Meeting Rimini - Riflettori su Siria e Sudan
- 29 ago
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Assadakah News - Non solo Gaza, non solo Cisgiordania. Al Meeting di Rimini appena concluso, l’attenzione è stata posta su aree di crisi oggi fin troppo lasciate nell’ombra: Siria, Yemen, Myanmar, Sud Sudan e purtroppo altre ancora.
Lo slogan del Meeting “Costruire con nuovi mattoni nei deserti del mondo”, vuol dire mettere in primo piano soprattutto queste zone del pianeta, che sembrano sempre più abbandonate a sé stesse, tanto dalla cronaca internazionale quanto dalla politica e dalla diplomazia.
Il Sudan, dopo drammatici periodi del recente passato, è nuovamente preda di una atroce guerra civile, all’origine della più grave crisi umanitaria dei nostri giorni, con oltre 30 milioni di persone (più della metà della popolazione) che necessità con assoluta priorità di assistenza umanitaria. A tale proposito, vale citare la testimonianza di Laverie Guarnieri, del World Food Program, e di altri che hanno visto con i propri occhi la realtà della situazione, un dramma che va ben oltre i confini nazionali, non solo sul piano umanitario.

Particolarmente drammatica è la situazione nel Darfur, dove avvengono giornalmente violazioni di ogni diritto umanitario, soprattutto nella zona di El Fasher, sotto assedio da oltre un anno e mezzo, dove la popolazione civile è praticamente intrappolata senza via di scampo, dove i bambini subiscono continue violenze da parte dei paramilitari ribelli della Rapid Support force, tra fame, mancanza di cure, e scuole e ospedali continuamente bombardati, oltre a devastanti epidemie che si stanno diffondendo sempre di più.
L’Unicef parla di una tragedia senza precedenti, con oltre 260mila persone, tra cui 130mila bambini, tagliate fuori dagli aiuti umanitari.
Secondi i dati resi noti, dall’aprile 2024, oltre mille bambini sono stati uccisi o mutilati, molti altri sono stati strappati alle loro famiglie, vittime di violenze sessuali, rapimenti o arruolati forzatamente. Dallo scorso gennaio, più di 10mila bambini sono stati curati per forme gravi, quasi il doppio rispetto all’anno precedente, ma le scorte si sono esaurite, e il colera ha già causato oltre cinquemila.
I volontari di Medici Senza Frontiere raccontano che nella città di Tawila, dove si sono rifugiate quasi 400mila persone, la situazione è insostenibile, perché l’acqua diventa causa di morte. Catherine Russell, direttrice esecutiva dell’Unicef, riferisce di una situazione per la quale ogni peggiore descrizione appare inadeguata.
Il vescovo di Bentiu, monsignor Christian Carlassare, ha portato la propria testimonianza per quanto riguarda il Sud Sudan, dove la popolazione vive in estrema povertà, non ci sono libere elezioni dal 2011 e il Paese subisce anche l’afflusso dei profughi dal Sudan.
In Siria, dopo oltre 14 anni di guerra intestina, la tragedia della popolazione non è certo finita, come hanno evidenziato Jean François Thiry e Gianfranco Gentile, che operano sul campo con “Pro Terra Santa”, oltre alla testimonianza di monsignor Hanna Jallouf, vicario apostolico di Aleppo. Più lontano, anche in Myanmar la situazione è catastrofica, e peggiorata dal terremoto del marzo scorso, che ha lasciato il Paese in ginocchio.
Al Meeting di Rimini, tutti questi drammatici resoconti sono stati collegati da un motivo comune, cioè la consapevolezza che questi conflitti dimenticati sono parte integrante della nostra storia presente e condizionano gli equilibri mondiali, e che non è più possibile fare distinzioni fra una parte di umanità destinata a essere dimenticata e un’altra che invece debba essere tutelata.







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