top of page

La propaganda islamofoba diventa gaffe

ree

Maddalena Celano (Assadakah News) - La gaffe di Ceccardi: quando l’islamofobia diventa propaganda e oscuramento.

La clamorosa gaffe dell’eurodeputata leghista Susanna Ceccardi, che ha scambiato la processione cattolica della Desolata di Canosa di Puglia per un corteo islamico a Bologna, non è un incidente isolato. È il sintomo di una cultura politica che si regge sull’islamofobia come strumento di consenso.

Da anni, una parte della politica italiana costruisce il proprio discorso pubblico sull’ossessione per l’“invasione islamica” e per la “sottomissione delle donne arabe”. Eppure, questa retorica non serve a emancipare nessuno: serve a distrarre l’opinione pubblica dai problemi reali, compresi quelli che riguardano le donne in Occidente.

Si condanna il velo islamico, ma si tace sul fatto che in Italia:

  • ogni tre giorni una donna viene uccisa dal partner o ex partner;

  • la disparità salariale e la precarietà colpiscono in modo sproporzionato le donne;

  • la rappresentanza femminile nelle istituzioni resta ridicola rispetto a quella maschile;

  • la cultura patriarcale continua a giudicare il corpo femminile, a mercificarlo, a colpevolizzarlo.

L’odio verso gli arabi e i musulmani diventa così una comoda valvola di sfogo: invece di guardare in faccia il patriarcato di casa nostra, lo si proietta sull’“altro”, sul “nemico esterno”, in un gioco di specchi che assolve l’Occidente dai propri fallimenti.

La vicenda della Ceccardi lo dimostra con crudele ironia: nel denunciare l’Islam, ha usato l’immagine di un rito cattolico in cui donne italiane, vestite di nero e col volto coperto, sfilano per celebrare il dolore di Maria. Lo stesso meccanismo simbolico che viene imputato all’Islam — il corpo femminile velato, il silenzio rituale, la riduzione della donna a simbolo religioso — esiste e resiste nella nostra tradizione.

L’islamofobia è dunque funzionale a un certo tipo di politica: serve a creare paure, a generare consenso sull’odio, e a oscurare le questioni di genere interne all’Occidente. Una strategia di “distrazione di massa” che colpisce due volte le donne: quelle musulmane, stigmatizzate come sottomesse, e quelle occidentali, che vedono i loro problemi concreti relegati sullo sfondo.

Per questo la lotta femminista non può accettare il gioco dell’odio: smontare l’islamofobia significa anche smascherare un dispositivo che tiene in piedi il patriarcato “di casa nostra”, travestito da difesa dei diritti delle donne.


Commenti


bottom of page