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Medio Oriente - MbS e la nuova strategia saudita

Lorenzo Utile - Analisti ed esperti di mezzo mondo si stanno facendo mille domande sulla via politica intrapresa dal principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, che pare avere aperto un canale di comunicazione con Pechino, mentre alza le barriere (soprattutto economico-finanziarie) nei confronti di Washington, e nel frattempo porta avanti una normalizzazione della Regione senza precedenti, in particolare per quanto riguarda il riavvicinamento a Teheran. Certo il principe saudita ha fama di imprevedibilità, ma non ci si deve fare ingannare. La strategia che sta mettendo in pratica è frutto di ragionamenti e calcoli molto particolareggiati, in particolare per quanto riguarda la riapertura delle relazioni diplomatiche con l’Iran, la mediazione della Cina e i rapporti con la Russia. Da non trascurare le relazioni con Israele, punto dolente a monte dei processi diplomatici che stanno riavvicinando diversi Paesi arabi fra loro.

MbS non è certo uno sprovveduto, anzi sa di poter contare su risorse enormi, ma ha anche ben chiaro che la forza economico-finanziaria che gli arriva dal petrolio, fra non molto tempo non sarà più sufficiente a mantenere la posizione egemonica di Riyadh, inoltre deve ben prepararsi ad assumere ufficialmente la guida del Paese in qualità di re, e presiedere alle celebrazioni per il centenario della nascita del Regno.

Anche un Paese forte come l’Arabia Saudita, però, per mantenere la propria posizione ha bisogno di alleati forti, specialmente dopo avere preso iniziative in merito a variazioni sostanziali su produzione e prezzo del petrolio, sfidando l’autorità dell’Opec e gettando scompiglio nel panorama internazionale basato sull’economia del greggio.

Lo scopo di tali manovre appare comunque evidente: sganciare il Medio Oriente, e l’Arabia in particolare, dall’influenza e soprattutto dall’ingerenza americana, per avviare una politica economica totalmente indipendente. Ovviamente, il principe saudita avrà ben valutato le reali possibilità del proprio Paese di poter agire in solitaria, rinunciando all’appoggio americano. Una mossa che non ha precedenti nella storia, poiché gli USA non sono stati solo un importante protettore, ma anche la leva che ha determinato la nascita stessa dell’Arabia Saudita, quando nel 1923, anno della fondazione del Regno, venne fondata anche la compagnia nazionale Saudi Aramco, dove Aramco è appunto l’acronimo di Arabian-American Oil Company, che iniziò l’attività grazie ad accordi con la Standard Oil California Company.

I tempi cambiano, e in un’area estremamente delicata dal punto di vista degli equilibri geopolitici come il Medio Oriente, i nemici di ieri diventano gli amici di oggi, e la stretta di mano fra i ministri degli Esteri saudita (Adel Al-Jubair) e iraniano (Mohammad Zarif), in territorio turco, ne sono un esempio lampante.

MbS sta quindi pilotando la transizione del Regno attraverso la transizione e la trasformazione economica, con un grande progetto noto come Vision 2030, con investimenti di miliardi e miliardi di dollari, che non comprende solo la realizzazione di opere come le città futuristiche in pieno deserto, ma soprattutto un oculato piano di sviluppo non più basato sull’economia del greggio, ma sulle potenzialità che derivano da tale ricchezza.

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