Iran - Israele vuole una guerra regionale
- Maddalena Celano
- 18 giu
- Tempo di lettura: 3 min
L’Iran accusa: “Israele vuole una guerra regionale”. E l’Italia? Non basta la diplomazia del silenzio

Maddalena Celano (Assadakah News) - Roma – Un’escalation silenziosa ma inesorabile si sta consumando nel cuore del Medio Oriente. E mentre le capitali europee restano in equilibrio su un filo sottile di neutralità diplomatica, da Teheran arriva un messaggio chiaro e inquietante: “Israele sta cercando deliberatamente una guerra regionale”.
A lanciare l’allarme è Mohammad Reza Sabouri, ambasciatore iraniano a Roma, che in una recente intervista all’Adnkronos ha parlato senza giri di parole. Le parole dell’ambasciatore vanno oltre la consueta retorica diplomatica: pongono l’Italia e l’Europa davanti a una scelta etica e strategica.
“Una provocazione calcolata”
Secondo Sabouri, gli attacchi israeliani contro obiettivi iraniani non sono incidenti isolati, ma parte di una strategia più ampia e lucida. “Israele ha colpito due giorni prima dell’apertura del sesto round di negoziati indiretti tra Teheran e Washington a Muscat”, spiega. “Era tutto calcolato. L’obiettivo? Sabotare il dialogo”.
Non è difficile crederlo. Ogni volta che si intravede uno spiraglio di diplomazia tra Iran e Stati Uniti – mediato da Oman, Qatar o da qualche capitale europea – accade qualcosa che fa deragliare tutto: un raid, un omicidio mirato, una provocazione.

Il paradosso della "difesa preventiva"
Israele, dal canto suo, parla di “difesa preventiva”. Ma Sabouri ribatte: “Il diritto internazionale non riconosce un’aggressione preventiva come atto legittimo”. Ed evoca l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, che legittima la difesa solo in caso di attacco armato. “Noi ci stiamo difendendo. Ma se Israele smettesse di colpirci, anche l’Iran interromperebbe le sue risposte”.
Una proposta implicita di de-escalation, che però sembra cadere nel vuoto.
L’Italia: complice silenziosa o attore di pace?
Nel suo discorso, Sabouri non manca di sottolineare il ruolo italiano. “Con l’Italia abbiamo rapporti storici, profondi. Il ministro Tajani parla spesso con il nostro ministro degli Esteri Araghchi. Ma servono gesti più decisi”.
L’ambasciatore chiede un impegno più coraggioso da parte di Roma e dell’Europa: non bastano più le note di preoccupazione o i richiami alla moderazione. Occorre una condanna esplicita delle violazioni israeliane. In gioco non c’è solo la stabilità regionale, ma anche la credibilità internazionale delle democrazie europee.
L’ombra lunga degli Stati Uniti
Il contesto resta complesso. Gli Stati Uniti, pur riluttanti a un nuovo impegno militare diretto in Medio Oriente, restano strettamente legati a Israele da un vincolo strategico e ideologico. E l’Iran sa bene che ogni passo verso un accordo con Washington deve passare attraverso il fuoco incrociato di interessi regionali, lobby transatlantiche e alleanze militari consolidate.
Mediazione russa: opzione realistica?
Alla domanda sulla possibilità di una mediazione russa, Sabouri risponde con apertura ma anche con realismo. “La Russia è un partner strategico e importante per l’Iran. Potrebbe avere un ruolo”. Ma dietro le sue parole si intuisce un sospetto: Israele non sembra davvero interessato a una mediazione. Non cerca soluzioni, ma rotture.
Cosa resta sul tavolo?
Un negoziato bloccato prima ancora di iniziare.
Una regione che rischia di scivolare in un nuovo conflitto su scala allargata.
Un'Europa che parla, ma non agisce.
Un’Italia che, per ora, sceglie la prudenza a scapito della giustizia.
Mentre la propaganda bellica cresce e il diritto internazionale viene reinterpretato secondo convenienze geostrategiche, la diplomazia rischia di diventare un esercizio sterile di neutralità apparente. Ma come insegna la storia, in certe fasi non scegliere è già una forma di scelta.
E il Medio Oriente, oggi più che mai, ha bisogno di scelte coraggiose.
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