Algeria - La causa degli uomini liberi
- Maddalena Celano
- 1 lug
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Aggiornamento: 1 lug
Maddalena Celano (Assadakah News) - “La causa degli algerini, la causa di tutti gli uomini liberi”: colonialismo, memoria e responsabilità politica

Questo articolo esamina il lungo e tortuoso processo di decolonizzazione dell’Algeria e la sua eco contemporanea, soffermandosi in particolare sul massacro del 17 ottobre 1961 a Parigi e sull'eredità della lotta algerina nei confronti della modernità politica, del ruolo degli intellettuali e della costruzione della cittadinanza postcoloniale. Il testo affronta inoltre la continuità tra repressione coloniale, guerra civile e movimenti civici recenti, offrendo una lettura critica e intersezionale della storia algerina attraverso fonti primarie e secondarie.
Introduzione: una lotta per la libertà o una questione universale di giustizia?
Il 17 ottobre 1961, circa 30.000 algerini scesero pacificamente in piazza a Parigi per protestare contro il coprifuoco razziale imposto dalla questura. Il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), impegnato nella guerra d'indipendenza dall'occupazione coloniale francese, lanciò l'appello alla mobilitazione. La repressione fu brutale: centinaia di persone vennero picchiate, arrestate, gettate nella Senna. Le stime più attendibili parlano di almeno 300 morti (House & MacMaster, Paris 1961, 2006).
La strage non fu soltanto un episodio di violenza poliziesca, ma l’espressione culminante di un sistema coloniale che, anche in madrepatria, estendeva logiche di dominio e disumanizzazione. Questa violenza, come affermarono i 121 intellettuali firmatari del “Manifesto del 1960”, non poteva più essere tollerata nel nome della democrazia occidentale. “La causa degli algerini è la causa di tutti gli uomini liberi”, affermava il testo.
La lunga origine della disillusione: Setif 1945
La rottura del patto post-bellico tra l’Algeria colonizzata e la Francia democratica avviene immediatamente dopo la Seconda guerra mondiale. Il massacro di Setif (8 maggio 1945) — dove migliaia di algerini furono uccisi dalle forze francesi per aver issato la bandiera nazionale — segna l’inizio simbolico della fine del colonialismo come narrazione civilizzatrice. Se la Francia aveva appena celebrato la sua liberazione dal nazismo, molti algerini che avevano combattuto con la Francia Libera pensavano che anche per loro si aprisse una stagione di emancipazione.
Il sangue versato nelle piazze di Guelma, Setif e Kherrata suggerì invece un'altra verità: non c’era posto per l’autodeterminazione delle colonie nell’ordine repubblicano francese. Questo evento, dimenticato dalla storiografia europea per decenni, è rimasto nella memoria collettiva algerina come il vero inizio della guerra per la libertà.

Guerre coloniali e crisi della democrazia francese
La guerra d’Algeria (1954-1962) fu combattuta non solo con armi e torture, ma anche su un piano ideologico e filosofico. Figure come Albert Camus, pur denunciando l’ingiustizia coloniale, cercarono invano una terza via tra la repressione francese e la violenza del FLN. Al contrario, Jean-Paul Sartre, in saggi, editoriali e nella prefazione a I dannati della terra di Frantz Fanon, affermava chiaramente il diritto dei colonizzati alla resistenza armata, equiparando il dominio coloniale a una forma di schiavitù moderna.
Nel 1960, il Manifesto dei 121 rompe il silenzio dell’intellighenzia francese: Sartre, Truffaut, Duras, Vidal-Naquet, Vernant e altri dichiarano legittima la diserzione e denunciano la tortura come strumento sistemico dell’esercito francese. Quello che si profila è un paradigma etico della responsabilità intellettuale che ricollega direttamente la resistenza anticoloniale ai fondamenti della democrazia europea stessa (Sartre, Temps Modernes, 1945; Russell Tribunal Proceedings, 1967).
Post-indipendenza e le derive autoritarie
L'indipendenza dell'Algeria nel 1962 non chiuse le fratture aperte. Il processo di costruzione nazionale fu rapidamente assorbito da un apparato statale sotto Houari Boumédiène.
La crisi più acuta esplose nel 1991: la vittoria elettorale del Fronte Islamico di Salvezza (FIS) fu annullata da un golpe militare, aprendo la strada a un conflitto civile che in otto anni fece 200.000 vittime. Ancora una volta, l’apparato statale rispose a una richiesta di libertà con la violenza sistemica. Le speranze repubblicane furono sacrificate nel nome della stabilità.
Intellettuali, memoria e futuro postcoloniale
La lotta degli algerini ha scardinato l’ipocrisia dell’universalismo coloniale e interrogato radicalmente il concetto stesso di libertà. Essa non riguarda solo l’Algeria, ma ogni società che voglia confrontarsi con il proprio passato di dominio. La lezione di Sartre, del Tribunale Russell, dei 121 firmatari del Manifesto, è che la verità e la giustizia sono atti politici, non semplici dichiarazioni morali.
Nel contesto attuale di revisionismo, islamofobia e rimozione della memoria coloniale, ricordare il 17 ottobre 1961 non è solo un dovere storiografico: è un atto di militanza civile. La causa degli algerini è ancora la causa di tutti gli uomini e le donne libere.

Bibliografia essenziale
House, J., & MacMaster, N. (2006). Paris 1961: Algerians, State Terror, and Memory. Oxford University Press.
Fanon, F. (1961). Les damnés de la terre. Éditions Maspero.
Sartre, J.-P. (1945). “Présentation des Temps Modernes”. Les Temps Modernes, n. 1.
Russell Tribunal. (1967). The Vietnam War Crimes Tribunal. Stockholm Sessions.
Vidal-Naquet, P. (1958). L’affaire Audin. Minuit.
Camus, A. (1939). Lettre à un militant algérien. In Combat.
Bidussa, D. (2023). La causa degli algerini, la causa di tutti gli uomini liberi.
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