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Roma - Ashura tra memoria storica e resistenza

  • 7 lug
  • Tempo di lettura: 3 min
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Maddalena Celano (Assadakah News) - La mia partecipazione all' Ashura nel Centro Islamico Imam Mahdi di Roma


Questo 6 luglio 2025, alle ore 20, ho partecipato, insieme alla scrittrice Patrizia Boi, alla commemorazione dell’Ashura presso il Centro Islamico Imam Mahdi di Roma. Lontano dai riflettori e dalle banalizzazioni mediatiche, ho assistito a un momento intenso di resistenza spirituale e memoria rivoluzionaria: la celebrazione del martirio dell’Imam Husayn a Karbala.


Karbala: l’archetipo dell’ingiustizia denunciata


L’Imam Husayn ibn Ali, nipote del Profeta Muhammad, fu massacrato con i suoi compagni nel deserto di Karbala nel 680 d.C., rifiutandosi di prestare giuramento a Yazid, califfo corrotto e tirannico. Ma la sua morte non fu vana: divenne simbolo eterno della coscienza etica che rifiuta il compromesso.

Ali Shariati – pensatore rivoluzionario iraniano e teorico di un Islam dei diseredati (mostazafin) – scrisse:

“Ogni giorno è Ashura, ogni terra è Karbala.”(Ali Shariati, “Il martirio”)

Con queste parole, Shariati non intendeva una semplice ricorrenza liturgica, ma una pedagogia esistenziale, un’etica della responsabilità. Karbala diventa allora una categoria dello spirito, un luogo dell’anima in cui l’individuo è chiamato a scegliere se schierarsi con la verità o con il potere.


Una spiritualità della dissidenza


La commemorazione al Centro Imam Mahdi è stata sobria, intensa, struggente. Poesie in farsi, canti elegiaci, recitazione di versi coranici e riflessioni toccanti hanno scandito il ritmo di una serata che è molto più di un rito: è liturgia della resistenza.

Ashura non celebra la sconfitta, ma la dignità dell’insurrezione. Non glorifica la morte, ma la vita che si dona per il giusto. Come scrive Shariati:

“Il martire non è colui che cerca la morte, ma colui che sceglie di non vivere inginocchiato.”(Ali Shariati)

Husayn, come Antigone o Che Guevara, non è un nostalgico del sacrificio, ma un testimone radicale di un’altra idea di potere: quella che si fonda sul diritto dei deboli a non essere schiacciati.


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Ashura e politica della memoria


Ashura è il contrario della rimozione storica. In un mondo che tende a celebrare i vincitori, gli imperi, le pacificazioni imposte, la tradizione sciita rimette al centro il diritto degli sconfitti a essere ricordati. Non a caso, lo stesso Shariati vedeva nell’Imam Husayn non solo un eroe religioso, ma il paradigma della “coscienza storica rivoluzionaria”. Egli scrive:

“Se non piangi Husayn, è perché non hai compreso la tua storia.”(Ali Shariati)

In questo senso, la commemorazione dell’Ashura è anche un atto anticoloniale. Essa rifiuta la narrazione imposta, il silenzio forzato, l’archivio ufficiale del potere. È memoria incarnata: resiste, ogni anno, alla tentazione dell’oblio.


Comunità, alterità e ospitalità


A Roma, la comunità sciita – composta da iraniani, iracheni, pakistani, libanesi, afghani e italiani convertiti – ha dato prova di ospitalità radicale. In una società sempre più chiusa all’alterità, quella comunità ha aperto le sue porte a chiunque volesse ascoltare.

Questa apertura non è folclore, ma etica del dialogo: un modo di vivere la fede come responsabilità verso l’altro, come testimonianza pubblica e non settaria. Non c'è spiritualità autentica senza il riconoscimento del dolore altrui.


L’Ashura come rito delle minoranze


In molti Paesi, i fedeli sciiti sono perseguitati, spesso stigmatizzati da regimi sunniti autoritari o da poteri che temono la potenza eversiva della memoria. Ma ogni anno, nonostante repressioni, censura e massacri, tornano simbolicamente a Karbala. Questo ritorno è atto politico.

In epoca postcoloniale e neoliberista, l’Ashura rappresenta una contro-pedagogia: quella del dolore che non si lascia assimilare, dell’identità che non si vende, della fede che non si piega.


Riflessione personale


Per me, partecipare a questo rito ha significato accostarmi a un Islam altro, non spettacolarizzato, non strumentalizzato, ma incarnato nei volti delle donne, dei bambini, dei giovani presenti. Un Islam della resistenza etica, della cura, della coscienza.

In un mondo dove le narrazioni dominanti cercano di svuotare i simboli del loro potere trasformativo, Ashura ci interroga profondamente:

“Da che parte stai, quando il potere mente?”“Da che parte stai, quando la verità costa cara?”

Non c'è neutralità davanti a Karbala. E oggi, come nel 680, l’indifferenza è complicità.


Ringraziamenti

Ringrazio il Centro Islamico Imam Mahdi di Roma per l’ospitalità e la possibilità di avvicinarmi a una delle più alte forme di spiritualità combattente.

Ringrazio Patrizia Boi, compagna di riflessione, per aver condiviso con me questa esperienza toccante.

E ringrazio l’Imam Husayn, che con il suo gesto ha lasciato a tutti – credenti e non – un testamento universale: non si tratta di vincere, ma di non tradire la verità.


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