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Iran - L' ago della bilancia globale

La Guerra in Medio Oriente e il Rischio Hormuz: quando l’Iran diventa l’ago della bilancia globale

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Maddalena Celano (Assadakah News) . Nel cuore della notte, aerei statunitensi e israeliani hanno colpito per la seconda volta in tre giorni diverse infrastrutture critiche della Repubblica Islamica dell’Iran, tra cui centri di ricerca nucleare civile e impianti strategici. L’aggressione militare, condotta al di fuori di qualsiasi mandato delle Nazioni Unite, ha segnato una nuova escalation in una crisi che ormai ha assunto i contorni di una guerra regionale a tutti gli effetti.

La risposta di Teheran, finora contenuta e calibrata sul piano diplomatico e politico, potrebbe presto mutare. Il Parlamento iraniano, in una seduta straordinaria, ha votato a larga maggioranza a favore della chiusura dello Stretto di Hormuz, lo stretto passaggio marittimo da cui transita oltre un terzo del petrolio mondiale e quasi tutto l’export energetico dei Paesi del Golfo.

Una tale mossa, se attuata, metterebbe in ginocchio l’economia globale. E non si tratta di un’esagerazione.


Hormuz: il nodo energetico del mondo


Il solo nome “Hormuz” evoca timori nei mercati internazionali. Questo stretto largo appena 60 chilometri rappresenta un collo di bottiglia per il commercio globale: ogni giorno vi transitano tra i 17 e i 20 milioni di barili di greggio, in gran parte diretti verso Asia ed Europa. Bloccarne l’accesso significherebbe provocare un’impennata immediata del prezzo del petrolio, in grado di scatenare una crisi economica su scala mondiale.

Ed è proprio questo uno dei principali strumenti dissuasivi dell’Iran. Non un’arma offensiva, ma una leva strategica difensiva: un messaggio chiaro a chi, da Washington a Tel Aviv, ha scelto la strada del bombardamento e dell’assedio invece del dialogo.


Diritto internazionale violato, autodifesa legittima


È importante ricordare che l’attacco a impianti nucleari civili – inclusi quelli sotto supervisione dell’AIEA – costituisce una grave violazione del diritto internazionale e del Trattato di non proliferazione nucleare (TNP), al quale Teheran è parte firmataria. L’Iran, dal canto suo, ha più volte ribadito la natura pacifica del proprio programma nucleare.

Il ministro degli Esteri Araghchi ha dichiarato che "tutte le opzioni sono sul tavolo" per proteggere la sovranità, la sicurezza e la dignità della nazione iraniana. Parole che riflettono una linea di fermezza, ma non di avventurismo. Nonostante la provocazione militare, l’Iran non ha ancora risposto con attacchi diretti agli aggressori: ciò testimonia una volontà di evitare una guerra totale, pur nel rispetto del diritto alla legittima difesa.


Una decisione pesante, ma possibile


La chiusura di Hormuz non è una minaccia vuota. Le Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC) dispongono di una capacità navale asimmetrica avanzata: mine marine, droni, missili costieri e barchini veloci. Una chiusura dello stretto, anche temporanea, è tecnicamente realizzabile. La vera incognita è politica, non militare.

Il Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale, presieduto dalla guida suprema Ayatollah Khamenei, è ora chiamato a pronunciarsi. La mozione parlamentare non è vincolante, ma invia un chiaro segnale al mondo: l’Iran non accetterà più passivamente atti di guerra contro la propria sovranità.


Il silenzio europeo e l’ipocrisia occidentale


Nel frattempo, l’Europa resta paralizzata tra l’inerzia diplomatica e l’ipocrisia geopolitica. Mentre si afferma a parole la necessità di stabilità nella regione, nei fatti si giustifica o si minimizza l’uso della forza da parte di Washington e Tel Aviv. L’Iran viene continuamente dipinto come minaccia, dimenticando che è stato attaccato per primo.

Eppure, l’Iran ha dimostrato, negli ultimi anni, una crescente maturità geopolitica: ha rafforzato i suoi legami con Russia, Cina e molti Paesi del Sud globale; ha proposto piani di pace per la Siria e lo Yemen; ha ospitato missioni dell’AIEA e mantenuto aperti canali di dialogo anche con l’Europa.


Conclusione: non un gesto di forza, ma di sopravvivenza


La chiusura dello Stretto di Hormuz, se decisa, non sarà un atto di aggressione, ma un ultimo strumento di autodifesa. Il suo impatto ricadrà anche sull’Iran, è vero, ma colpirà soprattutto coloro che hanno scelto la strada dell’illegalità e dell’unilateralismo.

In un mondo che parla di diritto ma pratica il dominio, l’Iran si ritrova a difendere, da solo, il principio della sovranità e della dignità nazionale. È giunto il tempo, per la comunità internazionale, di riconoscere che la pace non si costruisce con le bombe, ma con il rispetto reciproco e con il dialogo. E che la chiave per la stabilità passa oggi da Teheran, non da Washington.

📝 Per approfondimenti: “Iran e strategia A2/AD”, “Crisi petrolifera globale 2025”, “Diritto internazionale e TNP”.📌 Prossimo aggiornamento: decisione attesa del Consiglio Supremo iraniano.


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