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Iran-Israele - L’ombra dell’aggressione e il rischio di catastrofe nucleare

Mentre Israele intensifica i bombardamenti, l’Iran resiste sotto embargo, sanzioni e disinformazione

Maddalena Celano (Assadakah News) – 20 giugno 2025

Da otto giorni, la Repubblica Islamica dell’Iran è bersaglio di una campagna militare sistematica da parte dello Stato di Israele. Gli attacchi, iniziati senza una dichiarazione formale di guerra, sono andati via via intensificandosi, colpendo non solo obiettivi militari ma anche infrastrutture strategiche come centrali nucleari civili, mettendo a repentaglio l’intera regione mediorientale.

Il silenzio complice delle potenze occidentali – e la retorica unilaterale di Tel Aviv – alimentano una narrazione in cui l’Iran viene sistematicamente demonizzato, mentre Israele continua ad agire impunemente al di fuori di qualsiasi vincolo del diritto internazionale.


AIEA: nessuna fuga radioattiva, ma rischio gravissimo


A lanciare l’allarme, con parole misurate ma inequivocabili, è stato Rafael Grossi, direttore generale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), intervenuto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite:

“Gli attacchi ai siti nucleari nella Repubblica Islamica dell’Iran hanno causato un grave deterioramento della sicurezza nucleare e fisica. Sebbene non vi siano state finora emissioni radioattive, esiste il rischio concreto che ciò possa verificarsi in caso di ulteriori azioni armate.”

La comunità internazionale non può ignorare il fatto che Israele ha deliberatamente colpito strutture nucleari pacifiche sottoposte alla sorveglianza dell’AIEA e costruite per la produzione energetica o la ricerca civile. È bene ricordare che l’Iran è ancora formalmente aderente al Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP), a differenza di Israele, che non ha mai firmato il trattato, né ha mai permesso ispezioni internazionali ai suoi arsenali.

La condotta israeliana rappresenta, di fatto, una violazione multipla del diritto internazionale, oltre a configurarsi come un crimine ambientale e una minaccia per milioni di persone.

La “campagna prolungata” di Israele: la dottrina dell'aggressione preventiva


Il tenente generale Eyal Zamir, capo di stato maggiore delle Forze Armate israeliane, ha dichiarato apertamente che il popolo israeliano deve prepararsi a una “campagna militare prolungata” contro l’Iran, accusato – senza prove concrete presentate alla comunità internazionale – di pianificare la distruzione dello Stato di Israele.

Zamir ha parlato di 2.500 missili iraniani pronti al lancio e della possibilità che entro due anni il Paese ne possieda 8.000. Queste dichiarazioni rientrano in una retorica bellicista, già nota nella storia israeliana, che legittima ogni forma di aggressione come atto “preventivo”. Una dottrina che Israele applica da decenni contro Paesi arabi e musulmani, spesso con la complicità o il silenzio dell’Occidente.

Ma se una simile strategia è stata applicabile in passato a Stati indeboliti, come l’Iraq o la Siria, l’Iran è oggi una potenza regionale stabile, con un ampio consenso interno, un esercito organizzato e un’ampia rete di alleanze. Continuare a trattarlo come uno “Stato-canaglia” non solo è anacronistico, ma pericoloso per l’equilibrio regionale e globale.


Iran sotto attacco e sotto censura: due pesi e due misure

Nel cuore della crisi, si assiste anche a una pesante campagna mediatica internazionale volta a delegittimare la risposta iraniana, mentre si tace sulle cause dell’attuale escalation.

Nel frattempo, l’Iran – già provato da decenni di sanzioni illegittime, isolamento economico e terrorismo di Stato da parte di Israele (tra cui l’assassinio mirato di scienziati civili) – è ora costretto a gestire anche l’insicurezza informatica e la guerra psicologica. La Human Rights Activists News Agency (HRANA) denuncia l’arresto di oltre 206 cittadini iraniani in una settimana, per aver pubblicato contenuti online sul conflitto.

Il dato va però interpretato con cautela: molti account sarebbero legati a reti di propaganda straniere, che in passato hanno contribuito a fomentare disordini interni sotto la regia di intelligence occidentali o israeliane. La Repubblica Islamica, nel mezzo di un’aggressione militare e informativa, ha reagito con misure di sicurezza straordinarie, tra cui il blackout temporaneo di Internet, necessario a contenere interferenze esterne in tempo di guerra.


Un cittadino europeo arrestato per spionaggio


La tensione è ulteriormente cresciuta con l’arresto di un cittadino europeo, accusato di spionaggio. L’uomo sarebbe stato sorpreso nel sud-ovest dell’Iran, in prossimità di aree militari sensibili, sotto copertura turistica, proprio nei giorni dell’inizio dell’offensiva israeliana.

La notizia, riportata dall’agenzia Tasnim, rivela un altro elemento della strategia israeliana: la raccolta di intelligence tramite alleati o "volontari" occidentali. Nessuna dichiarazione ufficiale è finora giunta dai governi europei, che preferiscono non inimicarsi Tel Aviv, dimostrando ancora una volta la doppia morale dell’Occidente, pronto a denunciare le violazioni dei diritti umani in Iran, ma cieco e muto di fronte all’apartheid israeliano, all’assedio di Gaza, e ai crimini di guerra in Siria e Libano.

Diritto alla sovranità, diritto alla difesa


In questo scenario, diventa fondamentale rimettere al centro della narrazione il diritto dell’Iran alla difesa e alla sovranità nazionale. Un Paese che ha saputo resistere per oltre quarant’anni a embarghi, sabotaggi, guerre per procura, terrorismo economico e informativo, e che oggi affronta una nuova fase dell’aggressione sionista.

La comunità internazionale ha il dovere di intervenire non per “fermare l’Iran”, come chiedono gli Stati Uniti, ma per fermare Israele, riportandolo all’interno del diritto internazionale, imponendo sanzioni per l’attacco deliberato a impianti nucleari, e convocando un tavolo multilaterale che rilanci la pace regionale su basi nuove, giuste e simmetriche.

Il Medio Oriente non ha bisogno di una nuova guerra: ha bisogno di rispetto, verità e giustizia.


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