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La voce di Hind Rajab: il cinema come Resistenza

  • 7 ore fa
  • Tempo di lettura: 3 min
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Maddalena Celano (Assadakah News)

Roma, 23 ottobre 2025 — Al Cinema Madison di Roma è stato proiettato, nell’ultimo spettacolo serale, il film La Voce di Hind Rajab (The Voice of Hind Rajab), della regista tunisina Kaouther Ben Hania, già premiata con il Leone d’Argento alla Mostra del Cinema di Venezia 2025.


Un’opera che non lascia indifferenti: una ferita aperta, un atto di denuncia, un grido che attraversa lo schermo e si imprime nella coscienza dello spettatore.


Una storia vera, una voce che non muore


Il film racconta la storia vera della piccola Hind Rajab, una bambina palestinese di sei anni rimasta intrappolata in un’auto colpita da un carro armato israeliano nel cuore della Striscia di Gaza.


Nella registrazione reale della sua chiamata alla Mezzaluna Rossa Palestinese, Hind implora aiuto, piange, parla della paura e del buio che la circonda. Dall’altra parte del telefono, i soccorritori tentano disperatamente di raggiungerla, ma non ci riusciranno mai.


Hind muore, come i paramedici inviati per salvarla.

Kaouther Ben Hania — donna, araba, regista e testimone — affronta questa tragedia con un linguaggio essenziale e spoglio di artifici. La macchina da presa non indulge sul dolore, ma lascia che sia la voce — quella fragile, spezzata, infantile — a guidare la narrazione.


Il risultato è un film asciutto, di un’intensità devastante, che si muove tra documentario e finzione senza mai tradire la verità dei fatti.


Un film politico e umano


La Voce di Hind Rajab è, prima di tutto, un film politico, nel senso più nobile e necessario del termine.


Denuncia con coraggio la violenza sistematica dell’esercito israeliano contro la popolazione civile di Gaza: bambini, donne, anziani, personale sanitario, ambulanze. Mostra, senza retorica né propaganda, la brutalità di un conflitto che da decenni si nutre dell’impunità e del silenzio del mondo.

Ma Ben Hania non si limita alla denuncia: costruisce un film che parla di dignità, resistenza, compassione. Le scene dedicate ai volontari della Mezzaluna Rossa, che continuano a soccorrere nonostante la paura e la distruzione, restituiscono una dimensione universale di eroismo quotidiano, di etica umana al di là della guerra.


Il cinema come gesto di memoria e responsabilità


Con questo film, Kaouther Ben Hania conferma la potenza del cinema come strumento di memoria e di coscienza collettiva.


Come già in “The Man Who Sold His Skin” o in “Four Daughters”, la regista utilizza il linguaggio cinematografico per interrogare il rapporto tra individuo e Storia, tra verità e rappresentazione, tra dolore e dignità.

In La Voce di Hind Rajab, la memoria diventa responsabilità: la voce della bambina non è soltanto un eco del passato, ma un richiamo al presente, una denuncia del genocidio in corso e dell’indifferenza che lo accompagna.


Il film obbliga lo spettatore a guardare, a non distogliere lo sguardo, a riconoscere l’umanità negata dei palestinesi.


Una voce di donna, un cinema di coraggio


È impossibile non sottolineare la forza simbolica di una regista donna, araba, nordafricana, che sceglie di dare voce a un’altra donna — una bambina — palestinese.


In un panorama cinematografico ancora dominato da narrazioni occidentali e maschili, Ben Hania offre una prospettiva radicalmente diversa: uno sguardo femminile, empatico, politico, capace di raccontare la guerra non come spettacolo, ma come esperienza umana e collettiva.

La sua regia è sobria, ma non distaccata; lucida, ma profondamente partecipe. Ogni scelta estetica — il suono, la luce, il ritmo — è pensata per rispettare la voce di Hind, per farla risuonare al di là del tempo e dello spazio.

Un film che interpella la coscienza

La voce di Hind Rajab non è un film che si dimentica. È un pugno nello stomaco, ma anche una carezza: un film che piange, ma non cede alla disperazione.


Ci ricorda che ascoltare è un atto politico, e che raccontare è già un modo di resistere.

In un mondo che normalizza la violenza e censura la compassione, l’opera di Kaouther Ben Hania ci costringe a tornare umani.


E la voce di Hind, quella voce flebile e coraggiosa, continua a parlarci.


“La voce di Hind non è soltanto la sua. È la voce di un intero popolo e anche la nostra, se abbiamo ancora il coraggio di ascoltarla.”



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