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Arabia Saudita - La Leggenda dell’Oasi e dei Tre Sigilli

  • 2 ott
  • Tempo di lettura: 10 min

Aggiornamento: 19 ott

Patrizia Boi (Assadakah News) -  Rubrica Culturale "Le Mille e Una Fiaba" - I Favolosi Paesi della Lega Araba


Capitolo 2 ARABIA SAUDITA - La Leggenda dell’Oasi e dei Tre Sigilli


La  Via dei Tre Varchi
La Via dei Tre Varchi

C’era una volta, nascosto tra le palme e le acque dell’infinita Oasi Al Ahsa, un villaggio circolare chiamato Ain al-Nur, la Fonte della Luce. Lì viveva un giovane nomade di nome Qays.


Qays non era un ragazzo come gli altri. I suoi occhi neri come l'inchiostro della notte, screziati d’oro come i riflessi del sole all’alba sulla sabbia, raccontavano storie che solo lui poteva comprendere. I suoi capelli, folti e corvini, cadevano sulle spalle con grazia, mentre un piccolo tatuaggio tribale sulla fronte segnava il legame con una stirpe che, si diceva, avesse parlato con i Jinn. Alto e slanciato, con il portamento fiero di chi cammina tra le dune, era sempre in ascolto, come se potesse udire i sussurri nascosti nella terra.


Il cuore di Qays, però, era ciò che lo rendeva davvero speciale. Custode delle storie dimenticate, aveva sentito fin da piccolo le voci dei pozzi antichi e sognato creature leggendarie. Le sue notti erano popolate da simboli e presagi, tanto che gli anziani del villaggio lo chiamavano Al-Mahfouz, "il Protetto". Non solo per la sua discendenza, ma anche per il modo in cui riusciva a leggere il futuro nelle stelle e nel vento.


Qays viveva in una piccola dimora scavata nella roccia, ai margini del palmeto, vicino a una sorgente protetta da un Jinn benevolo. Le sue giornate iniziavano con il canto degli uccelli e si chiudevano osservando il cielo, cercando presagi tra le stelle. Era destinato a riportare equilibrio tra gli spiriti del deserto e gli uomini, attraversando il velo che divideva il visibile dall’invisibile.


Ogni notte, suo nonno Hassan gli narrava la leggenda dei Tre Sigilli del Deserto, antichi talismani che proteggevano l’equilibrio tra il mondo umano e quello invisibile: il Regno dei Jinn, il Regno dell’Anqa, e l’Abisso dei Ghoul.


Il Presagio e la Profezia


Il giovane nomade Qays
Il giovane nomade Qays

Una notte, Qays sognò una figura avvolta in fiamme dorate, con ali come dune di fuoco e occhi d’ambra: l’Anqa, l’uccello mitico della rinascita. Con voce calda e avvolgente, gli sussurrò:


«Il primo sigillo è stato infranto. L’Abisso dei Ghoul si è risvegliato. Solo colui che sa ascoltare la Voce della Sabbia potrà ricucire lo strappo tra i mondi».


Quando Qays si svegliò, il villaggio sembrava privo di vita: il pozzo sacro era essiccato, le palme piegate, e gli animali fuggiti. La Malinata di Sabbia, la maledizione dei Ghoul, era arrivata. Qays, però, non esitò. Prese il suo bastone intarsiato e la mappa della Via dei Tre Varchi, che lo avrebbe guidato nei tre regni, per recuperare i sigilli.


Il Viaggio dei Tre Varchi


Primo Varco: Il Pozzo dei Sussurri (Regno dei Jinn)


Primo Varco: Il Pozzo dei Sussurri (Regno dei Jinn)
Primo Varco: Il Pozzo dei Sussurri (Regno dei Jinn)

Per tre giorni e tre notti, Qays cavalcò attraverso un mare di sabbia che cambiava forma ad ogni respiro del vento. Le dune, simili a draghi dormienti, sembravano osservare ogni suo passo. Quando il cielo si tinse di oro e ametista, Qays giunse al Pozzo dei Sussurri, circondato da lastre di alabastro incise con rune dimenticate. Si diceva che il pozzo non contenesse acqua, ma memorie perdute.


Lì, tra la sabbia e la luce tremolante, apparve Nura, una Jinn dalle forme fluide, i suoi occhi mutavano colore come il cielo al tramonto. La sua voce era dolce e penetrante:


«Se cerchi il Sigillo dell’Equilibrio, dovrai affrontare la Prova della Verità: non con la lingua, ma con il cuore. Ogni parola falsa, ogni emozione nascosta, diventerà un’ombra che ti inseguirà finché non la riconoscerai».


Qays guardò dentro il pozzo e vide sé stesso, ma non come era, bensì come sarebbe potuto essere. Le voci sussurravano ricordi dimenticati e dolori sepolti. Le ombre, come spettri di sabbia nera, lo circondarono, ma Qays comprese che per superarle doveva riconoscerle, abbracciarle e lasciare che svanissero nel perdono.


Quando il pozzo si illuminò di una luce ambrata, Nura gli pose sulla fronte una mano di calore e vento.


«Hai ascoltato, non sei fuggito. Il Primo Sigillo è tuo.»


Le porse una pietra d’ambra, che tremolava di luce come un cuore. Vi era inciso un simbolo antico: un cerchio spezzato da una linea, simbolo dell’equilibrio tra il visto e l’invisibile, tra ciò che siamo e ciò che scegliamo di essere.


Secondo Varco: Il Nido dell’Anqa (Regno dell’Aria e del Fuoco)


Secondo Varco: Il Nido dell’Anqa (Regno dell’Aria e del Fuoco)
Secondo Varco: Il Nido dell’Anqa (Regno dell’Aria e del Fuoco)

Qays percorse un cammino arduo, giungendo in un luogo che sembrava sospeso tra cielo e fuoco. Il vento, caldo e crepitante, sferzava le sue guance mentre camminava su un terreno di sabbia dorata, che brillava sotto il sole come se fosse ricoperta di polvere d’oro. In lontananza, all'orizzonte, spuntavano cime montuose, la cui vetta pareva toccare le stelle. In mezzo a queste montagne, sorgeva un enorme nido, intrecciato di rami ardenti e fiamme che non sembravano consumarsi mai. Era il Nido dell’Anqa, l’uccello mitico, una creatura leggendaria capace di rinascere dalle proprie ceneri.


Non appena Qays si avvicinò, il cielo sopra di lui divenne improvvisamente silenzioso, come se il regno stesso stesse trattenendo il respiro. L’Anqa apparve davanti a lui, una figura maestosa, alta come una montagna, con piume dorate che scintillavano alla luce del sole. Il suo sguardo penetrò il cuore di Qays, come se potesse leggere ogni suo pensiero, ogni sua paura.


«Per ottenere il secondo sigillo, giovane nomade», disse l’Anqa con voce profonda e misteriosa, «dovrai affrontare la Prova della Visione».


Qays non capiva. Non c’era nulla in quel paesaggio che potesse sembrare una vera sfida. Ma l’Anqa lo invitò a camminare, e man mano che lo faceva, il mondo attorno a lui cominciò a cambiare.


La sabbia sotto i suoi piedi si fece più morbida, quasi liquida. Le montagne in lontananza ondeggiavano come se fossero spinte da una brezza invisibile. Poi, all’improvviso, il cielo divenne un immenso specchio. Qays si guardò negli occhi e vide qualcosa che non aveva mai visto prima: il suo volto riflesso, ma non era quello che si aspettava. Le linee erano distorte, i suoi occhi più grandi, la sua bocca più aperta in un grido silenzioso. In quello specchio, il giovane vide versioni di sé stesso che non riconosceva: un bambino che aveva paura, un giovane che cercava di sfuggire al suo destino, un adulto che, con gli occhi pieni di rimpianto, si voltava indietro.


Ogni visione lo colpiva come un fulmine. Ma non era solo il mondo a distorcersi; anche i suoi pensieri, le sue emozioni, le sue paure si mescolavano in un turbinio senza fine. Ogni passo che faceva lo portava più lontano dalla realtà che conosceva, e il sentiero sembrava sfuggirgli sotto i piedi.


Poco a poco, Qays si rese conto che il vero inganno non era nel paesaggio, ma nel suo cuore. Le illusioni che vedeva erano il riflesso delle sue paure più profonde, dei suoi desideri nascosti. La sabbia che sembrava così calda, i fiumi che sembravano così vicini… erano solo immagini della sua mente, visioni che lo trattenevano distraendolo dal suo scopo.


Ma una voce, chiara e forte, gli parlò:


«Non puoi fuggire dalle tue paure, né dalle tue illusioni. Devi guardare oltre, oltre ciò che vedi. Solo così troverai la verità».


Fu allora che Qays vide un’altra visione. Non una paura, non un sogno, ma una verità. Il volto di sua madre gli apparve davanti, e con lui, il sorriso di suo padre. In quel momento, capì: non doveva più fuggire dalla sua storia, dalla sua famiglia, dalle sue radici. Doveva accettare tutto ciò che era, senza paura. Solo così avrebbe trovato la forza di proseguire.


Il paesaggio si sfuocò. Le illusioni svanirono, e davanti a lui, l’Anqa gli si avvicinò, con occhi pieni di saggezza.


«Hai visto» disse l’Anqa, «la verità che risiede oltre la superficie. La tua visione non deve essere distorta dalla paura. Solo chi è capace di guardare senza illusione può ottenere il secondo sigillo».


Con un gesto delle sue ali, l’Anqa gli donò il sigillo: una piuma d’oro puro, che brillava di una luce intensa, ma serena, come un faro di saggezza. Qays la prese tra le mani, comprendendo finalmente che la vera forza non stava nel combattimento esterno, ma nella capacità di guardare dentro se stesso, senza timore.


Terzo Varco: La Necropoli dei Ghoul (Abisso degli Spiriti Oscuri)


Terzo Varco: La Necropoli dei Ghoul (Abisso degli Spiriti Oscuri)
Terzo Varco: La Necropoli dei Ghoul (Abisso degli Spiriti Oscuri)

Qays si trovò davanti al terzo e ultimo varco, il più temuto di tutti. Il cielo sopra di lui si fece di un grigio pallido, e un vento gelido sferzò il suo viso, come se il mondo stesso stesse esalando il suo ultimo respiro. Davanti a lui si ergeva una città antica, una necropoli oscura dove la terra sembrava essere stata contaminata dal dolore e dalla rabbia. Le rovine di ciò che un tempo doveva essere stato un imponente regno di pietra, ora giacevano crollate, avvolte da una nebbia densa che sembrava non muoversi mai.


Nel cuore di questa città dimenticata regnava la notte eterna. Qays avanzò, il suolo sotto di lui che scricchiolava, come se anche la terra volesse dirgli di fermarsi. Ma non c’era via di fuga. Il suo cuore batteva forte, eppure sapeva che doveva proseguire. Una sensazione di inquietudine lo invadeva, e fu allora che le prime presenze si manifestarono: ombre scure che si sollevarono dai resti di statue crollate, dai sarcofagi dimenticati, dai pozzi di pietra.


I Ghoul erano creature spettrali, alte e deformi, con occhi vuoti che brillavano di una luce fredda. Le loro bocche spalancate emettevano suoni sordi, come lamento, ma anche risa crudeli. Non erano semplicemente mostri, ma la personificazione di ciò che Qays aveva rifiutato dentro di sé: le sue paure, la sua rabbia, il suo dolore non curato, la sua vergogna. Questi Ghoul non erano estranei, ma i lati oscuri della sua stessa anima che si erano separati da lui, trasformandosi in qualcosa di terribile.


Il primo Ghoul si avvicinò, la sua presenza divenne insostenibile. Era alto come una torre, e la sua pelle, come quella di tutti i Ghoul, sembrava fatta di ombre liquide.


«Vieni, Qays», mormorò con voce gutturale, «Vieni ad affrontare ciò che hai nascosto a lungo nel profondo del tuo cuore. Non scapperai da noi, non scapperai da te stesso».


Ogni passo che Qays compiva nel cuore della Necropoli sembrava avvicinarlo sempre di più alla sua paura più grande: l’idea che i suoi demoni interiori fossero troppo potenti per essere sconfitti. Gli occhi dei Ghoul non erano mai fissi, ma si spostavano costantemente, come se scrutassero dentro di lui, cercando la sua debolezza.


L’oscurità intorno a lui si fece più profonda, e le ombre sembrarono fluttuare come nebbia, avvolgendolo. La sua mente cominciò a cedere al terrore. Immagini di frustrazione, dolore e rabbia si fusero in un unico vortice: la morte di suo padre, la paura di non essere all’altezza, la furia di non essere stato compreso. Le voci dei Ghoul riecheggiavano dentro di lui, spingendolo verso la disperazione, verso l'odio.


«Vendicati», sussurrò uno dei Ghoul, mentre le sue mani scheletriche si allungavano per afferrarlo. «Non ti è mai stata data giustizia. Vendicati».


Qays quasi cedeva, ma poi si fermò, un pensiero lo scosse: «Non sono loro. Non sono questi demoni. Sono le mie paure. Sono i miei errori, le mie ferite che non ho mai guarito».


Fu in quel momento che la nebbia si fece più densa, e le voci dei Ghoul aumentarono, come se volessero soffocarlo. Ma Qays, pur tremando, alzò la testa e guardò il Ghoul che lo stava fissando. Un'incredibile sensazione di rivelazione lo invase.


«La rabbia non è la risposta. Non è la via».


Con un atto di grande forza, Qays chiuse gli occhi e pensò a ciò che più gli stava a cuore: la sua famiglia, il legame che lo aveva portato fin lì. Pensò al perdono, al coraggio di guardare le sue cicatrici e non nasconderle.


«Io posso essere più di ciò che ho vissuto».


La nebbia che avvolgeva il suo cuore cominciò a svanire. I Ghoul, che fino a poco prima sembravano invincibili, cominciarono a dissolversi, come sabbia che si sfalda al vento. Il buio si fece meno opprimente, e Qays si sentì più leggero, come se un peso fosse stato sollevato dalla sua anima.


Poi, dal cuore del silenzio, il Ghoul più grande, quello che gli aveva parlato per primo, si avvicinò. La sua figura era meno minacciosa ora, e in mano teneva un teschio di quarzo che brillava di una luce fredda, ma misteriosamente bella.


«Con questo, hai vinto», disse il Ghoul, la sua voce ormai più dolce. «Hai affrontato te stesso, e hai scelto la via del perdono e della compassione. Il terzo sigillo è tuo».


Qays prese il teschio, la sua superficie liscia e trasparente come il vetro. Guardandolo, capì che non solo aveva vinto contro i Ghoul, ma che aveva vinto contro le sue paure più oscure, quelle che lo avevano tenuto prigioniero per tanto tempo.


Con il teschio di quarzo tra le mani, il terzo sigillo era ora suo. L’ombra che l’aveva perseguitato scomparve, lasciando un silenzio che, pur cupo, ora portava con sé una serenità profonda. Il viaggio di Qays era giunto al termine, ma il vero cammino era appena iniziato.


Il Ritorno e la Rinascita


Qays tornò ad Ain al-Nur con i tre sigilli. Quando li collocò nel Tempio delle Palme Antiche, al centro dell’oasi, un’esplosione di luce verde smeraldo illuminò il cielo. La magia dei Sigilli si risvegliò, e in un attimo, l'oasi si trasformò. Le acque tornarono a scorrere, fresche e cristalline, rivelando corsi d'acqua nascosti da secoli. Gli alberi fiorirono, le palme si eressero verso il cielo con rami pieni di frutti dorati. Gli animali, che avevano lasciato il villaggio, tornarono timidamente, portando con sé il profumo della pace ritrovata.


L'Anqa volò sopra il cielo, tracciando il simbolo dell’infinito tra le nubi, e il suo canto si intrecciò con il vento, portando la promessa di un equilibrio ritrovato. Nura apparve, sorridendo silenziosamente, mentre i Ghoul, vinti ma non distrutti, sprofondarono negli abissi, in attesa di cuori deboli. Ma ora l’oasi era salva, protetta dalla forza dei Sigilli e dalla magia della compassione che Qays aveva riscoperto dentro di sé.


Il giovane nomade, con il cuore più leggero e lo spirito più forte, divenne il nuovo custode della pace tra gli uomini e gli spiriti. E ogni notte, tra le palme di Ain al-Nur, ascoltava le storie di un deserto che, pur essendo immenso e misterioso, ora apparteneva a chi sapeva ascoltare e portare equilibrio.


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SPECIALE LEGA ARABA

A cura di Roberto Roggero, Patrizia Boi

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