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Nicaragua affianco del popolo palestinese.

  • 14 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

Aggiornamento: 15 lug

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Maddalena Celano – (Assadakah News) - Il 19 luglio non è una semplice data nel calendario del Nicaragua: è la linfa viva della sua identità politica. È il giorno in cui, nel 1979, il popolo sandinista rovesciò la dinastia somozista, sostenuta dagli Stati Uniti, aprendo una nuova fase nella storia dell’America Centrale. Ogni anno, questa ricorrenza viene celebrata con una carica politica e simbolica che travalica i confini nazionali. Il 19 luglio è, infatti, anche la festa della resistenza anti-imperialista, dell’internazionalismo rivoluzionario e del diritto inalienabile dei popoli alla sovranità e all’autodeterminazione.

In questo spirito, il Nicaragua si è distinto, negli ultimi anni, per il suo posizionamento netto e coraggioso in difesa della causa palestinese. Il governo del presidente Daniel Ortega e della vicepresidente Rosario Murillo ha denunciato apertamente le atrocità commesse da Israele a Gaza, accusandolo di "genocidio" e definendo l’occupazione dei territori palestinesi “una vergogna per l’umanità”.

Come ha dichiarato Daniel Ortega nel luglio 2021, durante le celebrazioni del 42º anniversario della Rivoluzione:

“La causa palestinese è la nostra causa. Il diritto del popolo palestinese alla sua terra, alla sua indipendenza, alla sua dignità, è sacro quanto quello del popolo nicaraguense che si è liberato dalla dittatura di Somoza”.

In questo quadro, Managua ha rotto le relazioni diplomatiche con Israele già nel 2010 e ha rafforzato legami con paesi storicamente osteggiati dall’Occidente, tra cui Cuba, la Siria di Assad, Iran, Venezuela e Russia. Non è un caso che il Nicaragua sia membro attivo dell’ALBA-TCP (Alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America – Trattato di Commercio dei Popoli), un organismo di cooperazione regionale fondato da Fidel Castro e Hugo Chávez, che rappresenta una delle principali piattaforme di opposizione all’egemonia statunitense nell'emisfero occidentale.

All’interno dell’ALBA, il Nicaragua ha portato avanti un discorso chiaro e coerente: la difesa dei diritti dei popoli arabi e islamici alla sovranità nazionale, al di fuori delle logiche neocoloniali imposte da Washington e Tel Aviv. Managua ha stabilito relazioni solide con la Siria di Bashar al-Assad, con l’Iran della Repubblica Islamica e ha reiterato il proprio sostegno al governo di Cuba socialista, con cui condivide una lunga storia di cooperazione politica, sanitaria ed educativa.

Durante l’ultima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, il Nicaragua ha votato a favore di quasi tutte le risoluzioni pro-palestinesi e ha condannato l’uso del veto da parte degli Stati Uniti per bloccare una richiesta di cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza.

La posizione del governo sandinista è frutto non solo di una scelta politica, ma di una visione del mondo multipolare, anticolonialista e fondata sulla solidarietà tra i popoli oppressi. Come ha ribadito recentemente Rosario Murillo, vicepresidente e portavoce del governo:

“Non possiamo essere liberi se altri popoli vengono oppressi. La lotta del popolo palestinese, quella del popolo siriano, quella del popolo cubano, sono anche la nostra lotta. Noi sappiamo cosa significa resistere contro un impero.”

In questo contesto, la Festa Nazionale del Nicaragua assume un significato profondamente geopolitico e simbolico: celebrare il 19 luglio non significa solo ricordare la caduta di una dittatura interna, ma rilanciare il messaggio internazionale della Rivoluzione Sandinista: ogni popolo ha il diritto di autodeterminarsi, senza interferenze esterne, senza sanzioni, senza occupazioni militari.

Essere oggi a Managua, tra le bandiere rosso-nere del FSLN, tra i murales di Sandino e Che Guevara, tra le voci che inneggiano alla libertà e alla dignità, significa anche portare con sé la Palestina, il Libano, la Siria, lo Yemen, l’Iraq, l’Iran. Significa essere parte di quella rete di resistenza globale che non si piega davanti al potere dell’impero, né al silenzio complice dei governi europei.

In un tempo in cui molti movimenti progressisti globali hanno smarrito la bussola dell’internazionalismo, il Nicaragua la tiene alta, con orgoglio e coerenza. La solidarietà con la Palestina e con i popoli arabi non è un gesto retorico, ma una scelta di campo.

La storia giudicherà. Ma intanto, da Managua a Gaza, la lotta continua.

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