Algeria - Un meraviglioso mosaico etnico
- Roberto Roggero
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Roberto Roggero* - Come la maggior parte dei Paesi arabi, anche l’Algeria è un insieme di diverse culture, tradizioni, storia, religioni e gruppi tribali.
Il Paese è la culla dell’etnia Berbera, gli originari abitanti del territorio, quindi gli arabi giunti nel periodo delle grandi conquiste.
Fra gli stesi Berberi poi esistono numerose distinzioni, come Kabili (territori a nord-est della capitale); Tuareg (nomadi del deserto del sud, diffusi anche in Mali, Niger e Libia); Chaouis (regione dell’Aurès); Mozabiti (regione del M'zab del Sahara algerino); Kutama (Berberi che avevano grande autorità in epoca medievale, durante l'impero fatimide), ognuno con una propria lingua e cultura.
Le tribù di origine araba, che hanno svolto un ruolo prevalente durante le conquiste musulmane, avevano adottato un sistema di autogoverno a modello del beilicato, dove i capi tribù godevano di particolari privilegi ma anche grandi responsabilità, in cambio del sostegno all'amministrazione ottomana.

D’altra parte, è comprensibile che l’Algeria conservi molte differenti tradizioni e culture, in quanto Paese più vasto dell’intero continente africano. Conoscere questa diversità, caratterizza l’identità nazionale, ed è fondamentale per capirne storia, situazione politica e funzionamento della società.
I nativi Berberi
Decine di popolazioni sono passate attraverso l’Algeria, come in altri Paesi, specialmente del Maghreb e lungo le coste mediterranee, ma anche l’entroterra fino al Nord del Sahara.
Storicamente, i primi a stabilire una presenza costante in Algeria sono stati i Numidi e i Fenici, poi i conquistatori di Roma, ma nel corso della storia l’Algeria non ha mai preso il ruolo di crocevia di commerci e popolazioni.
Le cronache storiche parlano di genti del Neolitico che formarono le prime tribù berbere, a partire dal 6.000 a.C. prevalentemente nelle oasi dell’entroterra. La loro origine viene identificata nelle tre prime tribù Zanata, in particolare Chaoui, abitanti delle catene montuose dell’est del Paese, all confine con la Tunisia, praticanti dell’Islam, che parlano il dialetto Tashawirìt, e con uno stile di vita legato principalmente alla pastorizia; Chenouai, nel nord-ovest verso la costa, e parlano un dialetto berbero discendente dal Tashawit; e Mozabiti dello Mzab del Ghardaia (Nord Sahara), anch’essi musulmani sunniti ibaditi, che parlato il dialetto Tumzabt ma usano anche l’arabo. Inoltre vi sono poi diversi altri gruppi minori, con tradizioni e culture comunque ben definite.
La questione berbera è ancora oggi attuale in Algeria, e ha avuto inizio con l’indipendenza e la costituzione del 1963, in quanto il Paese veniva identificato come arabo-musulmano. In seguito si formarono le prime comunità per l’emancipazione dei Berberi. Nel 1989 venne creata la prima facoltà di “Lingua e Cultura Amazigh” all’Università di Tizi-Ouzou, mentre nel 2001 fu riconosciuta la lingua berbera, con i suoi vari dialetti, come lingua nazionale.

Storicamente, il termine Berbero non è autoctono, ma deriva dal francese “berbère”, a sua volta derivato dal greco-romano "barbaro", cioè chi non parlava latino o greco.
Dal Maghreb si sono poi diffusi in Libia, Tunisia, Siwa (Egitto) e in Mauritania, Mali, Niger e Burkina Faso. Berberi erano anche i Guanci delle isole Canarie.
Citati già in alcune iscrizioni egizie, i Berberi Mauri, Massili e Garamanti fodnarono anche alcuni regni, soprattutto il regno di Mauretania e in Numidia. Varie dinastie berbere, come Banu Barghawata, Ziridi, Hammamidi, Almoravidi, Almohadi, e altri, costruirono propri regni in Maghreb e in Al-Andalus.
I fossili umani paleolitici affini ai berberi propriamente detti, databili intorno al 20.000 a.C., sono noti in antropologia con il nome di Mechta-Afalou, variante del Cro-Magnon. Gli antichi Egizi conoscevano i Thnw e i Rbw (intorno al 3.000 a.C.).
In epoca successiva, molti nomi di popoli e tribù berbere ci giungono da storici greci e latini, a partire da Erodoto.
A partire dal I millennio a.C. il Nord Africa conobbe la colonizzazione di vari popoli. Da principio Fenici e Greci (Cartagine è fondata intorno all'814 a.C., Oea-Tripoli nel VII secolo a.C., Cirene intorno al 630 a.C.). In seguito fu il turno dei Romani, che contesero ai Cartaginesi la supremazia sulla regione e posero fine all’indipendenza dei regni berbero con l’imperatore Caligola, nell’anno 40, tuttavia la popolazione berbera visse un florido periodo di creatività artistica, utilizzando anche il latino.
Dopo la fine dell’influenza romana, il Nord Africa fi sottomesso dai Vandali di Genserico, quindi una spedizione organizzata dall’imperatore Giustiniano, al comando di Belisario, consegnò il territorio all’autorità di Bisanzio. Nel 7° secolo ebbe inizio la conquista araba, con il rinascere di cultura e arte, e molte opere ancora oggi in parte visibili, come i tredici grandi mausolei di Tiaret.

Nella storia berbera, emerse poi una particolare figura, Dihya regina della tribù Gerawa che gli arabi chiamavano Kahina (strega), che fu a capo di una accanita campagna di resistenza e causò non pochi problemi ai dominatori e che, astutamente, in vista della certa sconfitta, fece in modo di negoziare un’alleanza per mantenere il proprio potere, aprendo alla islamizzazione de Maghreb, ma conservando la originale cultura e la lingua Tamaziyt, cosa che aspramente osteggiata nel corso della arabizzazione. Rimangono comunque testimonianze della scrittura berbera, in iscrizioni risalenti al 1.000 a.C. preservata anche dai Tuareg (che la chiamano Tifinagh), che costituisce anche una prova dell’apparizione delle popolazioni berbere in Algeria dal 3.000 a.C.
I Tuareg del deserto
I Tuareg sono un gruppo etnico nomade per tradizione. Il nome deriva dall’arabo e significa “abitante della Targa" (cioè del "canale", ovvero il Fezzan), ma loro si definiscono Kel Tamahaq, cioè "coloro che parlano la lingua Tamahaq", e conosciuti come “uomini blu” per il colore degli abiti tradizionali.
Nonostante la conquista araba del 7° secolo, molte tribù, fra cui gli Iuellemeden kel Dennegh, i Kel Air, gli Iuellemeden, i Kel Rhela, i Kel Fadey, non hanno subito l'effetto dell'Islam su tradizioni e cultura ancestrali, anzi, la islamizzazione ha costituito motivo di maggiore coesione, soprattutto nell’ambito di credenze religiose molto complesse, che collegano l'ascetismo alle scuole del misticismo islamico, e alla cosmogonia antica, con influssi animisti, anche con la divinizzazione della natura.
Durante il colonialismo francese, le istituzioni islamiche furono anche sfruttate contro la casta degli Ineslemen Tuareg, per combattere le rivolte dei nobili e dei capi tribù che non volevano sottomettersi. Oggi i Tuareg si definiscono islamici pur avendo mantenuto le proprie tradizioni e un profondo spiritualismo ascetico-animista, e sono considerati “padroni” del deserto.

La società tuareg tradizionale era profondamente gerarchizzata, con diverse classi o caste, fra le quali si distinguono gli Imajaghan (nobili); gli Imghad ("quelli delle capre"); Iklan, schiavi domestici, chiamati anche Bella e Buzu.
Un ruolo riconosciuto a parte è quello degli Ineslemen (musulmani), specie nelle tribù in cui esercitano l’amministrazione delle questioni religiose e del diritto musulmano. Vi sono poi gli Inadan, cioè gli artigiani, gruppo sociale a sé con forte endogamia; gli Ighawellan e Iderfan, conosciuti anche con il nome arabo Harratin, antichi schiavi affrancati, collocati fra gli “uomini liberi” ma sopra gli Iklan. Le principali comunità Tuareg oggi in Algeria sono i Kel Ahaggar e Kel Ajjer, Storicamente sono stati i Tuareg del deserto ad avere adottato i dromedari, ideali per lunghi trasferimenti e per il latte.
I Tuareg mantengono molti aspetti linguistici e culturali originari delle popolazioni berbere che popolano il Nordafrica dalla notte dei tempi. La cultura tradizionale ha conservato numerosi miti antichi, con una base preislamica, e una integrazione fra elementi antichi più recenti, di origine arabo-islamica. Per esempio i miti della progenitrice Tin Hinan, del dromedario Fakrou, dell'eroe fondatore Amerolqis, e dell'astuto Aligurran.
Fra le usanze più rispettate, la cerimonia del tè, per augurare la buona sorte ai viaggiatori che incontrano nel deserto, preparato tre volte, seguendo preparazioni diverse: amaro e forte (tè della morte); dolce con retrogusto amaro (tè della vita); e molto dolce e intenso (tè dell'amore).
Il sud dell’Algeria è la regione più ricca di diversità etnica, infatti è popolata non solo da arabi e berberi Mozabiti, ma anche da molti gruppi Tuareg, per un totale di oltre un milione di persone. Sono divisi in due confederazioni principali, Kel Ahaggar e Kel Ajjer, e conservano il tradizionale stile di vita nomade. Anche in campo religioso, nonostante l’appartenenza all’Islam sunnita Maliki, sono presenti diversi elementi dell’Animismo, e una struttura gerarchica basata sulla nobiltà di sangue e sulla ricchezza misurata in numero di animali posseduti, con servitori dediti alla pastorizia. Molto considerato, nella cultura tuareg, il ruolo della donna, che vanta diritti non presenti in altre culture islamiche, come la proprietà della casa, o rapporti prematrimoniali.

Anche i Tuareg hanno lottato, in passato, per il riconoscimento dei propri diritti come gruppo etnico, fino a scontri armati che hanno causato vittime.
Tra gli abitanti della regione, ci sono anche gli Harratin, etnia differente da quella berbera, nonostante ne sia stata fortemente influenzata. Una popolazione di pelle nera, dalle origini ancora oggi non chiare, ma secondo i ricercatori di antropologia pare provengano dal Sahara quando non era ancora il deserto che conosciamo oggi. Di tradizione nomade, dediti alla pastorizia, oggi sono una minoranza, a causa delle guerre del passato contro Berberi, Arabi e altre tribù subsahariane.
Banu Hilal
Anticamente erano i membri di una tribù araba del Najd, che emigrò in Nordafrica nell'11° secolo. Secondo le cronache storiche, erano accompagnati da mogli e figli quando giunsero in Maghreb, dove si stabilirono dopo aver sconfitto i Berberi, con i quali poi si mescolarono. Due le tribù originarie: Banu Hilal e Banu Sulaym, che avevano come antenato comune Mansur e come cugini comuni la tribù di Al-Yas, alla quale apparteneva il profeta Maometto. In seguito avvenne anche l’unione con gli ottomani, creando la discendenza definita Kouloughli.
I Banu Hilal emigrarono prima nel sud dell'Egitto, e da lì nel Maghreb, con una popolazione di circa 250persone, fra cui oltre 50mila guerrieri, fra cui la figura più nota fu l’emiro Abd El-Kader, condottiero della resistenza contro ottomani e francesi.
I Beni Hilal erano molto conservatori e la religione islamica è considerata la verità rivelata dalla maggioranza della popolazione. Inizialmente sciiti, dopo la conquista del Maghreb hanno abbracciato il Madhhab Malikita dei sunniti. La struttura sociale è patriarcale e ogni tribù ha un capo.

Le prime popolazioni arabe arrivarono in Algeria a partire dal 7° secolo, periodo in cui l’Islam conquistò il Maghreb, in prevalenza appartenenti alla tribù Banu Hila. Oltre che militarmente, gli arabi occuparono l’Algeria soprattutto dal punto di vista commerciale, data la posizione di grande valore strategico del Paese nel Mediterraneo.
Dalle zone costiere, i Banu Hilal si spinsero poi verso sud, entrando in contatto con altre popolazioni locali. Successivamente, gli Arabi d’Algeria, furono una delle colonne portanti del Califfato Omayyade, che diede inizio alla arabizzazione e islamizzazione delle terre conquistate, nel 7° secolo. Oggi la religione più diffusa in Algeria è l’Islam sunnita della scuola Malaki, una delle quattro principali della legge islamica, che raccolto anche popolazioni non arabe soprattutto durante il periodo ottomano, ma vi sono anche altre confessioni islamiche come il Sufismo (soprattutto nelle comunità di Ibaditi) e minoranze ebraiche, e cristiane derivate dal colonialismo europeo durato per 130 anni (circa l’1%), come i discendenti dei Pied Noir, francesi nati in Algeria, oggi relativamente numerosi. Vi sono poi consistenti gruppi turchi, discendenti dei dominatori ottomani, che hanno lasciato anche evidenti tracce a livello architettonico, con numerose moschee.
Inoltre vi sono i Koloughli, discendenti delle unioni miste arabo-turche, anch’essi eredità del passato coloniale ottomano, che oggi sono circa 2 milioni, e usano ancora la lingua e le conservano le tradizioni del Paese di origine, e anche le comunità di immigrati provenienti dall’Africa Subsahariana e dal Sahel, popolazione di pelle nera per altro in costante aumento e sempre più integrata, specialmente grazie al comune credo islamico.
Attualmente, oltre 47% della popolazione algerina è di etnia araba, anche se la maggior parte degli algerini discende dagli antichi Amazigh, che si sono uniti a vari popoli invasori del Medio Oriente, dell’Europa meridionale e dell’Africa sub-sahariana.
Le invasioni arabe fra il 7° e l’11° secolo hanno portato un numero limitato di nuove persone nella regione, ma hanno avviato una massiccia arabizzazione e islamizzazione delle popolazioni autoctone.

Solo 1/5 degli algerini si definisce di diretta discendenza Amazigh, di cui il Kabyle Imazighen, che occupa la zona montuosa ad est di Algeri, costituisce il più grande gruppo. Vi sono poi lo Shawia (etnia Chaouia), principalmente nelle montagne dell’Aurès; i Mozabiti discendenti dai seguaci di Ibadhi e Abd Al-Raḥman ibn Rustam, che abitano i confini settentrionali del Sahara; e i nomadi del Tuareg dell’Ahaggar.
Insieme alle più tradizionali istituzioni islamiche come le moschee e le madrase (scuole religiose), l’Islam professa un profondo misticismo, manifestato in diverse forme, spesso uniche dal punto di vista storico-culturale.
Un aspetto originale di questa tradizione, che ha origine nelle pratiche popolari islamiche e nell’insegnamento del Sufismo, è il ruolo svolto dai Marabout, ovvero individui considerasti una sorta di santi, possessori di speciali doti, venerati come grandi maestri, guaritori e leader spirituali. I Marabout spesso formavano fratellanze con molti adepti e, in diverse occasioni avrebbero fatto ricorso alla lotta armata in difesa del loro credo religioso.
In tempi pacifici praticavano un tipo di Islam che sottolineava la consuetudine locale e diretta spirituale, come gli insegnamenti del Corano. La loro indipendenza è stata spesso considerata una minaccia per il potere centrale, e i riformatori islamici hanno storicamente cercato di limitare la crescita dell’influenza dei Marabout, ma le tradizioni soprattutto culturali sono ancora molto sentite.
(*Direttore responsabile Assadakah News)
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