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Lega Araba - 32° Vertice a Jeddah


Roberto Roggero - Il presidente siriano Bashar Al Assad è arrivato nella città saudita di Jeddah, per partecipare al 32° vertice della Lega Araba che si apre oggi, 19 maggio. È la prima volta dopo 12 anni, dall’esclusione di Damasco e dopo il reintegro ufficiale annunciato lo scorso 7 maggio, e la presenza di Assad a Jeddah segna il suo ritorno all’interno del consesso degli Stati arabi. La Siria era stata esclusa dalla Lega araba quando il regime di Assad aveva represso la rivolta inizialmente pacifica della popolazione, esplosa nel 2011 sulla scia delle proteste in Tunisia ed Egitto.

Il ritorno di Assad è il risultato dell’imprevista convergenza tra un campo conservatore, incarnato dagli Emirati Arabi Uniti e deciso a voltare pagina dagli anni della primavera araba, e alcuni vecchi alleati della Siria e della Russia, come l’Algeria, ma tra le cause ci sono anche due vicende che animano la regione: la prima riguarda la presenza di milioni di profughi siriani nei paesi vicini come la Turchia, il Libano e la Giordania.

In Turchia, paese che non fa parte della Lega araba, una parte della popolazione vorrebbe veder partire i rifugiati, in un momento in cui il paese attraversa un periodo difficile segnato dall’inflazione galoppante e dalle conseguenze del sisma. Perfino il candidato dell’opposizione Kemal Kılıçdaroğlu ne ha fatto un tema centrale della sua campagna elettorale. Anche in Libano, paese che vive una catastrofe economica e sociale, la presenza di due milioni di siriani è diventata un problema politico.

In occasione del reintegro nella Lega araba, Damasco si è impegnata a creare le condizioni del ritorno dei profughi, ma difficilmente milioni di siriani decideranno di tornare a vivere nel sistema che li ha costretti a partire, tra l’altro senza una soluzione politica e senza giustizia.

La seconda vicenda determinante è incentrata sul traffico di stupefacenti. La Siria è diventata il primo produttore ed esportatore del captagon, un’anfetamina che crea dipendenza e fa strage in Medio Oriente e non solo.

L’Arabia Saudita e la Giordania sono particolarmente colpite da questo flagello e fanno pressione su Damasco affinché contribuisca a trovare una soluzione. Anche in questo caso la Siria si è impegnata, in cambio di fondi, a combattere il traffico del captagon. Il problema è che la droga è diventata un’importante fonte di introiti per il paese e soprattutto per il regime: i sospetti si concentrano in particolare sul fratello di Assad, Maher, comandante della 4a divisione blindata. Il reintegro della Siria, dunque, rischia seriamente di rivelarsi una farsa o quanto meno una fonte di tensioni future.

Per i siriani, soprattutto per quelli che vivono all’estero, la sopravvivenza del regime che li ha spinti a fuggire è una pillola molto amara. Anche gli occidentali sono alle prese con un dilemma, emarginati da questa ricomposizione mediorientale e non più in grado di influire su una tragedia che per troppo tempo hanno ignorato.

I partecipanti al vertice di Jeddah dovranno affrontare la sempre in sospeso questione palestinese; la riammissione della Siria dopo 12 anni di sospensione, alla presenza del presidente Bashar Al Assad, che non incontra il consenso unanime; la situazione di emergenza in Sudan perché proprio a Jeddah, i portavoce delle due parti in causa non riescono a trovare un accordo; il processo di pace nello Yemen; la questione Marocco-Algeria; il processo di riavvicinamento fra Arabia Saudita e Iran e tutti i conseguenti processi di riavvicinamento dei Paesi del Golfo.

E questi sono solo alcuni degli argomenti, ma molti altri sono sotto i riflettori, sia dal punto di vista economico, che geopolitico, sociale e diplomatico. Il Summit di Jeddah arriva in un momento critico e con importanti sviluppi geopolitici che richiedono la consultazione di tutti, per far luce sulle varie sfide e raggiungere raccomandazioni e decisioni che contribuiscano a risolvere le situazioni di crisi, come il riassetto dello status delle relazioni arabe con l'Iran dopo il ritorno delle relazioni fra Arabia Saudita e Iran.


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