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I Jinn tra teologia islamica, folklore e psicologia: un’analisi interdisciplinare

  • 18 ago
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 21 ago

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Introduzione


Maddalena Celano (Assadakah News) - I Jinn costituiscono una delle figure più enigmatiche della cosmologia islamica. Né angeli né

demoni, essi sono creature create dal “fuoco senza fumo” (Cor. 55:15), dotate di libero

arbitrio e in grado di interagire con gli esseri umani. Presenti tanto nei testi sacri quanto

nelle tradizioni popolari, i Jinn offrono un terreno privilegiato di studio per la teologia,

l’antropologia e la psicologia delle religioni.

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Origini e natura


Il Corano e gli hadith distinguono chiaramente i Jinn dagli angeli e dagli uomini. Gli angeli

sono esseri di luce, gli uomini provengono dall’argilla, i Jinn invece dal fuoco. Questa

differenza ontologica spiega i loro poteri di metamorfosi, invisibilità e la loro estrema

longevità. Secondo alcuni tafsīr (esegesi), i Jinn abiterebbero spazi liminali: deserti, rovine,

mari e venti¹. La tradizione islamica classifica i Jinn in varie tipologie: i mārid (ribelli e

potenti), gli ‘ifrīt (spiriti malvagi), ma anche Jinn credenti e musulmani, dimostrando una

varietà che supera la dicotomia bene/male².


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I Jinn nel Corano e negli hadith


La Sura 72, Al-Jinn, narra l’ascolto e la conversione di un gruppo di spiriti alla predicazione

di Muhammad, sottolineando il loro ruolo all’interno della storia della salvezza.

Versetti come 6:100 o 55:15 ribadiscono la loro esistenza e potere.

Nei hadith, si sottolinea la presenza del qarīn (compagno spirituale che accompagna ogni essere umano) e le loro possibili interferenze con la vita quotidiana. Muhammad stesso avrebbe detto: «Non c’è nessuno di voi che non abbia accanto un compagno tra i Jinn» (Ṣaḥīḥ Muslim, Kitāb Ṣifat al- Qiyāmah).


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Dimensione antropologica


Già nell’Arabia preislamica, i Jinn erano considerati spiriti dei luoghi desertici, delle oasi e

delle notti ventose.

I poeti (sha‘ir) spesso si diceva componessero i loro versi grazie all’ispirazione di un Jinn personale³.

Con l’espansione islamica, le credenze sui Jinn si intrecciarono a pratiche locali:

- In Maghreb si svilupparono riti collettivi di danza e trance (gnawa, stambali) per

esorcizzarli o placarli.

- In Asia meridionale furono associati agli spiriti custodi dei luoghi sacri.

- Nell’Islam popolare persiste la credenza in possessioni e malattie causate da Jinn, con

pratiche di guarigione e recitazione di versetti coranici (ruqya).


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Letture esoteriche e psicologiche


Nel sufismo, i Jinn vengono spesso interpretati come metafore delle passioni interiori o

delle forze istintuali. La lotta contro i Jinn diventa allora lotta contro il proprio nafs (ego).

In epoca contemporanea, studiosi di psicologia della religione hanno messo in parallelo i Jinn

con gli archetipi junghiani, interpretandoli come proiezioni dell’inconscio collettivo⁴.

I Jinn rappresentano un campo d’indagine complesso, che attraversa teologia, folklore e

psicologia. Non semplici “demoni”, ma entità ibride che incarnano l’invisibile e l’imprevedibile. La loro persistenza nelle culture islamiche e nell’immaginario globale dimostra come i Jinn siano figure-limite: spiriti del confine, collocati tra fede e superstizione, tra bene e male, tra razionalità e mistero.


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Note bibliografiche

¹ El-Zein, A., Islam, Arabs, and the Intelligent World of the Jinn, Syracuse University Press,

2009, p. 36.

² Lane, E. W., An Arabic-English Lexicon, London, Williams & Norgate, 1863, p. 322.

³ Ibn Khaldun, al-Muqaddima, XIV sec.

⁴ Corbin, H., Corps spirituel et Terre céleste, Paris, Buchet-Chastel, 1966.

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