America Latina: Resistere sotto Assedio
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Maddalena Celano (Assadakah News)
Negli ultimi anni, l’America Latina è tornata a essere una delle principali aree di conflitto geopolitico globale. L’esperienza della cosiddetta “onda rosa” aveva aperto uno spazio di sperimentazione politica, sociale ed economica mai visto prima nel continente: governi progressisti in Venezuela, Bolivia, Nicaragua, Cuba, Ecuador e Brasile hanno provato a costruire un modello alternativo basato sulla sovranità popolare, sull’integrazione regionale e sulla giustizia sociale. Ma fin da subito questi governi hanno dovuto affrontare una pressione esterna costante e sistemica: non solo sanzioni economiche e boicottaggi, ma anche campagne mediatiche coordinate, lawfare e destabilizzazione interna orchestrata dalle oligarchie locali e dagli interessi finanziari esterni. Quella che spesso viene definita “caduta delle sinistre” non è quindi frutto di incapacità politica, ma il risultato di un assedio continuo, metodico e coordinato.
Oggi la situazione è diversa rispetto al passato. L’America Latina non è più isolata: l’emergere di un contesto multipolare, con la crescente influenza di Cina e Russia, offre ai governi progressisti strumenti concreti per contrastare le pressioni esterne e rafforzare le loro economie. La Cina ha aperto canali di investimento, crediti e cooperazione infrastrutturale, mentre la Russia fornisce supporto politico e in alcuni casi militare, creando un’alternativa reale all’egemonia statunitense. Ma non è solo una questione di grandi potenze: negli ultimi anni anche l’Iran ha rafforzato legami politici ed economici con alcuni paesi progressisti latinoamericani, offrendo sostegno in settori strategici e promuovendo una rete di solidarietà internazionale che rompe il vecchio isolamento imposto dalle pressioni occidentali. Questo alleato, spesso sottovalutato nei resoconti mainstream, rappresenta un punto di riferimento per un’America Latina disposta a costruire politiche esterne autonome, a sostenere la propria sovranità e a rinsaldare legami con i movimenti di liberazione e solidarietà globale, come nel caso della Palestina.
L’ALBA (Alleanza Bolivariana per i Popoli di Nuestra América) rimane il fulcro di questa strategia di resistenza. Non si tratta soltanto di un’organizzazione simbolica o ideologica, ma di un progetto reale di cooperazione regionale basato su solidarietà, sovranità e giustizia sociale. Grazie all’ALBA, i governi progressisti latinoamericani hanno potuto sostenersi a vicenda, sviluppare programmi sociali comuni e difendersi, almeno parzialmente, dai colpi esterni. Parallelamente, il blocco BRICS offre un sostegno economico e finanziario concreto, permettendo ai paesi latinoamericani di aggirare le sanzioni e di costruire relazioni commerciali in valute alternative al dollaro, creando un’alternativa reale al dominio occidentale.
Nonostante queste possibilità, la pressione esterna resta significativa. In Honduras si sono visti tentativi di golpe elettorali, in Venezuela e Nicaragua gli assedi economici e diplomatici continuano, e in Brasile e Argentina la destra neoliberista tenta di tornare al potere sfruttando crisi economiche e tensioni sociali. Tuttavia, queste operazioni non devono far pensare a un collasso inevitabile. I governi progressisti latinoamericani, pur costantemente assediati, hanno dimostrato resilienza. In alcuni casi, come Venezuela e Nicaragua, la sopravvivenza politica è stata favorita anche dall’esistenza di apparati statali solidi, dalla mobilitazione popolare e dalle alleanze internazionali. Lo stesso vale per il Brasile sotto Lula, dove l’orientamento progressista continua a contare su una base sociale ampia e su relazioni strategiche con Cina, Russia e altri paesi del Sud globale.
Un aspetto spesso trascurato nelle analisi mainstream è la solidarietà latinoamericana verso i movimenti di liberazione e giustizia globale, in particolare verso la Palestina. Paesi come la Colombia, insieme ad altri governi e movimenti progressisti, hanno sostenuto le istanze palestinesi, denunciando le occupazioni e rafforzando reti di cooperazione internazionale basate sulla giustizia e la solidarietà. Questo impegno è parte integrante di un disegno più ampio di politica estera che rifiuta l’imperialismo e sostiene cause di liberazione in tutto il mondo, consolidando un fronte ideologico e geopolitico coerente.
Il panorama latinoamericano, dunque, non è quello di un continente sconfitto, ma di una regione sotto assedio che resiste. La sinistra non si trova di fronte a un semplice problema elettorale: è immersa in una guerra sistemica che combina pressione economica, politica, mediatica e giuridica. Tuttavia, la capacità di costruire alleanze con potenze emergenti come Cina, Russia e Iran, insieme al sostegno di reti regionali come ALBA e all’impegno dei popoli, indica che la resistenza non è solo possibile, ma reale. La battaglia è lunga e complessa, ma non c’è alcun segnale di resa automatica: i governi progressisti stanno imparando a difendersi, a coordinarsi, a costruire autonomia e resilienza.
In conclusione, l’America Latina vive oggi un momento di sfida straordinaria: il futuro dei governi progressisti non è scritto, ma le possibilità di sopravvivenza e persino di consolidamento politico ed economico esistono. La regione mostra un nuovo tipo di resilienza, fondata sulla cooperazione multipolare, sulla solidarietà internazionale e sulla mobilitazione popolare. L’ALBA resta il cuore di questa strategia, mentre la solidarietà con movimenti internazionali, come la Palestina, dimostra che l’America Latina progressista non guarda solo a sé stessa, ma partecipa alla costruzione di un mondo più giusto e multipolare, in cui la sovranità dei popoli e la giustizia sociale restano principi guida.







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