top of page

Iraq - Il Lamassu e lo stregone

  • 9 ott
  • Tempo di lettura: 7 min

Aggiornamento: 19 ott

Patrizia Boi (Assadakah News) -  Rubrica Culturale "Le Mille e Una Fiaba" - I Favolosi Paesi della Lega Araba


Capitolo 9 IRAQ - Il Lamassu e lo Stregone


Kiam partì dal villaggio e attraversò il deserto bruciato dal sole e poi le montagne rocciose
Kiam partì dal villaggio e attraversò il deserto bruciato dal sole e poi le montagne rocciose

Nel cuore dell'Iraq, dove le sabbie del deserto incontrano le montagne nere e i fiumi raccontano leggende millenarie, esisteva una valle nascosta, avvolta nel mistero e protetta dal potere di Shahmaran, la creatura metà serpente, metà donna. La sua caverna, nascosta tra le rovine di un’antica civiltà, custodiva segreti e conoscenze arcane, tramandate da un’epoca lontana. Shahmaran era l’ultima custode di quelle terre, una figura leggendaria, ma anche un simbolo di saggezza e di potere.


Tuttavia, da tempo la valle non era più un luogo di bellezza e serenità. Un essere malvagio, il perfido Zahhak, un stregone antico e crudele, aveva messo sotto il suo giogo la terra e le creature che vi abitavano. Con il suo potere oscuro, aveva trasformato il regno in un deserto sterile e maledetto, avvelenando le acque, distruggendo la vegetazione e facendo svanire ogni forma di vita. La sua influenza era giunta fin nelle terre sacre, dove Shahmaran, in esilio, rimaneva nascosta, impotente a fermare il male.


Nel piccolo villaggio che sorgeva ai confini di queste terre morenti, viveva un giovane di nome Kian, il cui cuore era colmo di coraggio e speranza. La gente parlava della valle maledetta e delle gesta eroiche di chi aveva tentato, invano, di fermare Zahhak. Ma Kian, nonostante la paura, non si piegò. La sua gente soffriva e lui non poteva restare indifferente. Decise di partire alla ricerca di Shahmaran, nella speranza che la sua saggezza e il suo potere potessero invertire il destino della valle.


«I saggi dicono che Shahmaran può liberare la valle dal male», gli dissero. «Ma la sua caverna è protetta da incantesimi di ombre, e solo chi ha il coraggio di affrontare le tenebre può trovarla».


Il viaggio di Kian alla ricerca della caverna di Sharaman


Kian giunse davanti alla caverna di Shahmaran. L'ingresso era oscuro e misterioso, nascosto dietro una cascata di cristallo che rifletteva luce tremolante
Kian giunse davanti alla caverna di Shahmaran. L'ingresso era oscuro e misterioso, nascosto dietro una cascata di cristallo che rifletteva luce tremolante

Così Kian si avventurò, lasciando il villaggio e attraversando il deserto bruciato dal sole e le montagne rocciose. Dopo giorni di cammino, giunse finalmente alla montagna che nascondeva la caverna di Shahmaran. L'ingresso era oscuro e misterioso, nascosto dietro una cascata di cristallo che rifletteva luce tremolante. La sua vista non era affatto rassicurante: la grotta sembrava inghiottire tutto ciò che vi si avvicinava. Un vento gelido spirava da dentro, portando con sé un'eco lontana, come un sussurro antico, un richiamo che sembrava provenire da un'altra dimensione.


Quando Kian si avvicinò all’ingresso, una voce misteriosa sussurrò nel vento, parlando in una lingua che il giovane non riconosceva. La cascata sembrava aprirsi lentamente, come se la montagna stessa stesse accogliendo la sua presenza, ma senza concedergli di entrare facilmente. Con il cuore che batteva forte nel petto, Kian varcò la soglia della caverna.


Un cammino stretto e tortuoso lo condusse attraverso cunicoli che si perdeva nell’oscurità. La luce delle torce tremolava sui muri di roccia, mentre l’aria diveniva sempre più densa e misteriosa. Quando infine giunse in una sala ampia, vide una figura imponente che emergeva dalle ombre: era Shahmaran, la donna-serpente, con il corpo avvolto in scaglie verdi che brillavano come smeraldi, e gli occhi che riflettevano la luce come stelle nel buio.


«Giovane, cosa cerchi in questo luogo sacro?» chiese la creatura, la sua voce un sussurro che sembrava provenire dall’anima stessa della terra.


Kian, senza paura, le raccontò della sua missione, della sua gente e dell'ombra malefica di Zahhak che stava distruggendo tutto ciò che toccava. Shahmaran lo ascoltò in silenzio, poi parlò con tono grave.


«Zahhak ha corrotto questa terra per troppo tempo. Ma per fermarlo, devi affrontare molte sfide, oh giovane. Il cammino non è solo fisico, ma spirituale, e le tue prove saranno difficili. Solo il vero coraggio può guidarti. Tuttavia, non sarai solo nel tuo viaggio».


In quel momento, una figura maestosa si fece strada nell'oscurità della caverna: un lamassu, una creatura con il corpo di un toro, ali di un’aquila e testa umana. La sua presenza emetteva una forza che proteggeva ogni cosa. Il lamassu parlò con una voce profonda che riecheggiò nella grotta.


«Io ti guiderò, Kian. Zahhak è potente, ma non invincibile. Il suo potere viene dall'oscurità, ma tu hai la luce dentro di te, se riuscirai a scovarla. La strada che ti attende è pericolosa, ma se riuscirai a dominare la paura, troverai ciò che cerchi».


Shahmaran gli donò un piccolo amuleto, una pietra che brillava di una luce verde come la sua.


«Questo ti aiuterà a superare le trappole di Zahhak. Ma ricorda, ogni passo che fai ti avvicina alla sua fortezza e ai suoi servitori malvagi».


Il cammino verso la Fortezza di Zahhak


Il cammino verso la fortezza di Zahhak si apriva come una ferita nella terra, tra canyon oscuri e deserti vetrificati da magie antiche
Il cammino verso la fortezza di Zahhak si apriva come una ferita nella terra, tra canyon oscuri e deserti vetrificati da magie antiche

Il cammino verso la fortezza di Zahhak si apriva come una ferita nella terra, tra canyon oscuri e deserti vetrificati da magie antiche. L’aria era pesante, intrisa del respiro velenoso del potere oscuro. Kian e il lamassu avanzavano tra rovine spezzate, segni di civiltà distrutte dal dominio del mago. Non era solo un viaggio fisico, ma una lenta discesa nelle paure più profonde dell’anima.


Le creature che incontravano erano specie di mostri. Erano uomini e donne mutati, ingannati da Zahhak con promesse di potere o salvezza. Uno di loro, un ragazzo con il volto simile a quello del fratello perduto di Kian, lo implorò di fermarsi.


«Zahhak ti darà ciò che desideri. L’amore, il rispetto, la pace. Devi solo inginocchiarti».


Kian vacillò. Il dubbio lo colpì come una lama sottile. Ma il lamassu gli parlò nel cuore:


«Non tutto ciò che brilla salva. E non tutto ciò che è oscuro è malvagio. Ma Zahhak è menzogna pura».


In una gola profonda, vennero separati. Il lamassu fu intrappolato in un vortice di catene magiche. Kian fu costretto ad affrontare da solo i Tre Guardiani delle Spine, spettri immortali nati dalla disperazione della terra. Per sconfiggerli, non bastava la forza: dovette cedere qualcosa. Ricordi. Per ogni custode sconfitto, dimenticava un frammento della sua infanzia. Alla fine, stremato e lacrimante, giunse solo alla soglia della fortezza, senza più il volto di sua madre nella mente, ma con l’amuleto di Shahmaran che pulsava come un cuore.


La Fortezza nera come l'inchiostro


La fortezza di Zahhak si ergeva come una torre di dolore, nera come l’inchiostro
La fortezza di Zahhak si ergeva come una torre di dolore, nera come l’inchiostro

La fortezza di Zahhak si ergeva come una torre di dolore, nera come l’inchiostro, ferita nel cielo stesso. Il portale si aprì con un gemito. E nel trono d’ombra, Zahhak lo attendeva. Non era solo un uomo: era diventato un’entità. Il suo corpo era attraversato da serpenti di fumo, e dai suoi occhi colava un veleno che faceva marcire ogni cosa.


«Ti aspettavo, Kian. Figlio del dubbio. Tu che porti la luce ma hai il cuore spezzato».


Il lamassu irruppe all’improvviso, liberato da un ultimo atto di fede di Kian. Ma non bastò. Zahhak evocò Il Doppio, un’ombra identica a Kian, fatta di ogni sua paura, di ogni sua rabbia repressa. Il vero scontro non fu con Zahhak, ma con se stesso.


Kian dovette affrontare la sua ombra. Il suo odio verso chi l’aveva escluso, il desiderio di vendetta, l’invidia per chi non aveva sofferto. Solo accettando quella parte di sé, solo abbracciando la propria ombra e perdonandola, l’amuleto si attivò. Una luce calda e viva esplose dal suo petto, travolgendo tutto.


Zahhak urlò. Ma non fu solo la luce a consumarlo: fu l’equilibrio. La magia di Shahmaran riportò l’ordine tra gli elementi, tra fuoco e acqua, tra mente e cuore. La fortezza crollò in un bagliore bianco, e al suo posto si formò un lago, limpido e silenzioso.


Il cielo si schiarì, e per la prima volta dopo secoli, l’alba arrivò senza paura. Kian, stremato, si inginocchiò. Il lamassu lo avvolse con le sue ali.


«Hai compreso. Il male non si distrugge con la spada, ma con la verità».


Il ritorno a casa: un nuovo inizio


La valle divenne un luogo di pace e prosperità, un faro di speranza in un mondo ancora avvolto dalle tenebre
La valle divenne un luogo di pace e prosperità, un faro di speranza in un mondo ancora avvolto dalle tenebre

Kian tornò al villaggio non come un eroe trionfante, ma come un uomo segnato dalla battaglia, trasformato nel profondo. I suoi occhi, un tempo pieni di ingenua speranza, ora riflettevano la saggezza acquisita attraverso il dolore e la lotta. Le cicatrici che portava non erano solo sul corpo, ma anche nell'anima, testimonianza del prezzo della vittoria.


Il villaggio lo accolse con un misto di sollievo e timore. Avevano sentito le storie delle sue imprese, della sua lotta contro Zahhak, del suo viaggio nell'oscurità. Ma ciò che vedevano era un uomo cambiato, un uomo che aveva visto l'abisso e ne era tornato con una consapevolezza che li metteva a disagio.


Kian non cercò di rassicurarli. Non parlò delle sue gesta, né chiese tributi. Iniziò semplicemente a lavorare, aiutando a ricostruire le case distrutte, a coltivare i campi bruciati, a prendersi cura dei feriti. Il suo esempio, silenzioso e tenace, iniziò a contagiare gli altri.


La valle rifiorì, non per magia, ma per la forza di volontà di una comunità che aveva ritrovato la speranza. Le risate dei bambini tornarono a riempire l'aria, il profumo del pane appena sfornato si diffuse tra le case, i canti dei contadini risuonarono nei campi. La vita, lentamente, riprese il suo corso.


Ma la valle non era più la stessa. L'ombra di Zahhak aveva lasciato un segno indelebile, una consapevolezza della fragilità della pace e della necessità di vigilare. Kian divenne una sorta di custode, un simbolo vivente della lotta contro l'oscurità.


E Shahmaran, da allora, vegliò su ogni sogno, pronta a ricordare che la vera vittoria non è mai priva di cicatrici. Appariva nei sogni dei giovani, sussurrando parole di saggezza e avvertimento. Mostrava loro le cicatrici di Kian, non per incutere timore, ma per insegnare loro il valore della resilienza e della consapevolezza.


La valle divenne un luogo di pace e prosperità, un faro di speranza in un mondo ancora avvolto dalle tenebre. Ma era una pace consapevole, una prosperità costruita sulla memoria del dolore e sulla consapevolezza della fragilità della vita. E Kian, l'uomo che aveva affrontato l'oscurità e ne era tornato, divenne il simbolo di questa nuova consapevolezza, un monito vivente contro il ritorno dell'ombra.


-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

SPECIALE LEGA ARABA

A cura di Roberto Roggero, Patrizia Boi

-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Commenti


bottom of page