ingresso è controllato dai paramilitari ribelli della Rapid Support Force e dai reparti di mercenari alleati, fra cui sono stati segnalati numerosi combattenti colombiani.

L’Unione Europea, con Gran Bretagna, Canada e Giappone, stanno mantenendo una forte pressione sulle parti in guerra, perché venga permesso l’ingresso di aiuti, evidenziando le drammatiche condizioni della popolazione civile, che secondo i trattati internazionali, deve comunque essere tutelata, come ha dichiarato anche il Consiglio di Sicurezza ONU, dopo che un primo convoglio umanitario è riuscito a entrare nella zona di Al Malha, nel Nord Darfur, con una ventina di camion e circa 440 metri cubi di cibo e aiuti sanitari, ma si tratta di una goccia nell’oceano.

Malnutrizione, carenza di cibo e acqua alimentano la diffusione del contagio, in quella che probabilmente è la peggiore crisi umanitaria del mondo oggi in atto.

El-Fasher, capoluogo del Darfur settentrionale, è sotto assedio da mesi e la popolazione vive sotto continui bombardamenti, impossibilitata a fuggire e con gli aiuti umanitari bloccati, mentre fra RFS e SAF continuano i combattimenti.

Anche la OCHA (Ufficio della Nazioni Unite per gli Affari Umanitari) ha chiesto alle parti in lotta di far passare i convogli con beni di prima necessità in tutto il territorio nazionale. Nei pochi centri sanitari ancora attivi manca tutto, perfino il cibo terapeutico per i bambini affetti da malnutrizione grave.

All’inizio di giugno le RFS hanno preso il controllo del Triangolo di Uwaynat, strategicamente importante perché è il territorio fra i confini di Sudan, Egitto e Libia.

Altro fenomeno preoccupante è poi quello dei bambini-soldato, in aperta violazione delle convenzioni internazionali e anche della stessa Costituzione sudanese.

Per quanto riguarda i negoziati per il cessate-il-fuoco, i precedenti colloqui di pace a Gedda, fortemente voluti da Arabia Saudita e Stati Uniti, si sono conclusi con un nulla di fatto. Altri mediatori, fra cui Unione Africana e IGAD (Autorità Intergovernativa per lo Sviluppo) non hanno avuto risultato.

Massad Boulos, consigliere speciale USA per l’Africa, nonché consuocero di Trump con forti interessi nel continente, ha incontrato “in gran segreto” in Svizzera il presidente sudanese, Abdel Fattah Al-Burhan. Pare che l’emissario statunitense abbia presentato una proposta per instaurare una tregua duratura e facilitare l’accesso degli aiuti umanitari, specie nelle zone maggiormente colpite da continui scontri.

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