Turchia - Dal sogno ottomano alla trappola dell’espansione
- 4 ago
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Wael Almawla - Con i grandi cambiamenti nella regione, in primis la caduta del precedente regime siriano e l’ascesa di nuove forze politiche al potere, la Turchia emerge come attore regionale di primo piano, estendendo la sua influenza su aree geografiche diverse, guidata da ambizioni legate ai “confini del sangue” della storia, più che alle mappe della realtà attuale.
Dal nord della Siria al Caucaso meridionale, dal Mediterraneo fino ai confini con Giordania e Iraq, Ankara si muove sospinta da una miscela di ambizione imperiale e interessi geopolitici. Tuttavia, questa espansione, per quanto efficace nell’immediato, non è priva di rischi strutturali. L’espansione senza basi strategiche solide, e il gioco su corde regionali e internazionali contraddittorie, spesso finisce per trasformarsi in una trappola che si chiude proprio quando si crede di avere il controllo.
La nuova Siria sotto il mantello turco
La caduta del precedente regime siriano ha aperto la strada a una realtà senza precedenti, in cui Hay’at Tahrir al-Sham è diventata la forza dominante a Damasco e Ahmed Al-Sharaa è stato nominato presidente della fase transitoria, in un’intesa interna ma con obiettivi esterni, supervisionata direttamente dalla Turchia.

Non si è trattato semplicemente di un cambio di volti, ma di un cambiamento profondo: Ankara è divenuta l’attore supervisore dei principali snodi del nuovo Stato siriano:
• Il nuovo esercito siriano è stato ricostituito sotto la supervisione diretta di ufficiali turchi.
• I servizi di intelligence centrali siriani seguono ora direttive di sicurezza turche.
• Le politiche pubbliche, inclusi media, istruzione e religione, sono largamente influenzate dal modello turco di gestione e controllo.
In questo modo, lo Stato siriano si trasforma in un cortile di servizio per Ankara, senza che questa influenza sia legittimata da un consenso nazionale o stabilità interna.
Un progetto ramificato: dalla Siria all’intera regione
L’azione turca non si ferma ai confini dell’influenza, ma mostra i tratti di un progetto trasformativo transnazionale con implicazioni demografiche, economiche e geopolitiche.
1. Cambiamento demografico mirato in Siria
L’insediamento di gruppi stranieri – turkmeni, caucasici e asiatici – in zone siriane da cui sono stati espulsi abitanti originari (soprattutto curdi, armeni, sciiti, cristiani, alawiti e drusi) non è solo una conseguenza della guerra, ma una strategia a lungo termine per ridisegnare la mappa demografica secondo quella che Ankara definisce “ambiente sicuro”.
Questo approccio, sebbene giustificato con motivazioni di sicurezza, manca di ogni fondamento legale internazionale e richiama alla memoria le politiche di deportazione forzata già condannate dalla comunità internazionale.
2. La costa siriana: porta del gas e del mare
I movimenti turchi attorno a Latakia e Tartus indicano la volontà di stabilire una presenza navale permanente e collegare le future linee del gas agli interessi turchi nel Mediterraneo. Sono in corso preparativi legali e politici per ridisegnare i confini marittimi e permettere ad Ankara di controllare le risorse marine siriane, rivedendo silenziosamente gli accordi di esplorazione con Russia e Israele.
3. Il sud della Siria come leva regionale
Le attività ai confini con la Giordania e la presenza di gruppi che si spostano tra il sud siriano e l’interno giordano aprono lo spazio a scenari di pressione su Amman, e forse anche sul Golfo e sull’Egitto, come parte di una strategia turca per acquisire carte negoziali su un tavolo instabile.
4. Un’intesa non dichiarata con il PKK
La Turchia avrebbe raggiunto una tregua con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) per facilitare una revisione costituzionale interna e la permanenza al potere dell’AKP e di Erdoğan. In cambio, Ankara agisce militarmente contro le Forze Democratiche Siriane a est dell’Eufrate, ristrutturando così l’equilibrio curdo a favore degli interessi turchi.
Tuttavia, questa intesa, sebbene utile nel breve termine, rischia di compromettere la credibilità di Ankara presso il suo pubblico nazionalista, che ha sempre visto il PKK come una minaccia esistenziale, rivelando così una doppiezza nel discorso turco.
5. L’asse turco-azero contro Iran e Armenia
Dopo la vittoria azera nel Nagorno-Karabakh con il sostegno turco, Baku è diventata partner strategico di Ankara nel contenimento dell’Iran da nord. Esistono segnali di un crescente coordinamento in campo militare e tecnologico, che influisce sugli equilibri sensibili al confine tra Iran e Armenia.
L’isolamento strategico: la trappola che si avvicina
Nonostante la dinamicità turca, ci sono fattori che indicano la mancanza di profondità strategica in questo progetto:
• Identità politica multiforme: La Turchia si presenta con un discorso religioso in Siria, laico internamente, nazionalista in Azerbaigian e pragmatico in Europa, perdendo così la fiducia dei potenziali partner.
• Alleanze fragili e temporanee: Il gioco sulle contraddizioni tra Russia e NATO, Iran e Arabia Saudita, offre spazio di manovra, ma non crea alleanze durature.
• Il cambiamento demografico come bomba a orologeria: L’esclusione settaria e regionale produce onde di resistenza che potrebbero esplodere nel futuro contro lo stesso progetto turco.
• Le ambizioni geografiche scontrano con la realtà: Ankara tenta di ridisegnare la mappa del Mediterraneo, del Caucaso e del Levante, ma si scontra con potenze più forti (Israele, Russia, Iran, Europa, Cina) che non lasceranno spazio senza una risposta decisa.
Scenario possibile: i costi nel breve termine
Se Ankara prosegue in questa strategia senza una revisione profonda, potrebbe affrontare nei prossimi anni:
• Frammentazione politica e sociale interna: scontri tra correnti nazionaliste, islamiste e alawite, con un ritorno della tensione curda.
• Sanzioni regionali e occidentali: per le politiche energetiche, i trasferimenti forzati e il sostegno a gruppi armati.
• Rottura dell’intesa curda: che potrebbe riaccendere l’insurrezione interna, sostenuta da attori esterni.
• Conflitto aperto in Siria: a partire da una resistenza popolare nell’est dell’Eufrate, sulla costa e nel sud, fino a scontri di sicurezza su larga scala.
• Perdita dell’influenza a Baku e Damasco, se cambiano gli equilibri internazionali o emergono alleanze improvvise.
In conclusione, ciò che accade in Siria e nella regione non è solo frutto della guerra, ma parte di un progetto turco multidimensionale, che mira a trasformare non solo la politica ma anche la geografia, la demografia e le risorse.
Tuttavia, l’espansione senza accordi autentici, e il gioco su tutte le contraddizioni, finisce spesso per schiantarsi contro il muro della realtà regionale e internazionale.
Le grandi scommesse possono sembrare vincenti nel momento, ma se non vengono riviste con razionalità strategica, rischiano di trasformarsi da successi temporanei a disastri geopolitici…
La storia non si dimentica, le identità non si cancellano, e le mappe disegnate col fuoco non costruiscono un futuro stabile.
Nel gioco delle nazioni, il pericolo non sta nell’essere piccoli, ma nel credersi abbastanza grandi da cambiare le regole da soli.







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